Karaganda (Fides) – “Sono contento che i miei parrocchiani abbiano potuto vedere Papa Francesco e, assieme a lui, i cattolici di diverse Chiese locali: uzbeki, russi e altri ancora. Dopo quello che abbiamo visto a Nur-Sultan torniamo nelle nostre case e nella nostra parrocchia con nel cuore l’immagine viva della Chiesa cattolica, ovvero universale. La visita del Papa ci ha donato uno sguardo più ampio sulle nostre vite di cattolici della piccola Chiesa kazaka“. Così don Valery Ermish, parroco della parrocchia cattolica della Natività della Beata Vergine Maria a Šachtinsk, nel territorio diocesano di Karaganda, commenta con l’Agenzia Fides la visita del Papa in Kazakhstan. La parrocchia, situata nell’area in cui un tempo sorgeva il sistema di campi di concentramento di Karaganda, fu istituita all‘inizio per la cura pastorale di deportati tedeschi e polacchi, molti dei quali sono tornati nelle loro terre d’origine dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica.
Don Valery ha accompagnato il gruppo di pellegrini cattolici che dalla Russia ha raggiunto il Kazakhstan, in occasione del viaggio apostolico del Papa, e che ieri ha fatto ritorno nella Federazione russa. Tra loro c’era anche il fratello verbita Artem Tret’jakov SVD, della città di Angarsk (Siberia sudorientale), che ha riferito a Fides del suo incontro con Papa Francesco: “Non ero dell’idea di partecipare a questo pellegrinaggio, ero molto impegnato con l’inizio del nuovo anno di studio, ma i miei confratelli mi hanno convinto. Allora ho portato con me in regalo per il Papa un libro di preghiere con le firme dei verbiti della nostra regione. Avrei dovuto farglielo arrivare attraverso un vescovo o un cardinale lì presente, invece, la folla mi ha inaspettatamente portato davanti a lui. Gli ho baciato le mani e ho iniziato a parlargli in russo, ma lui non capiva e, quando gli ho detto da dove venivo, lui ha sentito la parola ‘Rossija‘ (‘Russia’) e si è subito girato di nuovo verso di me e mi ha abbracciato. Per me è stato un grande dono vedere che il Papa ci vuole bene“.
Anche Ol’ga Dubjagina, cattolica moscovita, professoressa di diritto, ha voluto raccontare a Fides ciò che di più importante ha sperimentato durante il viaggio: “Porto con me una nuova comprensione dell’unità e della pace. Siamo partiti in un contesto di grande difficoltà che si riflette anche nelle nostre vite, ma la preghiera ci ha uniti: ho visto unità tra noi del gruppo e unità con tutti i pellegrini giunti da diversi Paesi per incontrare il Papa. Ci hanno accolti con grande generosità, anche quando la prima notte di viaggio ci siamo presentati a notte fonda da una comunità kazaka che non ci aspettava, perchè avevamo avuto dei problemi logisitci. E a Nur-Sultan, mentre attendevamo il Papa tra la folla della piazza, suore, sacerdoti e laici mai visti prima ci hanno rivolto la parola per presentarci loro amici lì presenti, raccontandoci la loro storia. E‘ gente che molto probabilmente nella mia vita non rivedrò più, ma so che siamo parte della Chiesa e Gesù ci unisce come in una grande famiglia: porto con me a Mosca quella piazza gremita di cattolici di diversi Paesi, sapendo che io appartengo a quella realtà, capace di portare pace in ogni parte del mondo”.
(CD) (Agenzia Fides 17/9/2022)