Giacarta (Agenzia Fides) - La più grande novità delle elezioni presidenziali del 5 luglio è che, per la prima volta nella storia del paese, saranno a suffragio universale. Durante la dittatura (1966-1998), ma anche negli anni a seguire, il presidente era scelto dalla Camera Alta, un ramo del parlamento molto ridimensionato dalla nuova legge elettorale, che concede dunque alla democrazia indonesiana un ulteriore banco di prova dove i candidati alla presidenza saranno scelti direttamente dai 147 milioni di elettori.
Il primo dei cinque candidati in lizza è il gen. Wiranto, ex capo dell'esercito e ministro della Difesa, che un tribunale di Timor Est ha indiziato di crimini contro l'umanità all'epoca del referendum per la secessione nel '99,
Wiranto è leader del partito Golkar, l'organizzazione politica creata dall'ex dittatore Suharto, che conta sull'appoggio della lobby militare e della burocrazia civile. Questo partito, che alla fine dell'era Suharto era caduto in disgrazia, ha vinto le elezioni politiche di aprile, diventando il primo del nuovo parlamento indonesiano. Wiranto ne ha approfittato ed è stato nominato candidato presidente. Il generale si è presentato come “candidato forte”, adatto a governare la difficile fase che attraversa la fragile democrazia indonesiana, segnata dalle bombe che hanno costellato la cronaca degli ultimi sei anni, tra cui la strage di Bali con oltre 200 morti. Inoltre si è assicurato il completo appoggio del Partai Kebangkitan Bangsa (PKB), fondato dall’ex presidente Abdurrahman Wahid, noto come Gus Dur.
Wiranto dovrà battere la concorrenza della presidente uscente, Megawati Sukarnoputri (il suo partito è crollato alle recenti elezioni politiche), figlia del primo presidente indonesiano Sukarno. Megawati ha ottenuto il sostegno della potente organizzazione islamica Nadlatul Ulama, che conta oltre 40 milioni di seguaci, il cui leader Hasyim Muzadi, è il candidato vicepresidente per l’Indonesia Democratic Party Struggle (PDIP), in coppia con Megawati. La sua campagna elettorale è stata improntata sulle promesse di riforme economiche e culla creazione di 13 milioni di posti di lavoro, sulla riduzione della povertà, i miglioramento del settore dell’istruzione e della sanità, sulla lotta senza quartiere alla corruzione.
Vi è poi un altro ex generale che i sondaggi danno in ascesa: Susilo Bambang Yudoyono, già ministro per la sicurezza e leader di un neonato Partito democratico che ha ottenuto oltre il 7,5% alle parlamentari di aprile. A differenza di Wiranto, che ha basato la campagna elettorale su temi populisti e patriottici, Susilo Bambang non ha insistito sui temi dell’insicurezza e dello spettro della frantumazione del paese. Yudoyono invece ha puntato sui problemi reali più che sugli incubi e si è presentato col profilo dell'uomo di stato: ricorrenti i discorsi sulla lotta al terrorismo e al separatismo, sulla riforma della burocrazia e sull’eliminazione della corruzione, sulla crescita economica.
Gli osservatori danno meno chances ad altri due candidati: il primo è Amien Rais, ex capo del l’organizzazione islamica Muhammadiyah ed ex presidente del Parlamento indonesiano, che ha mirato a ingraziarsi il favore di piccoli commercianti ed artigiani, cercando l’appoggio delle classi medio-basse.
Concorre anche Hanzah Haz , scelto come vice presidente da Megawati nel 2001, che ha avuto il sostegno dei musulmani nelle aree rurali: ha promesso nuovi luoghi di culto islamici nelle scuole e un impulso all’istruzione e alla sanità.
(PA) (Agenzia Fides 3/7/2004 lines 45 words 450)