ASIA/PAKISTAN - I gruppi per i diritti umani: “Il governo ha fallito nel proteggere le minoranze”

venerdì, 2 marzo 2012

Lahore (Agenzia Fides) – Giustizia per l’assassinio del ministro cattolico Shahbaz Bhatti; serio impegno del governo per tutelare le minoranze religiose nel paese: è quanto chiedono oggi, 2 marzo, organizzazioni che difendono i diritti umani, nel primo anniversario della morte del Ministro Bhatti, ucciso un anno fa a Islamabd da un commando di estremisti.
“Il governo del Pakistan non è riuscito a proteggere le minoranze religiose da campagne sistematiche di violenza e diffamazione”, nota Sam Zarifi, responsabile per l’Asia-Pacifico di Amnesty International, in un comunicato inviato all’Agenzia Fides. “I funzionari pakistani dovrebbero raccogliere l’eredità di Bhatti, sfidando la sistematica campagna di denigrazione e gli attacchi contro le minoranze” ha spiegato. Le minoranze religiose in Pakistan, afferma il testo, restano spesso vittime di accuse di blasfemia, ma le vittime sono in maggioranza musulmane: questo indica “il pericolo che questa legge pone a tutti i membri della società pakistana”. Amnesty ricorda che nel 2009 l'attuale governo si era impegnato a rivedere “le leggi dannose per l'armonia religiosa”, ma che poi è rimasto “inattivo e silente” in questo campo.
Alla richiesta di giustizia per Bhatti si associa l’Ong “Christian Solidarity Worldwide” (CWS), rimarcando che il caso finora è stato “oscurato dalla incoerenza e dalla speculazione”. CSW si unisce all’APMA (“All Pakistan Minorities Alliance”) nel chiedere una specifica Commissione d'inchiesta giudiziaria per il caso, notando a Fides: “E’ fondamentale che le indagini sull’omicidio Bhatti giungano a una conclusione soddisfacente, non solo per fare giustizia e per onorare la memoria di Shahbaz , ma anche per chiarire che lo stato di diritto significa ancora qualcosa in Pakistan”.
La Commissione USA sulla libertà religiosa internazionale (USCIRF), concorda sullo scarso impegno del governo, esortando “la comunità internazionale a fare pressioni sul Pakistan per la verità sul caso, in modo che ogni pakistano sappia che chi commette violenza sarà chiamato a risponderne”. Secondo la USCIRF, “le dichiarazioni di alcuni funzionari statali, che negano la responsabilità dei talebani pakistani, sono assurde. Il governo del Pakistan deve porre fine a questa farsa e ripudiare la cultura dell'impunità che affligge il paese”.
In una nota inviata a Fides, l’Ong “Human Rights First” ricorda che “come risultato dell’omicidio di Salman Taseer e di Shahbaz Bhatti, il dibattito sulla riforma della legge sulla blasfemia in Pakistan è deragliato. Le pressioni dei gruppi religiosi hanno avuto successo nel far ritirare il disegno di legge che rafforzava i requisiti legali per le prove e puniva quanti presentano false accuse di blasfemia. Senza queste modifiche, resta fin troppo facile abusare della legge”. L’Ong denuncia che “avvocati e giudici sono frequentemente sottoposti a intimidazioni e violenze e sono quindi riluttanti ad assumere casi di blasfemia”, mentre gli estremisti “sono pronti a farsi giustizia da soli se il giudice non emette un verdetto di colpevolezza”. (PA) (Agenzia Fides 2/3/2012)


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