VATICANO - “Vi fu detto, ma io vi dico…” - un intervento del prof. Michele Loconsole: Gesù è ebreo e lo sarà per sempre

venerdì, 30 maggio 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Spesso, soprattutto nel passato, la comunità cristiana ha dimenticato di insegnare che Gesù era un palestinese di religione ebraica; pertanto un ebreo a tutti gli effetti. Ancora oggi, a più di quarant’anni dal Concilio Vaticano II, tale verità storica e antropologica è a volte disattesa o poco chiara a molti, soprattutto in Europa. Fatto che ha generato nel Cristianesimo - e che a tratti genera ancora - se non inimicizia o discriminazione, certamente indifferenza o peggio incapacità a comprendere pienamente lo stesso Mistero che soggiace al fecondo e atavico rapporto tra la plurimillenaria religione ebraica e quella che da essa proviene, come radice e fonte, la religione fondata da Cristo.
Gesù, quindi, era ebreo, e il suo insegnamento affonda nelle radici della Bibbia ebraica e nel giudaismo del suo tempo. Soltanto agli inizi del XX secolo alcuni studiosi ebrei riconobbero che l’ammaestramento di Gesù di Nazaret somigliava molto alla scuole giudaiche esistenti nella Palestina del I secolo. Nacquero così da questi originari studi le prime comparazioni tra i testi evangelici e gli scritti rabbinici, e soprattutto i commentari al Nuovo Testamento, al Talmud e ai Midrashìm.
Alla luce delle recenti scoperte archeologiche, poi, non sono pochi gli studi sull’ebraicità di Gesù, anzi, sull’ebraicità dello stesso Cristianesimo, che come è noto nasce e si sviluppa in seno al giudaismo, fenomeno che ha dato vita ad una altrettanto ignota esperienza nella primitiva comunità cristiana siro-palestinese a cui è stato dato il nome di giudeo-cristianesimo. Maria, Giuseppe, i Dodici, i discepoli e i seguaci di Cristo d’area siro-palestinese fino a tutto il IV secolo d.C. sono stati individuati dagli studiosi del Cristianesimo antico come guideo-cristiani, ossia ebrei che si erano convertiti a Lui, Signore e Salvatore del mondo, pertanto il Messia atteso nelle Scritture e Dio stesso incarnato nella persona di Gesù di Nazaret. Colui il quale, vero Dio e vero uomo, ha portato a compimento le antiche Scritture dei Padri e che ha rivelato l’identità e la natura di Dio come trinitaria.
È inoltre altrettanto vero che non possiamo comprendere la Bibbia se non conosciamo sia il contesto biblico sia il sitz im leben, ossia il luogo in cui si radica ogni testo. Infatti, anche da una lettura approssimativa dei Vangeli ricaviamo che Gesù visse da ebreo, osservò la legge israelitica, celebrò le feste giudaiche, frequentò il Tempio e la sinagoga. Nacque e morì da ebreo. Tuttavia, è bene sottolinearlo, egli agì anche autonomamente, quasi prendendo le distanze dall’ambiente che lo circondava, in un complesso e originale rapporto di continuità e discontinuità, di tradizione e novità, di radicalità e rinnovamento, di legge e grazia, di giustizia e misericordia e di comunità e individualità. In definitiva, ciò che Gesù aggiunge all’ebraismo, inaugurando così una nuova religione - il Cristianesimo - è la sua stessa persona, il Mistero che soggiace all’incarnazione di Dio fattosi uomo, affinché l’umanità avesse un modello non solo teologico, ma anche antropologico, visibile e concreto, per divenire essa stessa santa, divina. È ciò che gli ortodossi chiamano divinizzazione e i cattolici salvezza. Ma riguardo al tema della salvezza, in rapporto alle diverse alleanze che troviamo nell’Antico Testamento o all’Alleanza, ultima e definitiva, rivelata da Cristo all’uomo, sarà oggetto dei prossimi approfondimenti. Ciò che è sufficiente segnalare per il momento è che il Maestro Gesù di Nazaret ha preso a piene mani dal tesoro della cultura e della sapienza israelitica prima, e giudaica dopo, per comunicare al mondo la novità del suo messaggio.
A tal proposito, la Nostra Aetate - il documento conciliare sul rapporto tra il Cristianesimo e le altre religioni, in primis l’ebraismo - ha fatto suo l’insegnamento dell’Apostolo delle Genti, modello dell’ebreo divenuto poi cristiano, capace di portare il Verbo di Dio fino ai confini del mondo allora conosciuto, con la nota frase: la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo alla sua stirpe, “a cui appartengono l’adozione a figli, la gloria, l’alleanza, la legge, il culto, le promesse, i patriarchi, da cui è nato Cristo secondo la carne” (Rm 9,4-5), figlio di Maria Vergine.
In definitiva, per comprendere in pieno ciò che storicamente si è prodotto, bisogna ripartire dal fatto storico dell’ebraicità di Gesù. Che Gesù è ebreo, e lo è per sempre, e che il suo insegnamento affonda le radici nella Bibbia ebraica e nel giudaismo. Il Cristo della fede è Gesù di Nazaret, il cui Mistero dell’incarnazione ci conduce inevitabilmente nel profondo e insondabile disegno di Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe.
Alla storia dell’allontanamento progressivo e dell’intreccio involontario dovuto alla diaspora tra le due religioni dell’unica Rivelazione, che ha caratterizzato i maggiori avvenimenti degli ultimi due millenni, solo recentemente si sta assistendo al desiderio di dialogo e di confronto, necessario e urgente, per cominciare a tratteggiare nuovi percorsi, non senza purificazioni e conversioni vicendevoli, al fine di progettare un futuro diverso e carico di speranza non solo in seno alle due fedi abramitiche, ma soprattutto per testimoniare la mondo intero il vero volto di Dio, la cui responsabilità cade sì sul popolo eletto, ma anche sulla Chiesa voluta da Cristo, che da ebreo ha portato a compimento e a perfezionamento le antiche rivelazioni.
Dialogare, però, è bene sottolinearlo, significa riconoscere e mantenere ferma la differenza tra le due fedi. Quindi, operare un confronto serio e serrato, senza sincretismi o cedimenti; dicendosi vicendevolmente la verità, così come è stato intitolato il noto documento pubblicato il 10 settembre 2000 sul New York Times, a cura di 172 intellettuali e rabbini, Dabrù Emèt. Locuzione presa dal profeta Zaccaria che dice appunto “ditevi reciprocamente la verità” (8,16). È questo documento una vera e propria dichiarazione ebraica sui cristiani e sul cristianesimo, una tappa importante dei molti documenti ebrei come risposta soprattutto alla Nostra Aetate.
Partire, quindi, da Gesù maestro e rabbino ebreo, produce ad entrambe le fedi quella conoscenza che mette in luce sì le differenze, ma che crea nel contempo le condizioni per riconoscere i limiti o gli ostacoli che hanno generato soprattutto nel passato l’odio e l’inimicizia. Negatività da trasformare nell’approfondimento del Mistero di quel Dio uno e unico, padre di tutti, che ha bisogno di entrambe le fedi per essere illuminato da tutte le facce. (7 - continua) (Agenzia Fides 30/5/2008; parole 1.040)


Condividi: