Fides News - Italianhttps://www.fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.ASIA/INDONESIA - Un prete di Giacarta e i suoi fedeli: “Viviamo la gioia del Vangelo che Francesco ci porta”https://www.fides.org/it/news/75351-ASIA_INDONESIA_Un_prete_di_Giacarta_e_i_suoi_fedeli_Viviamo_la_gioia_del_Vangelo_che_Francesco_ci_portahttps://www.fides.org/it/news/75351-ASIA_INDONESIA_Un_prete_di_Giacarta_e_i_suoi_fedeli_Viviamo_la_gioia_del_Vangelo_che_Francesco_ci_portaGiacarta - "La cifra è la gioia, la contentezza, l'allegria". Padre Yustinus Sulistiadi, 60enne viceparroco nella chiesa di san Giovanni Maria Vianney nell'Est della capitale Giacarta, racconta all’Agenzia Fides l'entusiasmo dei fedeli indonesiani in vista dell’arrivo di Papa Francesco nella città, parlando dal suo punto di osservazione: una comunità cattolica di 7mila anime, inserita nel tessuto sociale di una città "tra la popolazione in larga maggioranza musulmana, con cui si convive tranquillamente” . Quella gioia, dice, "si respira a pieni polmoni nelle varie realtà ecclesiali e nelle comunità di base della parrocchia, e delle altre chiese, ma la si stente anche tra i fedeli musulmani", osserva. “Alcuni fedeli più anziani - continua - ricordano la visita di Giovanni Paolo II, 35 anni fa ma le nuove generazioni non l’hanno vissuta nel 1989, dunque per loro si tratta della prima volta in cui si accoglie il Papa e vi è perfino il rammarico perchè sarà un visita breve, di soli tre giorni nel nostro paese”.<br /><br />Padre Justin, specialista di comunicazioni sociali, sarà il commentatore per la rete televisiva Kompas TV durante la messa del Papa nello stadio nazionale. Intanto ha cercato di animare e sensibilizzare le realtà e i movimenti ecclesiali per preparare spiritualmente i fedeli alla visita che “è essenzialmente pastorale, è una visita per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana, come ha detto il Cardinale Suharyo; poi ha anche il significato per le relazioni interreligiose", rimarca.<br /><br />Nella parrocchia di san Giovanni Maria Vianney, oltre alla rete territoriale delle “comunità di base”, i diversi movimenti ecclesiali che si sono mobilitati: i fedeli parteciperanno, alcuni in presenza altri tramite i mass-media, agli incontri previsti nel programma papale. Vi sono: il gruppo “Cultura di vita”, che si ispira all’Evangelium vitae; il gruppo missionario “Buona novella”; Il “Catholic fellowship Jakarta” che riunisce quei fedeli i quali, dopo una esperienza all’estero, celebrano la vita di fede in inglese; il gruppo di preghiera “Adoremus”. Vi è anche la associazione “Icona delle culture indonesiane” riconosciuta dallo stato, che unisce persone di culture e religioni diverse. <br /><br />Don Yustinus ha creato e riunito, inoltre, uno speciale comitato di giornalisti, cattolici e non, per parlare del lavoro mediatico, al fine di accompagnare giornalisti, comunicatori, influencer nella copertura mediatica e nel servizio di comunicazione, con l'obiettivo specifico di valorizzare il significato dei luoghi dove il Papa si recherà: “Ad esempio – spiega – la visita alla Cattedrale e alla moschea, che sorgono l’una di fronte all’altra. Il taglio della nostra riflessione è: la benedizione del Papa illumina questo posto”, riferita a ognuno dei luoghi ufficiali.<br /><br />Grazie all’aiuto dei colleghi giornalisti, il sacerdote ha anche creato un nuovo sito Internet con un duplice scopo: “Sensibilizzare e animare i fedeli sulla visita di Papa Francesco; annunciare il Vangelo e promuovere i valori della Chiesa, in vista e durante l’anno del Giubileo”. “Per noi – conclude – la presenza di Papa Francesco sarà una anticipo di Giubileo, che significa immensa gioia e letizia. Quella viviamo nell’attesa e quella che vivremo più pienamente tra qualche giorno: è la gioia che viene dal Vangelo che il Vicario di Cristo ci porterà”. <br /> <br />Sat, 31 Aug 2024 14:30:20 +0200EUROPA/SLOVACCHIA - Missionario tra i compagni di prigionia: Ján Havlík è beatohttps://www.fides.org/it/news/75348-EUROPA_SLOVACCHIA_Missionario_tra_i_compagni_di_prigionia_Jan_Havlik_e_beatohttps://www.fides.org/it/news/75348-EUROPA_SLOVACCHIA_Missionario_tra_i_compagni_di_prigionia_Jan_Havlik_e_beatodi Chiara Dommarco<br /><br />Šaštín − “Dov’è Dio nel buio della storia? La fede aiuta a rispondere che è qui, a scrivere la Sua storia d’amore”, afferma padre Emil Hoffmann CM, vicepostulatore della causa di beatificazione del Servo di Dio Ján Havlík, il seminarista vincenziano la cui cerimonia di beatificazione si svolge oggi presso il Santuario Nazionale di Šaštín.<br />Nato il 12 febbraio 1928 a Dubovce, un villaggio della Slovacchia occidentale, da Karol, operaio, e Justina , attorno ai tredici anni decise di iniziare il percorso di discernimento vocazionale per entrare nella Congragazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli. Nel 1943 iniziò a frequentare la Scuola apostolica vincenziana a Banská Bystrica. Il colpo di stato del febbraio 1948 segnò l’inizio del regime comunista in Cecoslovacchia. <br />A causa degli sconvolgimenti politici, Ján completò il ciclo di studi solamente nel maggio 1949 e iniziò il noviziato nell’agosto di quell’anno. Quando nell’aprile del 1950 la ŠtB mise in atto l’“Akce K”, l’operazione volta alla liquidazione di tutti gli ordini religiosi maschili, Ján e gli altri novizi furono arrestati, sottoposti ad un programma di “rieducazione” per due settimane e poi obbligati ai lavori forzati. Rilasciato dopo tre mesi, Ján proseguì la sua formazione teologica clandestinamente, lavorando contemporaneamente come operaio a Nitra. Arrestato di nuovo dalla ŠtB il 29 ottobre 1951 assieme agli altri seminaristi vincenziani, fu detenuto preventivamente per 15 mesi, torturato e accusato di azione antistatale. Nel febbraio 1953 il giovane fu condannato a 14 anni di lavori forzati per alto tradimento, pena poi ridotta a 10 anni nel processo di appello. <br /><br />Padre Emil, che nella fase diocesana del processo di beatificazione ha rappresentato il postulatore dell’ordine dei vincenziani, sintetizza così il cuore della missione terrena del giovane slovacco: “Per Havlík, ogni situazione era adatta per annunciare Cristo. Persino la prigione è stata per lui luogo di missione. Ján diceva del suo lavoro in carcere: ‘Mi sento come se fossi in missione, nessun missionario potrebbe desiderare un posto migliore e più impegnativo per lavorare. Se solo ci fosse più tempo. Se solo il lavoro non ci pesasse così tanto’”. Nonostante il lavoro estenuante, di notte ricopiava “Umanesimo integrale” di Jacques Maritain, per diffonderlo tra i compagni di prigionia. In condizioni disumane, lavorò in diversi campi di concentramento ed estrasse uranio nelle miniere di Jáchymov fino all’autunno del 1958, quando fu accusato di appartenere ad un’associazione clandestina di detenuti. “San Vincenzo de’ Paoli − ha spiegato padre Emil − avvertiva i suoi missionari che nella virtù dello zelo potevano toccare due estremi: da un lato la mancanza di zelo, la pigrizia, la dimenticanza, la durezza o l’insensibilità; dall’altro l’eccesso di zelo, la severità, l’autoritarismo. Ci sono testimonianze su Ján che confortano in tal senso: aiutava a scrivere lettere, procurava libri utili e, quando gli era possibile, parlava di Dio”. <br /><br />L’accusa del 1958 era dovuta all’attività di evangelizzazione di Ján, come dichiarò lui stesso nel processo a cui fu sottoposto una volta scoperto: ai dieci anni di lavori forzati ne fu aggiunto ancora un altro, proprio in odium fidei. “Manifestare la propria fede – ha affermato padre Emil − era un atto severamente proibito nei campi di lavoro, motivo per cui tutto ciò che riguardava la fede era tenuto nella massima segretezza. Se scoperti, i ‘colpevoli’ venivano condannati al riformatorio, una piccola stanza dove era impossibile stare dritti, o a un nuovo processo, come accadde a Ján. Chi lo conosceva diceva di lui che era stato condannato due volte a causa della sua fede”. Dal maggio del 1958, non più abile al lavoro a causa dei maltrattamenti subiti, fu internato in un ospedale psichiatrico e poi trasferito in varie carceri cecoslovacche fino al 29 ottobre 1962, data in cui venne rilasciato per aver concluso lo sconto della pena. A questi ultimi anni di vita appartengono i due quadernetti che il giovane ci ha lasciato, dedicati alla sua esperienza spirituale: “La Via Crucis delle piccole anime” e “Diario”. A partire dalla sua morte, avvenuta prematuramente il 27 dicembre 1965, a causa delle torture fisiche e psichiche patite, si è diffusa non solo la fama di martirio, ma anche una certa fama signorum. <br />La fase diocesana della causa di beatificazione è stata aperta il 9 giugno 2013 e la beatificazione avviene poco più di 10 anni dopo, con una celerità che ha sorpreso lo stesso vicepostulatore. “Ci sono eventi e lunghi periodi nella storia − ha commentato padre Emil − in cui sembra che Dio perda il controllo della realtà e che abbandoni le persone a se stesse. Dov’è dunque Dio? La fede aiuta a rispondere che è qui, a scrivere la Sua storia d’amore. È un atteggiamento di fede credere che anche il regime comunista non sia sfuggito dalle mani di Dio, ma abbia permesso a Dio di purificare e nobilitare il lato più vero di molte persone”. Cruciale per la fase di accertamento delle virtù eroiche anche lo stesso regime comunista, come ci ha raccontato padre Emil: “Oggi va di moda scrivere libri, raccontare storie avvincenti, sconvolgenti. Ján, invece, ci parla attraverso quanti gli hanno voluto bene e che non volevano che l’eroica testimonianza della sua giovinezza fosse cestinata dalla storia. Ad aiutarci a raccogliere informazioni sul seminarista sono stati anche i suoi stessi aguzzini, perché hanno documentato con dovizia di particolari la testimonianza che ha dato nel campo di lavoro”.<br />La Società Missionaria di San Vincenzo de’ Paoli conta attualmente 7 comunità tra Slovacchia e Repubblica Ceca, che fanno capo alla Provincia slovacca dell’ordine. Vi prestano servizio 33 sacerdoti e 4 fratelli. Le comunità in Slovacchia si trovano a Bratislava, Bánska Bystrica, Bijacovce e Lučenec, mentre quelle in Repubblica Ceca a Loštice, Dobruška e Žlutice. La Provincia slovacca include anche una comunità a Sangrelaya, in Honduras, e una a Chicago, negli Stati Uniti. <br />Sat, 31 Aug 2024 22:50:23 +0200AFRICA/KENYA - La diocesi di Lodwar, dove è situato il secondo più grande campo per rifugiati del Kenyahttps://www.fides.org/it/news/75347-AFRICA_KENYA_La_diocesi_di_Lodwar_dove_e_situato_il_secondo_piu_grande_campo_per_rifugiati_del_Kenyahttps://www.fides.org/it/news/75347-AFRICA_KENYA_La_diocesi_di_Lodwar_dove_e_situato_il_secondo_piu_grande_campo_per_rifugiati_del_KenyaNairobi – “La mia diocesi è essenzialmente un’area di prima evangelizzazione che oltretutto accoglie più di 250.000 rifugiati dai Paesi vicini, Sud Sudan, Sudan, Burundi, Uganda, Somalia, Etiopia” afferma in un colloquio con l’Agenzia Fides John Mbinda, Vescovo di Lodwar, la cui diocesi si trova nel nord-ovest del Kenya, nella contea di Turkana, al confine con Sud Sudan, Etiopia e Uganda.<br /> <br />Il grande campo di rifugiati di Kakuma, si trova a 120 km da Lodwar, il capoluogo della provincia. È stato creato nel 1992 per accogliere i rifugiati sudanesi in fuga dalla guerra civile e poi persone di altre nazionalità provenienti da 19 Paesi in crisi . È il secondo più grande campo di accoglienza per rifugiati situato in Kenya. Nel 2016 nella contea di Turkana è stata creato un insediamento di accoglienza più piccolo, quello di Kalobeyei, che si trova a circa 20 km da Kakuma.<br />Le strutture di accoglienza sono gestite da alcune organizzazioni non governative capeggiate dall’UNHCR insieme al governo keniano. Ma la Chiesa locale è parte di questo processo di accoglienza come sottolinea Mons. Mbinda<br /> “Come Chiesa assistiamo queste persone in primo luogo fornendo strutture per le attività di culto, permettendo ai fedeli cattolici di approfondire la propria fede” dice Mons. Mbinda. “Abbiamo anche attività di evangelizzazione per coloro che lo desiderano”. “E naturalmente cerchiamo di venire incontro ai bisogni sociali delle persone rifugiate e dei richiedenti asilo, fornendo loro educazione, cure mediche, acqua potabile, servizi igienici, supporto psicologico e a volte forniamo pure pasti per coloro che ne hanno bisogno”. <br />“Nei campi di rifugiati i cattolici sono circa 20.000” aggiunge il Vescovo di Lodwar. “La popolazione locale è di circa 1,3 milioni di persone, aggiungendo i rifugiati secondo l’ultimo censimento sono 1,5 milioni”. <br />Mons. Mbinda conclude sottolineando che “abbiamo una buona relazione con le persone appartenenti ad altre fedi, compresi i musulmani, con i quali lavoriamo nello spirito del dialogo interreligioso, nel migliorare insieme le condizioni di vita della popolazione locale e dei rifugiati”. <br />Sat, 31 Aug 2024 16:27:48 +0200EUROPA/ITALIA - Suor Roberta Tremarelli alle Giornate nazionali di formazione e spiritualità missionaria ad Assisihttps://www.fides.org/it/news/75352-EUROPA_ITALIA_Suor_Roberta_Tremarelli_alle_Giornate_nazionali_di_formazione_e_spiritualita_missionaria_ad_Assisihttps://www.fides.org/it/news/75352-EUROPA_ITALIA_Suor_Roberta_Tremarelli_alle_Giornate_nazionali_di_formazione_e_spiritualita_missionaria_ad_Assisi <br />Assisi - Essere discepoli missionari, dai 0 ai 99 anni, è un processo continuo che dura tutta la vita. E’ una riflessione rivolta a tutti i battezzati dai più piccini ai più avanti in età quella offerta da Suor Roberta Tremarelli AMSS - Segretario generale “uscente” della Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria alla 22ma edizione delle Giornate nazionali di formazione e spiritualità missionaria in corso ad Assisi. La serie di incontri e iniziative organizzati a Assisi intorno al tema “Ai crocicchi delle strade. Andate e invitate!” È in programma fino a domenica 1° settembre. <br />Suor Tremarelli è intervenuta nella mattinata di oggi, venerdì 30 agosto, con una relazione dal titolo “Lo stile di azione del discepolo missionario” concentrata su alcuni aspetti che dovrebbero essere propri dello stile del discepolo missionario: “La preghiera è la prima azione missionaria e quindi è ciò che dovrebbe caratterizzare la vita quotidiana di ogni discepolo missionario, la preghiera intesa come ponte che ci unisce a Dio e agli altri. La testimonianza è l’elemento essenziale nella nostra vita di discepoli missionari. Essa come afferma Evangelii Nuntiandi al n.21, comporta presenza, partecipazione e solidarietà”.<br /><br />Controcorrente, sentinella, umile, gioioso alcuni degli aggettivi che potrebbero essere accostati ad uno stile da discepolo missionario.<br /><br />Il discepolo missionario vive una “dedizione al Regno di Dio, alla Parola, a Cristo. E allo stesso tempo al popolo, alla comunità in cui è inserito, a cui appartiene in quanto figlio di Dio, comunità di passaggio o stabile”.<br /><br />Il discepolo missionario ha sempre uno stile comunitario anche quando è solo. “Se vogliamo essere discepoli missionari, dobbiamo essere persone che collaborano. Questo non significa partecipare a infinite riunioni, unirsi a comitati o riempire ogni momento della nostra agenda – ha continuato suor Tremarelli.<br /><br />In conclusione, rivolgendosi agli adulti, educatori, catechisti, insegnanti cattolici, genitori suor Roberta che per 7 anni ha guidato la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria ha esortato: “Siamo responsabili di far desiderare il bello, il buono, il giusto, cioè l’Assoluto… La proposta del vangelo è la più bella, ineguagliabile, l'unica che può dare la gioia ai bambini, ai giovani, agli adulti, alle famiglie, agli anziani, agli ammalati”.<br /><br />Le Giornate di formazione contengono nel programma una tavola rotonda che vedrà la partecipazione di don Tommaso Nava, sacerdote “fidei donum” in Perù, Mauro Marangoni e Chiara Bolzanella, famiglia missionaria della diocesi di Padova, e suor Esther Koudoglo, missionaria togolese delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. Sabato è in programma un collegamento per approfondire il tema “Pellegrini di speranza” con tre testimonianze missionarie e il racconto del pellegrinaggio nella terra dei martiri. Infine domenica don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione Missio, terrà l’intervento conclusivo. IEG) Fri, 30 Aug 2024 16:07:11 +0200VATICANO - Papa Francesco: L'Urbaniana “ha una propria identità” e non va 'sciolta' con altre Universitàhttps://www.fides.org/it/news/75350-VATICANO_Papa_Francesco_L_Urbaniana_ha_una_propria_identita_e_non_va_sciolta_con_altre_Universitahttps://www.fides.org/it/news/75350-VATICANO_Papa_Francesco_L_Urbaniana_ha_una_propria_identita_e_non_va_sciolta_con_altre_UniversitaCittà del Vaticano - “Non viviamo in una società cristiana, ma siamo chiamati a vivere da cristiani nell’odierna società plurale. Da cristiani e aperti”. E un’istituzione storica e prestigiosa come la Pontificia Università Urbaniana, che “ha propria identità”, può dare “risposte adeguate alle questioni che la realtà odierna pone alla Chiesa e al mondo”, proprio partendo dalla propria “specificità missionaria”. Lo ha detto Papa Francesco rivolto ai partecipanti all’Assemblea Plenaria Straordinaria della Sezione per la prima Evangelizzazione e le nuove Chiese particolari del Dicastero per l’Evangelizzazione, convenuti a Roma dai vari Continenti per riflettere sull’identità, la missione, le aspettative e il futuro della Pontificia Università Urbaniana .<br /><br />L’Assemblea plenaria straordinaria era stata convocata accogliendo l’invito espresso dallo stesso Pontefice a esaminare con cura la possibilità di creare sinergie effettive, stabili e organiche tra gli Istituti universitari amministrativamente dipendenti dalla Santa Sede.<br /><br />Nel suo discorso, Papa Francesco ha esposto ai membri del Dicastero missionario i criteri orientativi e operativi che conviene seguire per delineare il cammino presente e futuro della Pontificia Università adagiata sul Gianicolo. “C’è qualche progetto di 'scioglierla' con altre Università. No! Questo non va!”, ha esordito il Pontefice parlando a braccio. <br /><br />Il Vescovo di Roma ha quindi ribadito che l’identità e la vocazione dell’Istituzione accademica geneticamente legata al Dicastero missionario - erede della Congregazione di Propaganda fide - consiste nella “missionarietà”. Una identità sempre connessa con la vita delle Chiese locali e mai chiusa e compiuta in sé stessa. Una identità che proprio come la missione “si lascia costantemente interpellare dal soffio dello Spirito che guida la storia e ci chiama ad interpretare il tempo che stiamo vivendo”. “Con criteri propri pure”, ha aggiunto a braccio. <br /><br />Il Pontefice nel suo discorso ha poi espresso parole di elogio sia per la questione specifica posta al centro dei lavori della Plenaria, sia per la procedura sinodale di consultazione avviata dal Dicastero missionario che prima dell’Assemblea ha raccolto richieste, valutazioni, aspettative e suggerimenti espressi dalle Conferenze Episcopali riguardo al presente e al futuro dell’Urbaniana. Il Papa ha anche ricordato che “l’Università Urbaniana risponde all’autorità e all’attività del Dicastero per l’Evangelizzazione, nella configurazione stabilita dalla Costituzione Apostolica Praedicate evangelium”. “L’Urbaniana ha propria identità”, ha sottolineato nuovamente a braccio. <br /><br />Proprio per continuare a camminare nel solco dei suoi “valori fondativi”, anche l’Urbaniana è chiamata a coniugare “l’esigenza di elevare la qualità dell'offerta formativa e della ricerca, e la necessaria razionalizzazione delle risorse umane ed economiche”. A tale scopo, entrando nel dettaglio di possibili scelte concrete, il Successore di Pietro, citando l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, ha ricordato che “una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia”. C’è invece bisogno di “quella sana creatività che rifugge ogni sforzo emotivo per trovare i percorsi adeguati”. “Non avere paura della creatività – ha aggiunto scostandosi nuovamente dal discorso preparato -, ci vuole questa sana creatività”. <br /><br />Rendere un’Istituzione accademica attraente e competitiva - ha spiegato Papa Francesco – “domanda docenti docili, investigazione scientifica e capacità di dare un apporto significativo alla dottrina”. Mentre “far buon uso delle risorse”, ha aggiunto accennando a possibili esempi di sinergie tra le istituzioni accademiche sostenute dalla Santa Sede, “significa unificare percorsi identici, condividere i docenti”, “eliminare gli sprechi, programmare in modo oculato le attività, abbandonare prassi ormai stanche o progetti che poco hanno di originale”.<br /><br />“Per questo voglio ringraziare il Cardinale e il Segretario, Sua Eccellenza, che stanno facendo un vero lavoro per evitare queste cose brutte e sporche. Grazie per quello che state facendo voi due”, dice nuovamente a braccio rivolgendosi al cardinal Tagle e all’arcivescovo Nwachukwu.<br /><br />Nel caso specifico dell’Urbaniana - ha precisato il Papa - l’auspicato innalzamento dell’offerta accademica deve evidenziare ancor di più “la sua specificità missionaria ed interculturale, perché coloro che si formano siano in grado di mediare con originalità il messaggio cristiano nella relazione con le altre culture e religioni”, perché c’è bisogno “di pastori, di consacrati e di laici che sappiano incarnare uno slancio missionario per evangelizzare le culture e così inculturare il Vangelo”. “Queste due cose vanno sempre insieme – ha aggiunto al discorso –: evangelizzazione della cultura e inculturazione del Vangelo”. <br /><br />Papa Francesco ha anche auspicato che, “come già avvenuto per l’area asiatica e cinese”, in seno all’Urbaniana “si possano costituire più centri di ricerca per le diverse regioni geografiche e culturali e rafforzare quelli esistenti. Inoltre - ha aggiunto - si favorisca l’affiliazione dei Seminari e degli Istituti di Teologia presenti nelle Circoscrizioni ecclesiastiche missionarie garantendo, quando questo non è possibile, un diverso, ma costante accompagnamento”. Fri, 30 Aug 2024 11:27:50 +0200ASIA/INDONESIA - L’attenzione dei mass-media e i libri indonesiani (anche scritti dai musulmani) dedicati al Papa; l’impegno speciale del gruppo Kompashttps://www.fides.org/it/news/75349-ASIA_INDONESIA_L_attenzione_dei_mass_media_e_i_libri_indonesiani_anche_scritti_dai_musulmani_dedicati_al_Papa_l_impegno_speciale_del_gruppo_Kompashttps://www.fides.org/it/news/75349-ASIA_INDONESIA_L_attenzione_dei_mass_media_e_i_libri_indonesiani_anche_scritti_dai_musulmani_dedicati_al_Papa_l_impegno_speciale_del_gruppo_Kompasdi Paolo Affatato<br /><br />Giacarta - I mass media indonesiani si preparano alla visita del Papa mentre cresce l'attenzione del mondo della cultura e dell’intera popolazione per la presenza del pontefice nel paese che il 2 settembre inizia in Indonesia il suo viaggio apostolico in Asia e Oceania . Per la stampa sono oltre 730 i giornalisti accreditati, per gran parte indonesiani, altri da paesi limitrofi o della nutrita delegazione dei media internazionali che seguiranno gli eventi di Giacarta come la messa allo stadio nazionale, l’incontro in Cattedrale, l’incontro interreligioso nella moschea Istiqlal. Qui, come ha confermato il Cardinale Suharyo, il Papa firmerà con gli altri capi religiosi una dichiarazione sulla tolleranza e la fraternità ispirata al Documento di Abu Dhabi. <br /><br />La grande attenzione sviluppatasi nella società indonesiana si nota anche dal moltiplicarsi dei libri e delle pubblicazioni in lingua indonesiana sul pontefice: il libro di padre Valentino Robi Lesak, vocazionista indonesiano, dal titolo “Le parole di buon auspicio di Papa Francesco” raccoglie una scelta di interventi, messaggi, omelie, discorsi di papa Francesco su temi come la fraternità, il dialogo, il traffico di esseri umani, i migranti , la cura dell’ambiente. Altri due libri in bahasa sul Papa sono stati presentati nei giorni scorsi alla Atma Jaya University: uno, che accoglie scritti di ricercatori, teologi e accademici, si intitola "Miserando atque eligendo” e, riprendendo il motto del Papa, spiega, commenta e attualizza vari aspetti del magistero di Papa Francesco. <br />Esperimento unico è il secondo testo, dal titolo "Salve peregrinans spei", compilato interamente da studiosi e capi religiosi musulmani che apprezzano le parole di Papa Francesco rimarcando che, soprattutto grazie all’enciclica "Fratelli tutti" e al Documento di Abu Dhabi, cristiani e musulmani sono promotori di rispetto, tolleranza, pace, armonia nella società. In quel testo gli studiosi musulmani sostengono che la presenza del Papa in Indonesia metterà in luce il volto dell’islam indonesiano incentrato sul concetto di “moderazione” e questo, per osmosi, potrà avere un impatto sul ridurre la conflittualità su base religiosa in tutto il mondo. <br /><br />Tra i mass media indonesiani, il gruppo più importante in termini di pubblico e di imprenditoria nei settore è “Kompas Gramedia” che ha radici cattoliche e che mantiene tuttora valori legati al cristianesimo. A 60 ani dalla fondazione, "Kompas gramedia" è divenuta una impresa multisettoriale, che ha potuto espandersi non solo nel campo della comunicazione ma anche in altri settori come l’editoria e le librerie, l’istruzione , il settore alberghiero, l'organizzazione di grandi eventi , la produzione manifatturiera, l’immobiliare: una corporation con circa 19mila dipendenti in totale.<br />"Kompas è un gruppo che testimonia come in Indonesia si possa fare impresa, ad alti livelli, con spirito cristiano, uno spirito che ancora oggi vive”, dice all’Agenzia Fides Glory Oyong, direttrice della Comunicazione aziendale di “Kompas Gramedia”. <br />La storia di Kompas inizia nel al 1965. "A quel tempo, in un panorama politico composito, il generale Ahmad Yani, membro del governo, suggerì a Frans Seda, un ministro cattolico nel governo di Sukarno, che la comunità cattolica avrebbe dovuto creare un'agenzia di stampa per bilanciare, confrontarsi e competere con i media legati al Partito comunista o ad altre realtà come le comunità musulmane”. Furono scelti dei professionisti come P.K. Ojong, che aveva esperienza come direttore di “Star Weekly”, e a Jakob Oetama, uno dei leader della rivista cattolica “Penabur”, per guidare la nuova iniziativa.