La donna conta veramente nella società africana?
Questa domanda non ha cessato, da molti decenni, di alimentare le discussioni e di dare luogo a prese di posizione molto nette, in seno alla società senegalese, ma anche - e soprattutto - al suo esterno.
Considerata per lungo tempo in alcune tradizioni africane, non escluse quelle del Senegal, inferiore all’uomo e con il dovere di sottomettersi a lui, o almeno come una persona che deve occuparsi soltanto della propria casa e della propria famiglia, la donna africana ha finito per autoemarginarsi da tutti i processi decisionali, anche nella società moderna. Doveva obbedire ai suoi genitori e al marito; il suo parere non era quasi mai tenuto in conto. Non veniva consultata prima che venissero prese delle decisioni, anche su cose che la riguardavano direttamente. Il suo ruolo principale era non soltanto di occuparsi della famiglia ma anche di assicurarne la perpetuazione; per questo motivo la donna senza figli godeva di scarsa considerazione.
Benché ancora influenzata dal peso della tradizione, la donna senegalese sembra che oggi si stia progressivamente liberando da questo stereotipo che si è portata dietro per tanto tempo.
Il Senegal è uno di quei Paesi africani in cui le donne, con il passare degli anni, hanno conquistato posizioni di primo piano nella vita sociale, politica, economica. Le associazioni femminili sono fiorenti, il che ha portato, a livello statale, alla creazione del Fondo Nazionale per la Promozione dell’Imprenditorialità Femminile (FNPEF).
I principali elementi che riducono al minimo la partecipazione delle donne alla vita politica in questo mondo moderno sono: l’alto tasso di analfabetismo, la scarsa partecipazione/integrazione nelle attività socio-economiche e il peso dei costumi e delle tradizioni.
Le donne erano totalmente assenti dalle attività generatrici di reddito. Oggigiorno, la china conosce una vera risalita, e non è raro vedere, in alcune case, donne che ricoprono il ruolo tradizionalmente assegnato all’uomo, vale a dire provvedere ai bisogni della famiglia e anche, talvolta, prendersi carico economicamente del marito.
La donna senegalese, che si sia d’accordo o meno, gode di un’indipendenza e di un’autonomia più o meno consistente, secondo le regioni e la religione d’appartenenza. Ella è oggi presente in tutte le aree economiche (finanziaria, agricola, commerciale, ecc.). Molte di loro sono arrivate ai più alti posti amministrativi o ruoli sociali del Paese (deputate, ministre, capi di partiti politici, direttori generali, ecc.).
Come avviene in molti Paesi in via di sviluppo, la mancanza d’istruzione e l’analfabetismo sono importanti in Senegal e costituiscono un freno alla crescita. Di fatto, nella nostra società moderna, questi elementi rappresentano il fattore principale che relega la donna in seconda linea. Nel mondo rurale, e in misura minore anche nel mondo urbano, i genitori investono più facilmente nella scolarizzazione dei figli maschi che in quella delle ragazze. Secondo alcune statistiche, infatti, in Senegal soltanto il 20% delle donne sono alfabetizzate (una su cinque) contro il 45% degli uomini (quasi uno su due). Ormai da diversi anni il Governo senegalese ha istituito un programma di lotta contro l’analfabetismo e la mancanza d’istruzione. L’enfasi è posta sull’accesso delle ragazze alla scuola allo stesso titolo dei loro compagni maschi.
Per molto tempo, in numerose tradizioni africane, si è pensato che la scolarizzazione delle ragazze non fosse necessaria, dal momento che queste ultime sono destinate, attraverso il vincolo matrimoniale, a lasciare la propria famiglia d’origine. Occorre tuttavia riconoscere che l’innalzamento del livello d’istruzione delle ragazze esercita un impatto positivo sulla crescita economica.
Un’istruzione che superi i dieci anni di scolarizzazione conduce, secondo alcuni studi, a un maggiore potere economico, a un ridotto tasso di fertilità, a un miglioramento della sopravvivenza infantile, a un abbassamento della mortalità legata alla maternità. Secondo Mark Blackden, il maggiore specialista della Banca Mondiale nelle questioni connesse con l’ineguaglianza tra i sessi in Africa, «Nell’Africa sub-sahariana, l’impegno della lotta contro la povertà è stato ostacolato dalla discriminazione di cui sono vittime le donne».
In alcune città senegalesi, e in particolare nella capitale, Dakar, la situazione si sta gradualmente invertendo, e alcuni esperti pensano che, entro i prossimi cinque anni, nel nuovo liceo della regione la popolazione femminile supererà quella maschile.
In Senegal, le donne detengono quasi il monopolio del piccolo commercio e della coltivazione di frutta e verdura. In forma associativa o a livello individuale, le donne sono presenti in tutti i mercati del Paese. Anche la microimpresa costituisce uno spazio in cui la presenza femminile è molto consistente. «Appare chiaro che la difficoltà d’accesso delle donne alle risorse economiche, alla proprietà e ai titoli fondiari contribuisce a neutralizzare gli sforzi della lotta contro la povertà in Africa. (…) Le donne africane sono agricoltori ed eseguono non meno del 70% delle mansioni agricole. L’agricoltura rappresenta di gran lunga la principale fonte d’occupazione e di reddito nei Paesi sub-sahariani. Paradossalmente, una gran parte dei redditi delle attività economiche va a finire nelle tasche degli uomini, dal momento che le donne non hanno voce in capitolo», spiega Blakden della Banca Mondiale.
