Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Gli orientali ortodossi e cattolici celebrano la Pasqua domenica prossima, 27 aprile. Come mai a un mese di distanza? Il Concilio di Nicea del 325 aveva affrontato e risolto la “questione pasquale”, tra coloro che volevano celebrare la festa seguendo il Vangelo di Giovanni, che pone la morte di Cristo nel pomeriggio del 14 del mese ebraico di Nisan - donde i sostenitori erano detti quartodecimani - e quella degli altri tre Evangelisti, che la collocano al 15 cioè in coincidenza con la festa ebraica di Pessach.
Pur fra notevoli difficoltà la Chiesa celebrò, “ad una sola voce”, la Pasqua a partire dal 387 fino al 1582, quando il patriarca di Costantinopoli Geremia II rifiutò il calendario riformato di Papa Gregorio XIII. Se da allora la Pasqua non è stata più celebrata in unità, ad eccezione degli anni in cui i calendari coincidono, tuttavia nelle due celebrazioni distinte si possono cogliere gli aspetti salienti comuni e quelli peculiari.
La liturgia orientale sottolinea il digiuno del Grande Sabato e la Veglia in cui si dà importanza alla luce e alle letture bibliche; i riti dell’iniziazione cristiana con la benedizione dell’acqua e il battesimo non sono più in uso, si fanno invece in gennaio, nel giorno della teofania o Battesimo del Signore, la nostra Epifania. Un rito suggestivo, leit motiv della Pasqua bizantina, avviene il Sabato santo alla porta della chiesa, dove il celebrante canta: “Cristo è risorto dai morti; con la sua morte Egli ha vinto la morte e a quelli che erano nella tomba ha ridonato la vita”. Mentre con la croce tocca le porte che si spalancano. Tutte le campane suonano, i lumi brillano nelle mani di tutti, mentre si canta il canone pasquale di san Giovanni Damasceno, corrispondente all’Exsultet latino attribuito a sant’Ambrogio.
Una curiosità: il rito dell’apertura delle porte al battito della croce astile - segno di Cristo che apre le porte degli inferi - era presente a questo punto nel rito antico prima della riforma della Settimana santa di Pio XII. Ecumenismo ante litteram, ma potrebbe essere ripreso nel rito latino prima di entrare in chiesa col cero pasquale. Sarebbe un segnale in linea con la particolare attenzione di Benedetto XVI al ripristino della tradizione liturgica, apprezzato anche dagli ortodossi come segno concreto di avvicinamento tra i cristiani; ciò potrebbe anche facilitare l’attuazione dell’auspicio del Concilio Vaticano II a cercare una data comune per la celebrazione della Pasqua “con i fratelli separati dalla comunione con la Sede Apostolica” (cfr Appendice alla Costituzione liturgica, n 1). (Agenzia Fides 25/4/2008; righe 29, parole 427)