<br /><br />Con il consenso del presidente indonesiano Sukarno, costoro si attivarono per creare un nuovo giornale che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi "Bentara Rakyat" , ma poi "fu il presidente Sukarno a suggerire il nome Kompas” . Raggiunto il numero minimo necessario di 5.000 abbonati , nacque il quotidiano “Kompas” che "ricevette un finanziamento iniziale e un significativo sostegno culturale e morale dai Vescovi e dalla comunità cattolica". Tuttavia non è mai stato un giornale partitico o confessionale "ma ha sempre mantenuto una natura generalista e inclusiva. Anche nel reclutamento dei dipendenti e giornalisti è sempre stato una 'Indonesia in miniatura', riflettendo la natura pluralistica della nazione”. Rileva Glory Ojong: “Kompas opera con la missione di servire il bene comune, guidata dal suo motto 'Amanat Hati Nurani Rakyat' cioè rispettare la coscienza del popolo". “Mettiamo la gente in primo piano; le necessità le aspettative, i bisogni dei poveri, c’è anche una missione educativa, insita nel nome, cioè dare l’orientamento” , rileva. "Il gruppo Kompas, in tutte le sue articolazioni – osserva - non è solo una azienda che mira al profitto. Vogliamo prenderci cura delle persone, preoccupandoci della dignità umana, della solidarietà, vivendo i nostri valori cristiani , ogni giorno, nel nostro lavoro" .<br /><br />Il quotidiano Kompas iniziò la sua pubblicazione il 28 giugno 1965 da un ufficio nel centro di Giacarta. La sua tiratura crebbe da 4.800 copie nel 1965 a circa 500.000 nel 2014. Dal 1969, Kompas è il più grande quotidiano nazionale in lingua indonesiana del paese. "In Indonesia ora siamo il primo canale di notizie per quota di pubblico, attivo in radio, Tv, Internet, e anche per i social media come YouTube, Instagram, Tik Tok”. Tutto questo sistema mediatico, assicura Ojong “sarà a sevizio della visita di Papa Francesco”. Kompas è coinvolto nel Comitato organizzatore e “fa da ponte con gli altri mass media indonesiani e internazionali”. La TV trasmetterà in diretta gli eventi legati al pontefice, permettendo al vasto pubblico di coglierne le parole, i gesti , i significati. “Sarà anche – rimarca - un servizio ai giovani, che vivono sui social media, e lì potranno respirare lo spirito di unità, in accordo con il nostro motto nazionale, unità nella diversità. La nostra comunicazione è servizio di questa visione".<br /><br />Fri, 30 Aug 2024 11:16:27 +0200AFRICA/SOMALIA - L’accordo militare tra Egitto e Somalia allarma l’Etiopiahttps://www.fides.org/it/news/75346-AFRICA_SOMALIA_L_accordo_militare_tra_Egitto_e_Somalia_allarma_l_Etiopiahttps://www.fides.org/it/news/75346-AFRICA_SOMALIA_L_accordo_militare_tra_Egitto_e_Somalia_allarma_l_EtiopiaMogadiscio – “La regione sta entrando in acque inesplorate” avverte una nota del Ministero degli Esteri della Federazione Etiopica, in riferimento alla nuova situazione venatasi a creare in Somalia, con la fine della missione militare dell’Unione Africana e l’avvio di una nuova missione di supporto. Si tratta dell’African Union Support Mission in Somalia , che vedrà la partecipazione di militari burundesi, ugandesi ed egiziani.<br />“L’Etiopia non può rimanere inerte mentre altri attori prendono misure per destabilizzare la regione” afferma il comunicato etiopico, rivolto, pur senza nominarlo, all’Egitto, Paese con il quale è in corso un aspro contenzioso per via della diga sul Nilo considerata dal Cairo come una minaccia alla propria sicurezza idrica e alimentare. Il comunicato di Addis Abeba è stato emesso all’indomani della firma da parte dell’Egitto e della Somalia di un patto di difesa e un protocollo di cooperazione militare, con i quali ribadiscono il loro impegno a rafforzare i legami bilaterali e a consolidare la sicurezza regionale. Il patto è stato firmato durante una visita del 14 agosto del presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud al Cairo, dove ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.<br />Alla firma delle intese tra il Cairo e Mogadiscio è seguito l’atterraggio di almeno due aerei cargo dell’aeronautica egiziana che trasportavano armi ed equipaggiamenti destinati all’esercito somalo.<br />Il Cairo consolida quindi la propria presenza militare in Somalia Paese a sua volta in difficili rapporti con l’Etiopia per via dell’accordo navale militare con la regione secessionista del Somaliland . In base alle intese in cambio della cessione di una base navale , Addis Abeba si impegna a riconoscere il Somaliland come uno Stato sovrano e indipendente. Una mossa inaccettabile per il governo della Somalia che ha dichiarato di non gradire la partecipazione etiopica alla missione AUSSOM a meno che Addis Abeba non rinunci alle intese con il Somaliland.<br />Allo stesso tempo l’Egitto entra in collaborazione/competizione con la Turchia altro grande sponsor della Somalia, con la quale ha firmato accordi militari e navali con i quali Ankara si impegna a garantire la sicurezza delle coste somale e in cambio ottiene diritti di sfruttamento delle risorse offshore di Mogadiscio. Militari turchi sono già da tempo presenti in Somalia ufficialmente per addestrare i soldati e i poliziotti somali. Secondo alcune fonti ora pure l’Egitto si appresterebbe a dispiegare fino a 10.000 militari in Somalia nell’ambito della missione AUSSOM che prenderà ufficialmente avvio nel gennaio 2025. <br /><br /><br />Fri, 30 Aug 2024 16:23:37 +0200AFRICA/KENYA - “Vogliamo offrire alla generazione Z una formazione adeguata per cambiare in meglio il Kenya” dice il Presidente della Conferenza Episcopalehttps://www.fides.org/it/news/75345-AFRICA_KENYA_Vogliamo_offrire_alla_generazione_Z_una_formazione_adeguata_per_cambiare_in_meglio_il_Kenya_dice_il_Presidente_della_Conferenza_Episcopalehttps://www.fides.org/it/news/75345-AFRICA_KENYA_Vogliamo_offrire_alla_generazione_Z_una_formazione_adeguata_per_cambiare_in_meglio_il_Kenya_dice_il_Presidente_della_Conferenza_EpiscopaleNairobi – I giovani keniani sono animati da buone intenzioni e vogliono un profondo cambiamento del Paese” dice Maurice Muhatia Makumba, Arcivescovo di Kisumu, Presidente della Kenya Conference of Catholic Bishops , che ha concesso un’intervista all’Agenzia Fides.<br /><br />Le recenti proteste che hanno portato il Presidente William Ruto a ritirare la legge finanziaria e a fare un rimpasto del governo, sono state animate dalla cosiddetta generazione Z. Come vede questi sviluppi?<br /><br />I giovani keniani, molto vivaci e pieni d’energia, vogliano cambiare in meglio il Paese. Questo fatto in se è una sfida positiva per tutti noi. Quale formazione possiamo dare ai giovani così assettati di giustizia? I cambiamenti che le nuove generazioni chiedono sono guidati dai valori, dal timore di Dio e dal prendersi cura gli uni degli altri. Così la nostra Conferenza Episcopale si sta attrezzando per fornire formazione ai giovani perché siano in grado di portare a termine questi cambiamenti e di guidare il Paese.<br /><br /><br />In concreato questo cosa significa?<br /><br />Come Conferenza Episcopale prendiamo molto sul serio le problematiche delle nuove generazioni. A livello ecclesiale in primo luogo, ci occupiamo dei giovani non come un solo gruppo ma in base alla loro età. I bambini sono seguiti dalla Pontificia Opera della Santa Infanzia, mentre gli adolescenti e i giovani hanno a disposizione diversi gruppi cattolici per formarsi. Abbiamo quindi una pluralità di gruppi nei quali i giovani possono formarsi in base alla loro età al fine di progredire nella fede.<br /><br /><br />Secondo lei dalla generazione Z potranno nascere dei dirigenti che avranno a cuore il bene comune?<br /><br />Sì perché il modo che questi giovani hanno di approcciarsi alle questioni sociali è correttamente fondato sui valori di solidarietà. Avremo una dirigenza migliore domani in Kenya e in Africa, specialmente grazie a una buona preparazione e a una buona formazione. Perché i giovani hanno buone intenzioni. <br /><br /><br />Quindi i giovani keniani potranno essere di esempio per i loro coetanei di altri Paesi africani?<br /><br />Sicuramente ma permettetemi d’insistere sulla formazione. Gli altri Paesi africani potranno prendere ispirazione dal nostro Paese, ma dovranno offrire ai propri giovani una formazione adeguata per guidare un cambiamento positivo nella società.<br /><br /><br />Infine la Chiesa in Kenya come sta vivendo questa fase?<br /><br />La Chiesa in Kenya è sempre più vivace, abbiamo sempre più persone che trasmettono la fede, sono in crescita i matrimoni religiosi, così come le vocazioni sacerdotali e religiose. Preghiamo ora che questo spirito di rinnovamento che prevale tra i giovani keniani possa portate frutti positivi per la Chiesa e per il Paese. <br />Thu, 29 Aug 2024 10:52:53 +0200VATICANO - Il futuro della Pontificia Università Urbaniana al centro della Assemblea Plenaria straordinaria del Dicastero missionariohttps://www.fides.org/it/news/75344-VATICANO_Il_futuro_della_Pontificia_Universita_Urbaniana_al_centro_della_Assemblea_Plenaria_straordinaria_del_Dicastero_missionariohttps://www.fides.org/it/news/75344-VATICANO_Il_futuro_della_Pontificia_Universita_Urbaniana_al_centro_della_Assemblea_Plenaria_straordinaria_del_Dicastero_missionario <br />di Gianni Valente<br /> <br />Roma - La Pontificia Università Urbaniana si avvicina a un crocevia importante della sua storia lunga e senza uguali. Oggi e domani, 29 e 30 agosto, i membri del Dicastero per l’Evangelizzazione hanno fatto pervenire considerazioni, proposte e aspettative sui criteri da seguire e le scelte operative da adottare per rendere sempre più efficace il servizio reso dall’Urbaniana alle comunità ecclesiali locali. Dopo l’intervento introduttivo del Cardinale Luis Antonio G. Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero missionario e Gran Cancelliere dell’Urbaniana, proprio i contributi e i desiderata provenienti dagli episcopati saranno al centro delle sessioni di lavoro sinodale della Plenaria, ospitate nella sede dell’Ateneo. <br /> <br /> <br />Identità, storia e futuro<br /> <br />Quella dell’Urbaniana è una storia avvincente e singolare, visceralmente legata fin dall’inizio con le vicende della Congregazione de Propaganda Fide . <br />L’Università sul Gianicolo è l’unica istituzione di tale rilevanza riconosciuta da secoli come parte integrante e strutturale di un Dicastero della Santa Sede, anche dal punto di vista dei costi. Anche la maggioranza degli studenti frequentanti i corsi dell’Urbaniana vengono sostenuti con borse di studio finanziate dal Dicastero missionario. E nelle intuizioni che portarono alla sua fondazione, si avvertono ancora i tratti della lungimiranza e della profezia. <br /> <br />Il Collegio Urbano, primo nucleo di quella che oggi è l’università del Gianicolo, fu istituito già nel 1627 per formare il personale delle Chiese locali per la missione di annunciare il Vangelo nelle rispettive circoscrizioni ecclesiastiche.<br /> <br />Si trattava di fornire a seminaristi, sacerdoti e suore strumenti intellettuali, pastorali e spirituali utili a compiere la loro missione al servizio delle rispettive Chiese di provenienza.<br /><br />Già prima della metà del Seicento, nella sede del Palazzo storico di Piazza di Spagna , studenti provenienti da territori direttamente soggetti a Propaganda Fide risiedevano e frequentavano le lezioni in latino nella diversità di lingue e visioni culturali di provenienza, uniti nella fede.<br /> <br />Nella sua immanenza alla storia della Congregazione di Propaganda Fide, anche la Pontificia Università Urbaniana ha assunto i connotati genetici che la rendono istituzione ‘globale’. Con la continua tensione a far incontrare l’unità della fede cattolica con la diversità delle culture, delle forme politiche, delle civiltà, delle lingue. <br /> <br />Le moltitudini di studenti che il Collegio Urbano e la Pontificia Università Urbaniana hanno portato a Roma dai loro rispettivi Paesi, senza stravolgere le loro culture, possono essere visti anche come uno straordinario esperimento, «un contributo alla comprensione reciproca e al rispetto tra popoli e culture» , iniziato secoli prima dei programmi “Erasmus” ora attivati dalle moderne istituzioni accademiche.<br /> <br /> <br />Criteri-guida per i nuovi passi <br /> <br />La ragione d’essere della Pontificia Università Urbaniana e l’orizzonte sconfinato a cui essa guarda per vocazione missionaria non sembrano essersi appannati o rattrappiti. Basta aver anche distrattamente presente l’incessante magistero missionario di Papa Francesco, il costante richiamo alla «conversione missionaria» da lui costantemente rivolto a tutte le istanze ecclesiali. <br /> <br />Proprio la sua attinenza al dinamismo missionario continua a marcare in maniera specifica e non “assimilabile” la natura della Pontificia Università Urbaniana, e può suggerire anche criteri e scelte operative più appropriate per ravvivare e riorientare il suo servizio alle Chiese locali, riconoscendo ciò che ora è più utile e fecondo per la loro missione. <br /> <br />I partecipanti alla Plenaria potranno confrontarsi su criteri e proposte per rinnovare strumenti, metodologie e procedure accademiche e su aree di studio da potenziare per accentuare e applicare al presente l’attenzione ai contesti e l’attitudine all’ascolto delle culture locali che ha sempre connotato l’impegno accademico e formativo dell’Urbaniana. Potrà espandersi il numero di Centri di studio e ricerca concentrati su aree didattiche e temi specifici, sul modello del Centro di studi cinesi e asiatici già operante in Urbaniana dal 1975. Potranno essere valorizzate e rilanciate in forme nuove risorse talvolta latenti come il rapporto con la rete di ben 106 Istituti e Centri di studio affiliati o collegati in vario modo all’Università pontificia. Centri e Istituti sparsi in 40 Paesi del mondo, che rappresentano anche preziosi canali di contatto e comunione costante tra la comunità accademica dell’Urbaniana con le Chiese locali e le loro istituzioni di studio e formazione.<br /> <br /> <br />Una riqualificazione già iniziata<br /> <br />Nelle sessioni di lavoro potranno essere esposti e valutati anche i primi effetti della fase di rinnovamento e riorientamento dell’offerta formativa già avviata nell’ultimo anno, da quando - nel settembre 2023 - Papa Francesco ha nominato il Professor Vincenzo Buonomo Delegato Pontificio per la Pontificia Università Urbaniana, con funzioni di Magnifico Rettore . <br /> <br />Nel Decreto di nomina del Professor Buonomo, Papa Francesco faceva riferimento anche all’urgenza di «rivedere l’assetto dell’Università e conformare alla Costituzione Apostolica “Veritatis gaudium” gli Statuti e le altre disposizioni regolamentari che reggono la vita delle Facoltà e degli Istituti, nonché di provvedere all’adeguamento dell’organizzazione amministrativa alla normativa vigente per gli Enti della Santa Sede». Il Pontefice richiamava anche il processo già avviato e «volto a riorganizzare le Istituzioni Accademiche Pontificie Romane che sono direttamente amministrate dalla Sede Apostolica».<br /> <br />Il lavoro di riqualificazione avviato ha tradotto in misure concrete l’appello a ricercare sinergie operative strutturali soprattutto con la rete degli altri Atenei pontifici presenti a Roma, evitando il rischio di disperdere energie e risorse preziose . Si richiamano a queste queste linee guida, tra le altre cose, il potenziamento della facoltà di missiologia e la focalizzazione dei corsi della Facoltà di Diritto Canonico nell’ambito del “diritto missionario”, al servizio delle Chiese più giovani.<br /> <br />Il processo di riconfigurazione avviato in seno alla Pontificia Università Urbaniana viene raccontato anche da alcuni dati comparativi. nell’Ateneo, a inizio ottobre 2023, operavano 62 professori “stabili” e 113 “incaricati” o “invitati”. Numeri che si sono notevolmente ridotti, dopo aver verificato la non utilità e lo scarso numero di studenti frequentanti di molti corsi. All’inizio del prossimo anno accademico, all’Urbaniana i docenti “Stabili” saranno 47, e i docenti incaricati o invitati saranno 40. Mentre per la gestione complessiva dell’Università i bilanci di previsione per il 2025 stimano una riduzione dei costi pari ad euro 1.514.180.<br /> <br />I Partecipanti alla Plenaria saranno ricevuti in Udienza da Papa Francesco nella mattinata di venerdì 30 agosto. <br /> <br /> Thu, 29 Aug 2024 08:54:54 +0200ASIA/INDONESIA - Il Documento di Abu Dhabi, road map per l'islam indonesiano

https://www.fides.org/it/news/75343-ASIA_INDONESIA_Il_Documento_di_Abu_Dhabi_road_map_per_l_islam_indonesianohttps://www.fides.org/it/news/75343-ASIA_INDONESIA_Il_Documento_di_Abu_Dhabi_road_map_per_l_islam_indonesianodi Paolo Affatato
<br /><br />Giacarta - "I tentativi di imporre in Indonesia una teocrazia sono falliti. E 'avvenuto almeno in due occasioni, alla metà del '900 e poi negli anni '90. Questo intento non ha avuto alcun supporto dai musulmani indonesiani. Nè lo avrebbe oggi": lo dice in un colloquio con l'Agenzia Fides Ulil Abshar-Abdalla, in Indonesia noto con l'appellativo di "Gus Ulil", studioso e religioso musulmano, esponente della associazione islamica "Nahdlatul Ulama" , in cui è presidente del Lakpesdam, l'Istituto per gli studi e lo sviluppo delle risorse umane. Ulil è impegnato nella Conferenza indonesiana sulla religione e Pace .
<br />Lo studioso parla dell'Islam indonesiano alla vigilia dell'arrivo di Papa Francesco che sarà in Indonesia dal 3 al 6 settembre, prima tappa del suo viaggio in Oriente. "Il nostro è un islam che ha stretti rapporti con la Chiesa cattolica: ci prepariamo ad accogliere il Papa con rispetto, stima e amicizia, nella condivisione di ideali e di una visione, quella della fraternità e della pace fra popoli e religioni", osserva.
