AFRICA/NIGERIA - La “maledizione” del petrolio: dove sono finiti i 400 miliardi di dollari incassati dallo Stato nigeriano dal 1960 ad oggi?-Scheda

martedì, 4 settembre 2007

Roma (Agenzia Fides)- La questione della distribuzione della rendita petrolifera è al centro della vita politica nigeriana. Le popolazioni, in gran parte cristiane, delle aree meridionali (dove si trovano i principali giacimenti petroliferi nigeriani) da decenni rivendicano dallo Stato servizi (scuole, ospedali, strade) e la possibilità di un vero sviluppo economico, investendo il ricavato delle vendita di greggio.
La Nigeria è al 158esimo posto dell’indice di sviluppo umano elaborato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. La speranza di vita è di 43,3 anni e il tasso di mortalità infantile è del 98 per mille, uno dei più alti dell’Africa. Eppure il Paese ha tutte le risorse per rimediare a questa situazione: non ha bisogno di elemosine. Secondo le statistiche ufficiali, dall’indipendenza (1960) ad oggi lo Stato nigeriano ha incassato oltre 400 miliardi di dollari dalla manna petrolifera. Ma i nigeriani non hanno visto il proprio livello di vita migliorare, anzi, nel caso delle popolazioni del delta del Niger la loro condizione è peggiorata. L’agricoltura e la pesca, tradizionali attività economiche locali, infatti hanno risentito pesantemente dell’inquinamento causato dalla attività estrattive.
“Negli anni ’70, l’equivalente di quattro Exxon Valdez (la superpetroliera che, a seguito di un incidente, ha versato nel mare dell’Alaska 38 milioni di litri di greggio nel marzo 1989) veniva versato annualmente nelle acque del delta” scrive Xavier Harel nel suo libro sulle malversazioni del settore petrolifero in Africa (“Afrique, pillage à huis clos”, Parigi, 2006). Secondo la NNPC (Nigerian National Petroleum Corporation) tra il 1976 e il 1990 vi sono stati ben 2.676 versamenti di petrolio nell’ambiente, e studi effettuati negli anni ’90 hanno stabilito che il tasso di idrocarburi nei corsi d’acqua locali è dalle 360 alle 680 volte superiore ai tassi permessi dalla legislazione dell’Unione Europea.
Le popolazioni del sud si sentono quindi frustrate e la consapevolezza che da 20 anni gli alti vertici dello Stato federale sono stati espressi dalle etnie del nord (in gran parte musulmane) rischia di creare nuove fratture fondate sull’etnia o sulla religione. In realtà questi sono fattori che vengono strumentalizzati nell’ambito di una lotta politica dove la posta in gioco è la spartizione della manna petrolifera, condotta anche con mezzi illegali. Non è un mistero infatti che a Port Harcourt (la capitale nigeriana del petrolio dove hanno sede le filiali locali delle multinazionali degli idrocarburi che operano nel Paese) almeno due bande criminali si affrontano con armi sempre più potenti per il controllo del cosiddetto “bunkering”. Si tratta dello storno del greggio effettuato bucando gli oleodotti locali. Il greggio così raccolto è poi avviato sui mercati da apposite navi cisterna. Sono quindi operazioni complesse che presuppongono un’organizzazione che si estende oltre i confini nigeriani e la complicità tra le autorità. Si calcola che da 100mila a 300mila barili di petrolio (il 10% della produzione nigeriana) spariscono ogni giorno in questo modo, con danni non solo economici ma anche ecologici.
La Chiesa nigeriana ha più volte chiesto trasparenza e onestà nella gestione della manna petrolifera locale perché venga utilizzata per il reale sviluppo del Paese (vedi Fides 13 novembre 2006). (L.M.) (Agenzia Fides 4/9/2007 righe 44 parole 538)


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