ASIA/GIAPPONE - La Chiesa in Giappone: una storia di missione e testimonianza

martedì, 13 maggio 2008

Tokyo (Agenzia Fides) - In Giappone la Chiesa ha superato da poco il milione di fedeli su una popolazione di 128 milioni di abitanti. La storia di questa comunità cattolica ha origine con i viaggi dei primi missionari europei del XVI-XVII secolo. I gesuiti Francesco Saverio e Alessandro Valignano avevano considerato con entusiasmo la possibilità di una Chiesa autoctona in Giappone. I due missionari ammiravano la cultura di un paese florido con una forte identità nazionale e reputavano gli abitanti in grado di accedere al sacerdozio e di sviluppare una propria via per l'evangelizzazione. Favorendo la nascita di un clero giapponese il Valignano intendeva inoltre compensare gli enormi sforzi sostenuti dai missionari gesuiti, spesso vittime di naufragi e comunque in numero insufficiente per proseguire una missione in tutto il paese, che all'epoca contava già 150 mila cristiani.
Nel 1594 egli scriveva al Cardinale Bellarmino a proposito dei seminari cinesi e giapponesi: “Senza di essi, queste missioni non potranno né governarsi né progredire”. Questo spiega anche le sue posizioni a favore dell'ordinazione di Vescovi locali e di un clero secolare inserito nelle parrocchie. Quello dei Vescovi sarebbe stato il coronamento della sua strategia di inculturazione e di edificazione di una Chiesa locale. Tuttavia il progetto incontrò numerose difficoltà e lo stesso Valignano - che era a capo delle missioni in estremo Oriente - preferì curare soprattutto la formazione dei nuovi sacerdoti, proponendo infine alla Curia Romana che il Vescovo fosse semplicemente un Vescovo titolare del Giappone, mandato nel paese come un missionario e residente in una missione dei Gesuiti.
Questi suggerimenti verranno ripresi quarant'anni dopo, verso la metà del Seicento, dalla Congregazione di Propaganda Fide, che darà vita ai Vicariati apostolici del Giappone. Fino ad allora Roma aveva nominato per questo paese un Vescovo nella persona di Andrea Oviedo, anziano patriarca di Etiopia. Successivamente si erano avvicendati vari Pastori, tra cui i Vescovi di Macao - la cui giurisdizione comprendeva anche il Giappone - e altri residenti direttamente sul territorio, prima ad Oita e poi, dal 1598, a Nagasaki. Ma la Chiesa stentava a crescere, per via dei pochi seminaristi, delle difficoltà economiche e soprattutto a causa delle persecuzioni degli shogun Tokugawa, che avevano instaurato un potere assoluto dopo l'anarchia feudale. I cristiani sono stati oggetto di una persecuzione brutale, durata 250 anni, senza più sacerdoti né gerarchia, separati dal resto della cattolicità fino al 1865.
In quell'anno avvenne un episodio significativo. Nel paese erano entrati alcuni sacerdoti in qualità di cappellani delle delegazioni diplomatiche straniere. Uno di questi, il prete francese Bernard Petitjean, una sera incontrò un gruppo di donne giapponesi che lo interrogarono sul suo celibato, sulla devozione a Maria e sull'obbedienza al Papa. Dopo essersi accertate che si trattava di un vero sacerdote cattolico, costoro gli rivelarono di essere cristiane. Vennero così scoperti i “Kirishitan”, i cristiani “segreti” che avevano silenziosamente tramandato la loro fede lungo nove generazioni, senza più contatti con l'esterno. Per sfuggire alle persecuzioni i “Kirishitan” si riunivano in preghiera solo di notte e usavano la statua buddista di Kannon (misericordia) per rappresentare la Madonna.
La città di Nagasaki - dove si concentrava il maggior numero di “Kirishitan” - fu un terreno fertile per le vocazioni sacerdotali e per la comunità giapponese iniziò una stagione di rinascita, incentivata dalla proclamazione della libertà religiosa (1889) e interrotta solo dallo scoppio della II Guerra Mondiale, che distrusse i tre quarti degli edifici cattolici. Lo stesso olocausto nucleare di Nagasaki causò certamente la morte di più della metà dei cristiani giapponesi, che in tutto erano circa 100 mila. Ma il cammino della Chiesa è continuato e i cattolici, grazie soprattutto al Concilio Vaticano II, hanno sviluppato in maniera estesa il tema dell'inculturazione con un fecondo dialogo nel campo dell'arte, della letteratura e della musica. Oggi il milione di cattolici - la metà dei quali immigrati - è una comunità piccola (0,4% della popolazione) ma incredibilmente vitale e con una non comune vocazione per l'attività missionaria: si contano infatti 360 sacerdoti Fidei Donum oltre a numerosi religiosi e laici attivi in questo campo. (A.M.) (Agenzia Fides 13/5/2008; righe 49, parole 672)


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