<br />Per spiegare l’islam indonesiano oggi, Ulil ritorna alla storia dell'Islam in questa terra, nella terra di 'Nusantara', ovvero 'l'arcipelago', storico nome per l'area che abbraccia l'Indonesia più una parte della regione Sudest asiatico come Malesia, Singapore.<br /><br /> "In quest'area, dopo i primi contatti con l'islam nell'VIII-IX secolo, il processo di islamizzazione iniziò dal XIII secolo in poi. L'Islam, portato dai mercanti arabi, venne accolto da una popolazione ampia in questa terra ed è diventato popolare e poi maggioritario. L'Islam in questa regione ha assunto alcune influenze da culture, usanze e tradizioni di questa terra. C'è stato un processo di adattamento nel contesto culturale locale che, nel suo sviluppo storico, ha creato un certo tipo di Islam. Diciamo oggi 'Islam Nusantara' per descrivere e intendere l'Islam come lo vediamo e lo pratichiamo in questa particolare parte del mondo”.
"Tra le e caratteristiche - riferisce - “citerei la profonda tolleranza verso sistemi di pensiero, sistemi religiosi e culture diversi; la coesistenza pacifica con un gruppi di persone di fede diversa; la capacità di adattarsi alla situazione e al contesto socio-politico-culturale; la moderazione, l’equilibrio".<br />Nell'islam indonesiano, inoltre - continua Ulil Abshar-Abdalla - “il ruolo della donna è piuttosto importante nella vita pubblica e in quella privata. E' stato così per molti secoli che le donne erano fortemente rappresentate nella partecipazione alla vita pubblica".
<br /><br />A livello storico, soprattutto nel rapporto con la politica, "è importante notare che qui non abbiamo nessuna esperienza storica di Califfato come lo si intende in Medio Oriente o Nord Africa. Ovvero non c'è stata, storicamente, una dinastia che deteneva il potere politico e anche il potere religioso. Per questo in Indonesia la nostra transizione dallo Stato tradizionale allo stato moderno è risultata piuttosto agevole, un processo senza conflittualità, a quel livello ".
“I musulmani sono stati profondamente coinvolti nel movimento di indipendenza e nella resistenza contro il potere coloniale olandese. I leader e i movimenti islamici hanno avuto un ruolo-chiave nella resistenza, accanto al movimento nazionalista laico. Se qualcuno crede che solo il movimento laico nazionalista sia stato determinante per l'indipendenza, questa è una percezione sbagliata: il movimento indipendentista coinvolgeva diversi tipi di persone, laici, musulmani comunisti, uomini di ogni ispirazione. I musulmani e le loro organizzazioni hanno lottato per costruire lo stato nazionale”.<br /><br />Gus Ulil non parla di "Stato laico", ma "con una terminologia più appropriata - afferma - si può dire che si lottava per uno Stato nazionale. Che non fu basato sulla religione, ma nemmeno ebbe una fondazione del tutto laica Quindi è come una via di mezzo". Si trovò l'accordo sulla Pancasila, la "Carta dei cinque principi", fondamento del nuovo stato. Questa include il principio della fede in Dio ma ha trovato o comune, un punto di incontro unificante tra diversi blocchi religiosi e politici e culturali, tutti coinvolti nella costruzione di un nuovo stato. Responsabile, nel formulare la Pancasila, fu Sukarno, del blocco nazionalista, ma vorrei fa notare che anch'egli era un devoto musulmano, appartenente al movimento della Muhammadhya. E così, fin dall'inizio, si riconobbe il ruolo pubblico della religione - non di una sola religione - per la comunità civile". <br />Il leader ricorda che “dopo la proclamazione della nostra indipendenza, emerse e di un gruppo che sosteneva la creazione di uno stato islamico, il "Darul Islam".
Il leader Soekarmadji Kartosuwiryo era un compagno di scuola di Sukarno e sviluppò negli anni '40 e '50 l'idea di creare uno Stato islamico. Ma non ebbe sostegno a livello politico né popolare. Fu poi giustiziato negli anni '60". <br />"In tempi recenti - prosegue - un altro tentativo venne portato dalla Jamaah Islamiyah a Indonesia, creata negli anni '90 da Abu Bakar Bashir. Anche questo tentativo è fallito. E poco tempo fa, alla fine di giugno scorso, alti esponenti della Jemaah Islamiyah hanno dichiarato lo scioglimento del gruppo. I leader hanno promesso di non ricorrere più alla violenza e di abbandonare il terrorismo. Usando il linguaggio religioso, si sono pentiti e hanno dichiarato di riabbracciare l'idea dello Stato nazionale dell'Indonesia".
<br />L'Indonesia di oggi, conclude, "sta affrontando questo tipo di sfide. La visione politica cerca di trovare un equilibrio tra il fenomeno della eccessiva secolarizzazione, per cui la società e la cultura possono perdere ogni riferimento a Dio; e l'islamizzazione. Questa via di mezzo è la via che trova supporto oggi. E si manifesta in un piano lanciato dal governo chiamato 'Moderasi beragama', cioè 'Moderazione religiosa', curato dal Ministero per Affari religiosi". "E' un progetto sostenuto dalle organizzazioni come Muammhaduya e NU. Un programma che gode di ampio consenso e che va avanti nelle scuole”.<br /> <br />"La nostra visione, intrisa di comunione spirituale e fratellanza, si esprime in frequenti incontri religiosi. A sancire questa visione c'è la visita in Indonesia di due personaggi che ad Abu Dhabi hanno firmato il 'Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune'. Lo Sceicco di Al-Azhar è giunto qui a luglio, il Papa viene a settembre. Sono visite che vanno nella stessa direzione, quella del dialogo, delle buone relazioni, della tolleranza, della fraternità", rileva.
"Quel documento è una road map per noi. E' molto apprezzato anche in Indonesia, noi diffondiamo quello spirito, organizzando conferenze e seminari di approfondimento, per presentarlo a un pubblico sempre più vasto. Ringrazieremo il Papa per questo. E' un testo da praticare, non solo da leggere". <br />Thu, 29 Aug 2024 22:29:20 +0200VATICANO/UDIENZA GENERALE - Papa Francesco: "Respingere sistematicamente i migranti è peccato grave"https://www.fides.org/it/news/75342-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Respingere_sistematicamente_i_migranti_e_peccato_gravehttps://www.fides.org/it/news/75342-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Respingere_sistematicamente_i_migranti_e_peccato_graveCittà del Vaticano - "Bisogna dirlo con chiarezza: c'è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave". A dirlo è Papa Francesco durante l'Udienza generale del mercoledì. Il Pontefice, sospendendo il ciclo di catechesi sullo Spirito Santo che guida la Chiesa, ai tanti fedeli accorsi in piazza San Pietro, propone una riflessione sul tema “Mare e deserto”, due parole, spiega che "ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli". <br /><br />Dicendo “mare”, sottolinea Francesco, "nel contesto delle migrazioni, intendo anche oceano, lago, fiume, tutte le masse d’acqua insidiose che tanti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo sono costretti ad attraversare per raggiungere la loro meta". E “deserto”, precisa, "non è solo quello di sabbia e dune, o quello roccioso, ma sono pure tutti quei territori impervi e pericolosi, come le foreste, le giungle, le steppe dove i migranti camminano da soli, abbandonati a sé stessi". <br /><br />Del Mediterraneo, prosegue il Vescovo di Roma, "ho parlato tante volte perché è emblematico: il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati". <br /><br />"Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si tratta di morti 'naturali'. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e abbandonati. Nell’epoca dei satelliti e dei droni - ammonisce il Pontefice -, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere: li nascondono. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra civiltà".<br /><br />"Su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato", prosegue il Papa che suggerisce alcune soluzioni: "Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui".<br /><br />Infine, Francesco plaude all’"impegno di tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti. Questi uomini e donne coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva cultura dell’indifferenza e dello scarto: quello che uccide i migranti è la nostra indifferenza". <br /><br />Cita quindi i "tanti bravi che stanno lì in prima linea, la Mediterranea Saving Humans e tante altre associazioni". E conclude: "Noi non possiamo stare in prima linea ma non siamo esclusi; ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera. E a voi domando: voi pregate per i migranti, per questi che vengono nelle nostre terre per salvare la vita? E 'voi' volete cacciarli via".<br /><br />Solo pochi giorni fa una barca a vela promossa dalla Migrantes di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola ha affiancato la nave “Mare Jonio” dell’Associazione Mediterranea Saving Humans. Promosso in collaborazione con la Fondazione Migrantes, il viaggio desiderava raccogliere dati e informazioni sull’azione di monitoraggio, ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo, e documentare anche in questo modo l’efficacia di quanto viene compiuto.