VATICANO - La vocazione missionaria del laico - a cura di p. Adriano Garuti e Lara De Angelis

martedì, 29 gennaio 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il ruolo missionario che ha lo scopo di rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza, è esercitato da tutta la Chiesa, anche se con ruoli diversi. Infatti, nel contesto della missione della Chiesa il Signore affida ai fedeli laici, in comunione con tutti gli altri membri del popolo di Dio, una grande parte di responsabilità: “I sacri Pastori sanno benissimo quanto contribuiscano i laici al bene di tutta la Chiesa, sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto nei confronti del mondo, ma che il loro magnifico incarico è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro servizi e i loro carismi, in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, all’opera comune” (LG 30).
La stessa consapevolezza è espressa anche nel documento direttamente dedicato all’Apostolato dei laici: “Gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l’ufficio d’insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità. Ma anche i laici, essendo partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, nella missione del popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo” (AA 2), nell’ordine “spirituale e in quello temporale” (AA 5).
Anche ai laici, dunque è riconosciuto, a pieno titolo, il diritto e il dovere di svolgere una propria attività missionaria in virtù della loro “partecipazione alla stessa missione della Chiesa”, alla quale sono “deputati dal Signore stesso, per mezzo del battesimo e della confermazione” (LG 33). Anzi, nella missione della Chiesa i laici hanno “una parte propria e assolutamente necessaria”, nel senso che “l’impegno di informare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità in cui uno vive, è compito e obbligo dei laici, così che non può mai essere debitamente assolto dagli altri” (AA 13). Anzi la loro azione è necessaria al punto che “senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia” (AA 10).
Non meno espliciti sono i Romani Pontefici del post-concilio nel loro magistero. Ad esempio, già Paolo VI nella “Evangelii Nuntiandi” precisa che il mandato apostolico “vale anche, sebbene in modo differente, per tutti i cristiani. È perciò che Pietro chiama questi ultimi ‘popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere meravigliose’ (1 Pt 2, 9), quelle medesime meraviglie che ciascuno ha potuto ascoltare nella propria lingua” (n. 13). Allo stesso modo Giovanni Paolo II afferma: “La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova Chiesa richiede l’Eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tuttavia la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli. La partecipazione dei laici all’espansione della fede risulta chiara, fin dai primi tempi del cristianesimo, a opera sia di singoli fedeli e famiglie, sia dell’intera comunità… Essi perciò ‘sono tenuti all’obbligo generale e hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli sia come associazioni, perché l’annunzio della salvezza sia conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro’. Inoltre, per l’indole secolare, che è loro propria, hanno la particolare vocazione a ‘cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio’.” (Redemptoris missio, n. 71).
Anche Papa Benedetto XVI, nel Messaggio per la LXXX Giornata Missionaria Mondiale, così si esprime: “Accanto a coloro che sono in prima linea sulle frontiere dell’evangelizzazione - e penso qui con riconoscenza ai missionari e alle missionarie - molti altri, bambini, giovani e adulti con la preghiera e la loro cooperazione in diversi modi contribuiscono alla diffusione del Regno di Dio sulla terra” (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2006, n.4).
Sulla linea del Vaticano II e del magistero pontificio postconciliare, anche il Codice di diritto canonico valorizza i laici considerandoli, come gli altri battezzati, membri dell’unico popolo di Dio, partecipi del triplice ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, chiamati, secondo la loro condizione, ad attuare la missione che Dio ha affidato alla Chiesa per compierla nel mondo .
La vocazione missionaria del laico è, dunque, inerente al fatto stesso di essere cristiano: prima di qualsiasi “mandato” della Gerarchia, è da Cristo medesimo che il laico è “inviato”, partecipa a pieno titolo alla missione della Chiesa e, in virtù della propria indole secolare, è chiamato a “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinatole secondo Dio” (LG 31), nell’esercizio della sua funzione sacerdotale, profetica e regale. (11 - continua) (Agenzia Fides 29/1/2008; righe 52, parole 772)


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