Roma (Agenzia Fides) – Mons. Andrew Nkea Fuanya Arcivescovo di Bamenda e Presidente della Conferenza Episcopale del Camerun, ha concesso un’intervista all’Agenzia Fides.
Come vive la Chiesa in Camerun la sinodalità?
Sono contento di rispondere a questa domanda perché sono membro del Consiglio per il Sinodo e abbiamo lavorato su questo tema per tre anni. La sinodalità ha “preso fuoco” in Camerun perché fin da subito abbiamo spiegato ai nostri fedeli che ogni diocesi deve rispondere alla richiesta del Santo Padre di ascoltarci gli uni con gli altri, di camminare insieme e di condividere insieme le nostre idee, ricordandoci che come cristiani non dobbiamo dimenticare nessuno indietro.
Vorrei sottolineare che in Camerun abbiamo una situazione strutturale in base alla quale si parte dalle decisioni prese a livello di comunità di base. Quindi noi partiamo sempre dalla popolazione, dalla comunità per poi salire alle missioni, alle parrocchie e alla diocesi. Perciò quando un Vescovo vuole prendere una decisione su una certa questione si comincia la consultazione coinvolgendo i fedeli a partire dalle famiglie via via fino al Vescovo che prende la decisione finale insieme ai suoi consultori sulla base di quanto ascoltato.
Possiamo dunque dire che la sinodalità esiste già nella nostra cultura. Ho condiviso l’esperienza camerunese con gli altri membri del Consiglio per il Sinodo ed anche con il Santo Padre.
Qual è il ruolo della missione nella Chiesa in Camerun?
Le faccio l’esempio della mia arcidiocesi, Bamenda. Abbiamo avviato una cooperazione sud-sud con l’Arcidiocesi di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove abbiamo inviato dei missionari. Ma non tralasciamo il nord del mondo: abbiamo inviato dei Fidei Donum in diocesi europee e degli Stati Uniti. Avendo numerose vocazioni, attualmente abbiamo 150 seminaristi maggiori, alcuni amici Vescovi in altre parti del mondo mi hanno chiesto di inviare sacerdoti dalla mia Arcidiocesi. La Chiesa cattolica è universale quindi non posso pensare solamente a Bamenda ma anche alle altre diocesi dove mancano i preti. Collaboriamo pure alla formazione dei sacerdoti delle diocesi che ce lo chiedono. Attualmente nel nostro seminario abbiamo due seminaristi provenienti da Bangui.
Formare più di 150 seminaristi non deve essere facile…
Non è facile perché i costi sono alti (almeno un migliaia di euro per mandare un seminarista a studiare nel seminario maggiore). Grazie a Dio Propaganda Fide (il Dicastero per l’Evangelizzazione) ci aiuta ma anche la nostra popolazione fa la sua parte. I fedeli sentono come un dovere contribuire economicamente alla formazione dei futuri sacerdoti.
Qual è lo stato del dialogo ecumenico e interreligioso in Camerun?
C’è una buona collaborazione tra di noi. Ad esempio la settimana scorsa abbiamo avuto un incontro con gli altri capi religiosi sia delle altre confessioni cristiane sia dei musulmani, per valutare insieme la situazione sociopolitica del Camerun.
Mi sento spesso con il Moderatore della Chiesa protestante e pure con l’Imam di Bamenda. Con quest’ultimo quando facciamo incontri come quello della scorsa settimana viaggiamo insieme sulla stessa automobile. Non abbiamo nessun problema tra di noi. Ci sono cinque musulmani che lavorano nella Caritas diocesana e abbiamo un rapporto fraterno con tutti.
Bamenda fa parte della cosiddetta regione anglofona dove è in atto un conflitto separatista…
Il conflitto che dura da sette anni non riguarda tanto la lingua (una minoranza anglofone contro una maggioranza francofona) ma è un conflitto della cultura. Come Vescovi ribadiamo da sempre che dobbiamo mantenere e rispettare la cultura di ciascuno. La domanda è partita da avvocati e insegnanti, ed era condivisa dalla popolazione in generale, ma i politici se ne sono impossessati scatenando il conflitto. La popolazione non fa la guerra. Ci sono i gruppi separatisti che hanno deciso di farla ma la popolazione è contraria perché sta soffrendo molto per le violenze commesse anche dai separatisti.
Negli ultimi anni comunque la situazione è migliorata. I bambini che prima non potevano frequentare la scuola ora lo possono fare. Diversi sfollati interni sono tornati alle loro case e villaggi. Ma il problema rimane. Noi chiediamo a tutte le parti di fare cessare la voce delle armi e di avviare un dialogo senza preconcetti, con cuore aperto, per risolvere il problema. Certamente dobbiamo continuare a pregare per la pace. Ringraziamo il Santo Padre che periodicamente durante l’Angelus chiede di pregare per il Camerun.
La Chiesa non ha preso posizione né con i separatisti né con il governo proprio per avere la possibilità di offrire i propri servizi di mediazione. Nonostante le violenze nell’Arcidiocesi di Bamenda non ho chiuso nessuna parrocchia né sono scappato. Dialogo con il governo e con i separatisi alla costante ricerca della via per la pace. (L.M.) (Agenzia Fides 15/9/2023)
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