VATICANO - All’udienza generale Benedetto XVI mette in luce l’attualità di Dionigi Areopagita, che “appare come un grande mediatore nel dialogo moderno tra il cristianesimo e le teologie mistiche dell'Asia” e lancia un appello per la Cina colpita dal terremoto

giovedì, 15 maggio 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Riprendendo il ciclo di catechesi sui Padri della Chiesa, durante l’udienza generale di mercoledì 14 maggio, il Santo Padre Benedetto XVI si è soffermato a descrivere “una figura assai misteriosa… un teologo del sesto secolo, il cui nome è sconosciuto, che ha scritto sotto lo pseudonimo di Dionigi Areopagita”. Scegliendo questo pseudonimo, il teologo volle riferirsi alla vicenda raccontata da San Luca nel XVII capitolo degli Atti degli Apostoli, “dove viene riferito che Paolo predicò in Atene sull'Areopago, per una élite del grande mondo intellettuale greco, ma alla fine la maggior parte degli ascoltatori si dimostrò disinteressata, e si allontanò deridendolo; tuttavia alcuni, pochi ci dice San Luca, si avvicinarono a Paolo aprendosi alla fede. L’evangelista ci dona due nomi: Dionigi, membro dell'Areopago, e una certa donna, Damaris. Se l'autore di questi libri ha scelto cinque secoli dopo lo pseudonimo di Dionigi Areopagita - ha spiegato il Santo Padre - vuol dire che sua intenzione era di mettere la saggezza greca al servizio del Vangelo, aiutare l'incontro tra la cultura e l'intelligenza greca e l'annuncio di Cristo; voleva fare quanto intendeva questo Dionigi, che cioè il pensiero greco si incontrasse con l'annuncio di San Paolo; essendo greco, farsi discepolo di San Paolo e così discepolo di Cristo.”
Tra le ipotesi formulate per spiegare i motivi dell’anonimato, il Papa ha sottolineato come più attendibile quella che lo considera un atto di umiltà: “Non dare gloria al proprio nome… ma realmente servire il Vangelo, creare una teologia ecclesiale, non individuale”. Nella sua Settima Epistola afferma di non voler fare polemiche ma parlare semplicemente della verità, cercare la verità. “E la luce della verità da se stessa fa cadere gli errori e fa splendere quanto è buono - ha sottolineato Benedetto XVI -. E con questo principio egli purificò il pensiero greco e lo mise in rapporto con il Vangelo. Questo principio, che egli afferma nella sua settima lettera, è anche espressione di un vero spirito di dialogo: cercare non le cose che separano, cercare la verità nella Verità stessa; essa poi riluce e fa cadere gli errori”.
Contrastando le correnti di pensiero del tardo platonismo, che avevano trasformato la filosofia di Platone in una sorta di religione, “il cui scopo alla fine era di creare una grande apologia del politeisimo greco e ritornare, dopo il successo del cristianesimo, all’antica religione greca”, Dionigi l’Areopagita si serve proprio di questo pensiero per mostrare la verità di Cristo, trasformando “l'immagine politeista in un elogio del Creatore e della sua creatura”. Nel suo pensiero quindi “tutta la creazione parla di Dio ed è un elogio di Dio. Essendo la creatura una lode di Dio, la teologia dello Pseudo-Dionigi diventa una teologia liturgica: Dio si trova soprattutto lodandolo, non solo riflettendo; e la liturgia, non è qualcosa di costruito da noi, qualcosa di inventato per fare un'esperienza religiosa durante un certo periodo di tempo; essa è il cantare con il coro delle creature e l'entrare nella realtà cosmica stessa”.
Egli creò la prima grande teologia mistica, ha proseguito il Papa. “Con lui la parola ‘mistica’ diventa più personale, più intima: esprime il cammino dell'anima verso Dio…. Possiamo più facilmente dire che cosa Dio non è, che non esprimere che cosa Egli è veramente. Solo tramite queste immagini possiamo indovinare il suo vero volto, e dall'altra parte questo volto di Dio è molto concreto: è Gesù Cristo”. Dionigi Areopagita influenzò la teologia medievale e la teologia mistica dell'Oriente e dell'Occidente, fu quasi riscoperto nel tredicesimo secolo soprattutto da San Bonaventura, “che in questa teologia mistica trovò lo strumento concettuale per interpretare l'eredità così semplice e così profonda di San Francesco”.
Benedetto XVI ha poi evidenziato la “nuova attualità” di Dionigi Areopagita: “egli appare come un grande mediatore nel dialogo moderno tra il cristianesimo e le teologie mistiche dell'Asia, la cui nota caratteristica sta nella convinzione che non si può dire chi sia Dio; di Lui si può parlare solo in forme negative; di Dio si può parlare solo col ‘non’, e solo entrando in questa esperienza del ‘non’ Lo si raggiunge… Proprio quando uno entra nella profondità dell'incontro con Cristo si apre anche lo spazio vasto per il dialogo. Quando uno incontra la luce della verità, si accorge che è una luce per tutti; scompaiono le polemiche e diventa possibile capirsi l'un l'altro o almeno parlare l'uno con l'altro, avvicinarsi”.
Al termine dell’udienza il Papa ha lanciato questo appello per la Cina: “Il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni del Sichuan e delle Province limitrofe in Cina, duramente colpite dal terremoto, che ha causato gravi perdite in vite umane, numerosissimi dispersi e danni incalcolabili. Vi invito ad unirvi a me nella fervida preghiera per tutti coloro che hanno perso la vita. Sono spiritualmente vicino alle persone provate da così devastante calamità: per esse imploriamo da Dio sollievo nella sofferenza. Voglia il Signore concedere sostegno a tutti coloro che sono impegnati nel far fronte alle esigenze immediate del soccorso.” (S.L.) (Agenzia Fides 15/5/2008; righe 56, parole 829)


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