<br /><br />Rispondendo agli appelli di Papa Francesco che in occasione della 50ma Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, aveva ricordato che “la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità”, l’iniziativa è stata occasione per ribadire la prossimità della Chiesa a quanti scappano da guerre, violenze e fame, oltre che per ringraziare per la loro competenza, professionalità e umanità la Guardia Costiera italiana e tutte le forze dell’ordine impegnate nelle azioni di salvataggio in mare.<br /><br />Papa Francesco aveva voluto personalmente incoraggiare la missione della “Mare Jonio” e quanti, sempre in coordinamento con le autorità italiane e nel rispetto delle leggi, aiutano a salvare la vita dei migranti.<br /><br />“L’obiettivo di questo viaggio era conoscere e comprendere meglio ciò che avviene nel Mare Nostrum, così da poter avere maggiore consapevolezza e cognizione in vista di una documentazione completa e di una testimonianza autentica. Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa, non si è trattato di una barca della Conferenza Episcopale Italiana, ma del supporto della Fondazione Migrantes all’iniziativa di una Chiesa locale, quella di Fano, per favorire una migliore informazione sul fenomeno migratorio, scevra da pregiudizi e polarizzazioni”, le parole di Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Fondazione Migrantes.<br /><br />Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni dell’Onu, dal 1° gennaio al 17 agosto scorso, sono morte o risultano disperse nel Mediterraneo Centrale oltre 1.000 persone, mentre quasi 14.000 sono state catturate in mare e riportate in Libia, Paese peraltro dichiarato “non sicuro” dall’Onu. Wed, 28 Aug 2024 11:26:11 +0200ASIA/INDONESIA - Quei preti figli di madre musulmana: le famiglie interreligiose, cifra dell’Indonesiahttps://www.fides.org/it/news/75341-ASIA_INDONESIA_Quei_preti_figli_di_madre_musulmana_le_famiglie_interreligiose_cifra_dell_Indonesiahttps://www.fides.org/it/news/75341-ASIA_INDONESIA_Quei_preti_figli_di_madre_musulmana_le_famiglie_interreligiose_cifra_dell_Indonesiadi Paolo Affatato<br /><br />Giacarta – Raccontando della festa per la sua ordinazione episcopale, Ciprianus Hormat, vescovo di Ruteng, sull’isola indonesiana di Flores, accenna quasi en passant alla partecipazione ampia ed entusiasta dei suoi “parenti musulmani”. Segno eloquente di come le famiglie “interreligiose” rappresentino una realtà diffusa e ben presente nella società indonesiana. Una realtà in cui si sperimenta nella vita ordinaria una attitudine a accogliere l'esperienza spirituale dell'altro, qualunque essa sia: anche quando questa riguarda i figli, che possono scegliere una fede diversa da quella della propria famiglia. “Questo avviene anche quando si tratta di rispettare e non ostacolare la vocazione alla vita sacerdotale e religiosa che vien comunque accolta come dono da genitori o familiari che professano l’islam o una fede diversa”, rimarca il Vescovo di Ruteng. “A prevalere sono i legami familiari e, a livello spirituale, c'è profondo rispetto per la fede di ognuno dei parenti, nella consapevolezza che l'armonia è un dono prezioso da preservare", osserva.<br /><br />Un caso esemplare riguarda sacerdoti nati da coppie in cui uno o entrambi i genitori non sono cattolici: le storie di vita di quattro sacerdoti indonesiani provenienti da famiglie interreligiose “mostrano che le differenze non sono barriere, che la vita spirituale è sempre una ricchezza, che il legame familiare è dono di Dio ed è saldo. Una veste talare o e il velo non sono ostacoli all'armonia ma indicatori di fratellanza”, rileva il Vescovo, citando la storia di due religiosi Verbiti, padre Robertus Belarminus Asiyanto e padre Agustin Horowura, entrambi nativi dell’isola di Flores; di don Mayolus Jefrigus Ghoba, di Sumba; di padre Edi Prasetyo prete indonesiano Dehoniano , ordinato prete nella vicina Malaysia con altri confratelli della sua congregazione. <br /><br />A Flores, isola indonesiana nell'Est dell'arcipelago, nella provincia civile di Nusa Tenggara orientale inizia la storia di Robertus Belarminus Asiyanto, che nel 2015, a 31 anni, è stato ordinato sacerdote nel Seminario St. Paul Ledalero, a Maumere. <br />Nell’arcipelago del Sudest asiatico noto per essere il Paese a maggioranza islamica più popoloso al mondo, con oltre 275 milioni di abitanti all'85% musulmani, Flores è considerata “il cuore cattolico dell'Indonesia” in quanto, tra le 17 mila isole, costituisce un’eccezione: è un'isola a maggioranza cattolica dove, su circa 4 milioni di abitanti, i cattolici sono l'80%. Flores è quell'isola in cui i Seminari maggiori e minori traboccano di giovani, e le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono una ricchezza universalmente riconosciuta. Anche Papa Francesco nell'omelia della messa la Giornata della vita consacrata del 2022, ebbe a dire, parlando a braccio che, di fronte alla crisi di vocazioni, si poteva andare "nell'isola dell'Indonesia per trovarne". <br /><br />La madre di Asiyanto, Siti Asiyah, da musulmana ha dato la sua benedizione e il suo sostegno al figlio. Nella celebrazione di ordinazione indossava abiti islamici, incluso l'hijab ed era presente accanto a lui nella processione di ingresso, con gli altri genitori. La donna ha imposto le mani sulla testa del figlio e ha detto di essere davvero felice di vedere suo figlio ordinato sacerdote cattolico. Quel giorno tutti i presenti hanno applaudito il suo gesto e la sua affermazione pubblica, pronunciata con commozione mentre assisteva ai riti di ordinazione. Asiyanto è cattolico da quando era bambino, con il consenso di entrambi i genitori. Con un forte desiderio di perseguire la sua vocazione sacerdotale, si è recato al Seminario dei Verbiti e ha chiesto la benedizione di sua madre. Lei ha detto: “segui il tuo cuore". Una mamma che ha allevato il figlio tenendo ben presente “il dono più grande, la libertà di diventare prete", dice oggi p. Roberto.<br /><br />Padre Agustin Horowura, trentenne prete e missionario indonesiano, appartiene anch’egli alla Società del Verbo Divino e oggi è parroco in Brasile. Anche la sua vocazione inizia da Flores ed è cresciuta nel Seminario dei padri verbiti nella diocesi di Maumere . Fin da ragazzo, ha avvertito il desiderio di "appartenere tutto a Dio". Lo ha detto a suo padre, cattolico, e a sua madre, musulmana. E la donna, fin dall'infanzia del piccolo lo ha accompagnato nella parrocchia cattolica per frequentare il catechismo, assecondando la sua richiesta di seguire la preparazione alla prima comunione e poi alla cresima. Non ha esitato, poi, a concordare con il rettore il suo ingresso in Seminario: Agustin voleva essere un prete.<br />Dopo un cammino in cui i genitori lo hanno sempre supportato, il giorno della sua ordinazione sacerdotale la famiglia di Agustin, zii e zie cattoliche, nonni, parenti e amici musulmani, si è riunita condividendo la gioia per una scelta di vita che è considerata un prezioso dono per tutti, cristiani o musulmani, perché “in Indonesia la presenza di famiglie con membri che professano fedi diverse è vissuta con grande naturalezza, senza alcun pregiudizio o senza che questo rappresenti un problema”, dice oggi il parroco, ringraziando “ mio padre, mia madre, tutti i familiari cattolici e musulmani: il loro sostegno ha rafforzato i miei passi". Oggi prova “immensa gioia nel ripensare alla mia ordinazione sacerdotale perchè vedo la mia famiglia unita e tutti i parenti musulmani che hanno voluto partecipare e gioire con me, in chiesa e alla festa”.<br /><br />Anche nell’isola di Sumba, una delle Piccole Isole della Sonda, don Frederikus Mayolus Jefrigus Ghoba riferisce della “atmosfera di comunione spirituale condivisa con i suoi parenti musulmani quando è stato ordinato sacerdote nella cattedrale di Waitabula”. Il forte legame umano e spirituale, dice, dura tuttora e si va rafforzando con il passare degli anni.<br /><br />Padre Edi Prasetyo SCJ, sacerdote cattolico della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù ricorda con commozione l’abbraccio con sua nonna, musulmana fervente, presente alla sua messa di ordinazione tenutasi in Malaysia con altri confratelli nel 2019 e racconta: “Tutti i membri della famiglia allargata e i parenti delle famiglie di entrambi i genitori, cristiani e musulmani, erano presenti a quelle celebrazione e a tante altre, con immensa gioia di tutti”. <br /><br />Famiglie islamo-cristiane si ritrovano disseminate nel Paese. Nell’isola di Sumatra, dove la situazione sociale e religiosa è ben diversa rispetto a Flores e i cristiani sono una esigua minoranza, ha destato attenzione e offerto un esempio di convivenza e di profondo amore la storia di due sorelle gemelle che hanno intrapreso due percorsi differenti: una è devota musulmana, segue le pratiche della sua fede e partecipa al pellegrinaggio alla Mecca; l’altra, suor Tarcisiana M., è cattolica ed è entrata nella congregazione religiosa delle nelle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore a Merauke, nella Papua indonesiana, dove opera in un orfanotrofio. Entrambe hanno un amore viscerale l’una per l’altra, vivono buoni rapporti nella loro famiglia che continua a essere il luogo accogliente ove tornano per vivere l’amore vicendevole, nel profondo rispetto della diversa fede.