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di Antonella Prenna
Bamako (Agenzia Fides) - “La Germania è in guerra contro di noi, ha soldati a Gao, Mali, e sta addestrando l'esercito maliano con l'Unione Europea a Kulikoro, sulle sponde del fiume Niger. La presa di ostaggi è la nostra vendetta contro il tuo Paese”. Questa è la risposta che padre Hans Joachim Lohre, dei Missionari d’Africa (noti come "Padri Bianchi") ha ricevuto dal leader del gruppo JNIM, legato ad al-Qaeda, che lo aveva rapito in Mali domenica 20 novembre 2022.
Padre Joachim, conosciuto da tutti come "padre Ha-Jo", ha ritrovato la libertà poco più di un anno dopo, il 26 novembre 2023. Il missionario tedesco, che era giunto in Mali nel 1981, ripercorre con l’Agenzia Fides alcuni tratti salienti di quello che lui stesso ha definito il suo “anno sabbatico”: i dodici mesi trascorsi nelle mani dei rapitori.
“Quando sono stato preso in ostaggio", ricorda padre Joachim "ho avuto la grazia di rimanere completamente calmo e non ho provato alcuna paura. Sapevo che gli ostaggi del JNIM sono generalmente trattati bene e ho vissuto questo periodo con fede e in preghiera. Il primo spostamento è durato 4 giorni, poi altre 5 settimane nella boscaglia del Sahel, fino a quando, dopo 2 settimane, è arrivato un nuovo gruppo di guardie. Sono rimasto nel deserto sabbioso per 4 mesi, con un avvicendamento mensile delle guardie che ci tenevano in custodia. Poi 6 mesi in una zona desertica tra rocce e colline. Negli ultimi mesi prima di essere liberato ero con altri ostaggi. Ci riunivamo sempre per un'ora durante i pasti cucinati da un ostaggio che era con noi, e potevamo parlare di tutto.”
“Sono stati mesi intensi", racconta il missionario."Inizialmente ho trascorso molto tempo con le giovani guardie parlando della fede musulmana e di quella cristiana. Nei successivi quattro mesi ho potuto pregare. Mi alzavo la mattina e andavo a dormire insieme al sole. Passeggiavo per 30 minuti ogni giorno, avevo due ore a disposizione per la celebrazione eucaristica, che celebravo secondo le intenzioni del mondo, della Chiesa, della mia famiglia e dei miei amici, dei miei confratelli, del popolo del Mali, del dialogo interreligioso. Celebravo messa quotidianamente spezzando il pane, e immaginando di avere anche il vino. Dopo il pranzo pregavo il rosario per un’ora e nel pomeriggio mi dedicavo alla meditazione di un passo del Vangelo. Durante il Ramadan, il mese di digiuno per i musulmani, ho 'predicato a me stesso' un ritiro ignaziano di 30 giorni. Negli ultimi mesi avevo una radio e potevo ascoltare le notizie al mattino e all'ora di pranzo, e la sera Radio Vaticana, le notizie della Chiesa universale. Nei fine settimana potevo seguire anche gli eventi calcistici in Germania, Inghilterra, Italia, Spagna e Francia.”
Dalla conversazione con padre Ha-Jo emerge un rapporto sereno con chi lo ha tenuto in ostaggi. Il missionario ripete di non aver mai subito maltrattamenti: “Abbiamo avuto rapporti sempre civili, educati, rispettosi e alcuni anche amichevoli. Loro stavano semplicemente facendo il loro ‘lavoro’: sorvegliarmi. Il capo dei rapitori mi ha chiesto di perdonarli ‘un giorno’, cosa che avevo già fatto, come pure i giovani che mi hanno tenuto nella boscaglia preoccupati se avessero fatto qualcosa che avrebbe potuto nuocermi. Anche l'autista della macchina che mi ha portato in libertà ha chiesto il mio perdono per qualsiasi problema avessi avuto.”
Prosegue padre Ha-Jo: “Hanno fatto di tutto per non farmi mancare nulla. I miei rapitori del JINM/AQMI non erano banditi malvagi, hanno agito per motivi religiosi. Loro reclamano un ordine sociale basato sui comandamenti di Dio nel Corano. Anch'io sono religioso e per questo ci siamo rispettati a vicenda.”
Nel momento della liberazione, uno dei capi ha voluto spiegare al sacerdote i motivi per i quali loro prendono in ostaggio le persone. “Sono 3" ha detto "i motivi per i quali prendiamo le persone in ostaggio: il primo perché l'Occidente, l'Europa e l'America sono in guerra con i musulmani; il secondo per estorcere denaro o riscattare prigionieri; e il terzo perché non arrivino più europei in Mali, a soggiogare i musulmani con qualche loro comportamento che non corrisponde con la nostra cultura”.
“In Mali" conclude padre Joachim" tutti mi aspettano: musulmani e cristiani, l'Istituto per l'educazione cristiano-islamica (IFIC) e il Centro per la fede e l'incontro (CFR), la parrocchia di Santa Monika. Prego per loro ogni giorno”.
Il Mali è stato coinvolto in due colpi di Stato nel mese di agosto 2020 e maggio 2021 (vedi Agenzia Fides 26/5/2021), che si aggiungono ad una crisi di sicurezza dettata dalle rivolte jihadiste nella zona settentrionale del Paese. (Agenzia Fides 8/2/2024)