AFRICA/KENYA - Il Kenya in bilico: la strada della pace è aperta ma sono ancora mobilitati i gruppi paramilitari

venerdì, 22 febbraio 2008

Nairobi (Agenzia Fides)- “Sono speranzoso ma anche un po’ scettico” dice all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale da Nairobi, capitale del Kenya, dove, il 21 febbraio, il governo ha dato il consenso in linea di principio alla creazione del posto di Primo Ministro, un incarico che dovrebbe essere assegnato all’opposizione.
“La via per creare il posto di Primo Ministro dovrebbe passare per la legislatura esistente attraverso appositi emendamenti. Bisogna vedere se in Parlamento vi sarà la volontà di far passare le modifiche” spiega la fonte di Fides. “Il fatto positivo è che le due parti hanno ammorbidito le loro posizioni, che inizialmente erano molto intransigenti. Non è chiaro però se queste aperture negoziali siano solo giochi di potere o se invece vi sia una reale considerazione per il bene della nazione, in primo luogo per il ristabilimento della pace”.
Una preoccupazione rafforzata dal fatto che il 22 febbraio ci si aspettava la finalizzazione dell’accordo tra il Partito del Presidente Mwai Kibaki e quello del leader dell’opposizione, Raila Odinga. Quest’ultimo però è partito all’improvviso per la Nigeria. Un portavoce di Odinga ha affermato che il leader dell’opposizione sarà di ritorno sabato 23 febbraio.
“Non ho elementi per capire la partenza improvvisa di Odinga se non il fatto che la Nigeria sta svolgendo un importante ruolo nella crisi keniana” dice la nostra fonte.
Il Kenya sta quindi vivendo momenti cruciali: è vicino alla pace ma il pericolo del ritorno della violenza è ancora reale. Un recente rapporto dell’International Crisis Group denuncia il fatto che entrambe la parti stanno ancora mobilitando gruppi paramilitari. “La situazione rimane estremamente pericolosa” conferma la fonte di Fides. “A Kisumu per esempio la gente normale è in ostaggio di bande di giovani che sono finanziati da qualcuno. Gli abitanti di un quartiere della città si sono ribellati e hanno ucciso alcuni teppisti che continuavano a saccheggiare e uccidere la popolazione. Questi gruppi dicono “il lavoro non è finito”, ovvero l’uccisione delle persone di etnia rivale deve continuare, e lungo le strade si vedono mucchi di pietre per la creazione di posti di blocco. Basta un colpo di cellulare per radunare i teppisti e creare un posto di blocco. Attraverso i cellulari inoltre continuino a essere diffusi messaggi di propaganda e di odio”.
“Per stabilizzare la situazione occorre superare la politica fondata sulla divisione tribale e occorrono riforme come il decentramento dell’amministrazione. Attualmente per qualsiasi atto amministrativo bisogna fare capo a Nairobi. Per aver la pensione o per ritirare un diploma bisogna recarsi nella capitale. Questo genera corruzione e inefficienza e crea frustrazione ed esasperazione. L’economia del Paese inoltre è in mano a una piccola elite che controlla la maggior parte della terra e della ricchezza. Vi sono persone che possono permettersi tutti i giorni un pranzo dal costo di 10mila scellini mentre la maggior parte della gente è fortunata se riesce a tirare a campare con 3mila scellini. Sono queste alcune delle radici profonde dell’odio che sta sconvolgendo il Kenya” conclude la nostra fonte. (L.M.) (Agenzia Fides 22/2/2008 righe 34 parole 498)


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