Oggigiorno, le donne africane sono sempre più attive nel campo della microfinanza. Da alcuni anni, infatti, ha preso piede in Senegal un fenomeno piuttosto particolare che sta guadagnando spazi sempre maggiori, anche nelle aree rurali. Si tratta del fenomeno delle cosiddette «tontine». La parola deriva dal nome di un banchiere italiano del XVII secolo, Lorenzo Tonti, la cui invenzione costituisce il primissimo tentativo di utilizzazione delle leggi della probabilità per produrre reddito.
Questo sistema di risparmio sembra essersi diffuso nell’insieme del continente, ed è quasi esclusivamente praticato dalle donne. La tontina è prima di tutto un sistema di ripartizione delle risorse a livello locale, e raramente va al di là del piccolo gruppo di amici del quartiere o del villaggio. Il principio della tontina praticato in Senegal è semplice: ogni settimana la madre di famiglia dona una somma fissa (di solito compresa tra 500 e 1.000 franchi senegalesi) e, mensilmente, ad una o più famiglie, a turno e per rotazione, di solito in presenza di tutto il gruppo, viene assegnata una somma importante. Questa somma, assegnata come anticipo, permetterà alla famiglia che si trova nel bisogno di avere a disposizione una somma importante prima che arrivi il suo turno successivo.
Se questo sistema ha conosciuto e conosce ancora un periodo di fortuna, è certamente a causa della fiducia reciproca che regna tra le donne che compongono il gruppo, che di solito si conoscono tutte; ma anche a causa della loro solidarietà, con la possibilità che il gruppo intervenga direttamente, in casi particolari, nella situazione di quella famiglia che si trova in reale difficoltà. Occorre anche precisare che, con la «Tontina», la persona non rimborsa l’importo assegnato, ma dovrà semplicemente liberarsi della sua quota ogni settimana. Per molti africani questo meccanismo rende questo sistema più accettabile delle banche tradizionali: infatti, nella maggior parte delle nostre culture, e in particolare in quelle del Senegal, la gente è più portata a scambiare o barattare anziché a contrarre debiti. Senza dimenticare che, nel caso dei prestiti, le banche ricorrono a vie legali in caso di mancato rimborso e vi portano via tutto quello che dovete loro.
Uno dei tanti problemi che incontrano le donne in Senegal, e in molti altri paesi africani, è quello della poligamia, che è rifiutata in massa dalle donne, che optano sempre di più per la monogamia, anche se, in certe religioni, tanto in quelle tradizionali che nella religione islamica, l’uomo ha diritto ad avere più spose. Quelle che si oppongono sono soprattutto quelle che hanno un’istruzione o che vivono in città. Ma occorre riconoscere che non è sempre così, perché non è raro incontrare un’intellettuale che è seconda moglie, oppure, in una zona rurale, una donna con poca o nessuna istruzione che rifiuta un uomo perché già sposato. La pressione da parte della famiglia d’origine e della società rimane forte, e il matrimonio forzato o combinato esiste ancora. Per combattere gli abusi, le donne hanno creato delle associazioni, spesso però poco conosciute.
La cultura intesa come stile di vita di un qualunque popolo con le sue esperienze affonda sempre le radici in un passato più o meno lontano che lo caratterizza. La cultura non è statica, è chiamata a evolversi, a perfezionarsi con il tempo e con le nuove esperienze fatte da quella società. Il contatto con una cultura straniera è sempre stato, in maniera spesso incosciente, un momento di scambio, o meglio, di reciproca imitazione e integrazione di certi valori dell’altro che sono assenti o almeno poco sviluppati nella propria cultura.
L’incontro con la cultura europea, in questo senso, ha permesso alla società africana di prendere coscienza, su alcuni punti, del ruolo complessivamente secondario che occupa la donna. Questa situazione non sembra generale, in quanto ci sono delle società africane in cui la donna non ha nulla da invidiare alla sua consorella europea, considerata la più emancipata. Possiamo citare, per il Senegal, l’esempio della Regina Aline Sitoe, che ha guidato la resistenza nel regno Diola Kassa, nel sud del Paese, contro i coloni europei.
Se è vero che la donna africana, in particolare la donna senegalese, sta ancora cercando di ritagliarsi uno spazio confortevole nella società nella sfera dell’uguaglianza uomo-donna, resta vero che, attualmente, si sente spesso sempre più autonoma e libera nella sua vita quotidiana e sente di poter esercitare, come gli uomini, un’attività generatrice di reddito che sia adatta alle sue capacità.
Ciò che sembra mancare maggiormente alla donna senegalese è quell’autonomia finanziaria che la porti a non dipendere totalmente dall’uomo; ma anche l’uguaglianza di opportunità rispetto all’istruzione. La volontà politica di cambiare questa situazione, che costituisce un freno alla crescita anche in questo Paese, potrà creare, forse anche nell’imminente, una nuova forza tanto sul piano economico che su quello sociale: la forza femminile, che in Africa si presenta sempre di più come un percorso obbligatorio per uno sviluppo durevole e globale.
(Il Dossier è stato curato da Jacques Aimé Sagna - Agenzia Fides 4/8/2005)