<br /><br />Anche sull’isola di Giava vi sono esempi illuminanti: il signor Budi e la signora Rosa vivono a Cibinong, nella provincia di Giava occidentale. Ogni giorno il marito gestisce l'attività di famiglia, che consiste nel vendere polli ai mercati e ai ristoranti. Lui e la moglie aderiscono alle credenze confuciane. Hanno tre figli: il più grande, Cakra, ha 35 anni ed è sposato con Rena, anche lei 35enne: costoro hanno due figli e professano la fede cristiana. La seconda figlia di Budi e Rosa, Kristin è sposata con Karam, hanno un figlio e seguono l'Islam. Tara , la terza figlia, è sposata con Rudi: i coniugi hanno un figlio e sono cattolici. <br />Budi e Rosa accettano serenamente le diverse fedi dei loro figli. Quando si celebra una festa religiosa, le famiglie dei parenti si uniscono con congratulazioni e festeggiamenti condivisi. Le differenze religiose non ostacolano armoniosi legami familiari. Questo hanno insegnato ai loro figli Rosa e Budi. Questo spirito vivono nella grande famiglia interreligiosa. <br />Wed, 28 Aug 2024 17:15:17 +0200ASIA/CINA - Il Governo cinese riconosce il Vescovo di Tianjin, Melchiorre Shi Hongzhenhttps://www.fides.org/it/news/75340-ASIA_CINA_Il_Governo_cinese_riconosce_il_Vescovo_di_Tianjin_Melchiorre_Shi_Hongzhenhttps://www.fides.org/it/news/75340-ASIA_CINA_Il_Governo_cinese_riconosce_il_Vescovo_di_Tianjin_Melchiorre_Shi_HongzhenPechino – “La Santa Sede apprende con soddisfazione” che nella giornata di oggi, 27 agosto 2024, “S.E. Mons. Melchiorre Shi Hongzhen viene ufficialmente riconosciuto agli effetti dell’ordinamento civile come Vescovo di Tianjin ” dal Governo cinese. È quanto si legge in un breve comunicato diffuso nella tarda mattinata dalla Sala Stampa vaticana.<br /><br />Il presule, di quasi 95 anni, è nato il 7 ottobre 1929. È stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1954 e consacrato Vescovo Coadiutore di Tianjin il 15 giugno 1982, succedendo poi al vescovo Stefano Li Side l’8 giugno 2019. Oggi il riconoscimento ufficiale da parte del Governo cinese. “Tale provvedimento – precisa ll Comunicato diffuso dalla Sala Stampa vaticana – costituisce un frutto positivo del dialogo instaurato negli anni tra la Santa Sede e il Governo cinese”.<br /><br />Il riconoscimento ufficiale è avvenuto durante un cerimonia svoltasi oggi a Tianjin. All’evento era presente anche il Vescovo di Pechino, Giuseppe Li Shan.<br /><br />Il vescovo Shi Hongzhen, durante la cerimonia, ha dichiarato di voler essere fedele ai comandamenti di Dio e rispettare la legge cinese, per diffondere il Vangelo e favorire l'unità del popolo cinese nell'armonia, insieme ai sacerdoti e ai battezzati di Tianjin. <br /><br />All'evento hanno partecipato complessivamente un centinaio di persone, compresi più di 30 sacerdoti e circa 20 suore. <br /><br />Ad oggi - riferisce il comunicato della Santa Sede - la Diocesi di Tianjin conta circa 56.000 fedeli, distribuiti in 21 parrocchie, servite da 62 sacerdoti e un buon numero di religiose. <br />Tue, 27 Aug 2024 12:25:58 +0200ASIA/INDONESIA - Un gesuita: "La presenza di Papa Francesco in Indonesia pone al centro del dibattito pubblico alcuni temi-chiave: dialogo, giustizia, cura dell'ambiente, pace, etica politica"https://www.fides.org/it/news/75338-ASIA_INDONESIA_Un_gesuita_La_presenza_di_Papa_Francesco_in_Indonesia_pone_al_centro_del_dibattito_pubblico_alcuni_temi_chiave_dialogo_giustizia_cura_dell_ambiente_pace_etica_politicahttps://www.fides.org/it/news/75338-ASIA_INDONESIA_Un_gesuita_La_presenza_di_Papa_Francesco_in_Indonesia_pone_al_centro_del_dibattito_pubblico_alcuni_temi_chiave_dialogo_giustizia_cura_dell_ambiente_pace_etica_politicaGiacarta - "La visita di Papa Francesco in Indonesia costituirà una preziosa opportunità per focalizzare l'opinione pubblica e il dibattito nazionale, orientato da giornalisti, intellettuali ed esperti, su alcuni temi-chiave come: il dialogo interreligioso, la giustizia sociale, la cura dell'ambiente, la pace, l'etica politica", dice all'Agenzia Fides il 79enne gesuita indonesiano Ignazio Ismartono, per anni responsabile della Commissione "Giustizia e pace" nella Conferenza Episcopale dell'Indonesia, oggi impegnato come direttore della Ong “Sahabat Insan” , organizzazione umanitaria con sede a Giacarta, riconosciuta dalla Chiesa e dallo stato, che si prende cura dei migranti e delle vittime della tratta di esseri umani. "Esplorando questi temi, si potrà arricchire il dibattito pubblico, approfondire la comprensione di questioni cruciali, fornire prospettive nuove, ispirate dalla presenza di Papa Francesco in Indonesia, che porta essenzialmente un messaggio evangelico", auspica il religioso.<br />Il primo tema che sarà importante, ed è un tratto distintivo dell'Indonesia, afferma p. Ismartono, è "il dialogo interreligioso e l'armonia tra comunità religiose. L'Indonesia è nota per il suo pluralismo religioso e la visita di Papa Francesco è sicuramente un'opportunità per discutere delle forme e delle vie di dialogo interreligioso, di tolleranza religiosa e promozione dell'armonia tra diverse comunità di fede, in questa parte del mondo e anche a livello internazionale", rileva.<br />Un secondo tema-chiave è quello della giustizia sociale e delle disuguaglianze: "Papa Francesco , nel suo magistero, ha messo un accento sulla difesa della giustizia sociale, sulla riduzione della povertà e sull'urgenza di affrontare le disuguaglianze economiche, come detto anche in vista dell'Anno giubilare. Questi temi risuonano e risultano cruciali nel contesto socioeconomico dell'Indonesia: come società civile come nazione tutta, dovremmo affrontarli con serietà", dice.<br />Non si può dimenticare, afferma, la tutela dell'ambiente: "Con l'enciclica Laudato si', il Papa si è espresso apertamente sui problemi ambientali e sui cambiamenti climatici. E' tempo di prenderne atto anche nella nostra nazione. Data la diversità ecologica e le sfide ambientali dell'Indonesia, speriamo che il dibattito pubblico possa anche incentrarsi sull'impegno per lo sviluppo sostenibile e sull'impatto del cambiamento climatico, temi da affrontare per il bene comune della società".<br />La presenza del Papa, d'altro canto, metterà in luce "la necessità di un leadership politica basata sull'etica: "Lo stile di guida e i principi etici di Papa Francesco - nota - possono ispirare costituire un modello nel nostro panorama politico, per la governance dell'Indonesia. Di fronte al problema della corruzione tantopiù abbiamo bisogno di leader che abbiano una base morale salda, affinché possano plasmare le politiche nazionali secondo i valori di rispetto della dignità umana e dei diritti umani, di attenzione ai più vulnerabili".<br />Padre Ismartono ricorda che il Papa porta anche un carico di diplomazia orientata alla pace: "La sua presenza sottolinea l'intersezione tra diplomazia globale e influenza religiosa: la sua visita ha implicazioni feconde per le relazioni internazionali. Si può pensare all'immagine dell'Indonesia e al suo ruolo nella diplomazia, ad esempio nel quadrante del Sudest asiatico, anche attraverso il contributo dei capi religiosi" rileva. In questo senso - prosegue - "si potrà esplorare e approfondire lo scambio culturale tra il Vaticano e l'Indonesia, evidenziando le possibilità e i campi per la collaborazione nei vari consessi internazionali". <br />Per tutte queste ragioni, auspica il gesuita, "la visita di Francesco avrà non solo un impatto a breve termine, ma avrà anche implicazioni a lungo termine. Speriamo e crediamo che possa realmente influenzare positivamente il discorso pubblico, il dibattito sui mass-media, il pensiero dell'opinione pubblica, i valori sociali, l'azione della politica in Indonesia".<br /> Tue, 27 Aug 2024 09:26:49 +0200AFRICA/CONGO RD - Varata nell’est della RDC una piattaforma per la pace animata da donne di diverse fedihttps://www.fides.org/it/news/75339-AFRICA_CONGO_RD_Varata_nell_est_della_RDC_una_piattaforma_per_la_pace_animata_da_donne_di_diverse_fedihttps://www.fides.org/it/news/75339-AFRICA_CONGO_RD_Varata_nell_est_della_RDC_una_piattaforma_per_la_pace_animata_da_donne_di_diverse_fediKinshasa – Una piattaforma “dinamica donne e pace” è stata creata nel Nord Kivu, Sud Kivu e Maniema, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Secondo quanto comunicato all’Agenzia Fides la creazione della nuova realtà è stata decisa nel corso del seminario organizzato dal 21 al 23 agosto dalla Commissione interdiocesana Giustizia e Pace di Bukavu. Scopo dell’incontro è “il rafforzamento della coesione sociale e della convivenza delle donne di diverse fedi religiose nella provincia ecclesiastica di Bukavu”.<br />La piattaforma riunisce donne di diverse confessioni religiose delle tre provincie dell’est della RDC, al fine di “indurre una forte partecipazione delle donne nella ricerca di soluzioni alle sfide della coesione sociale”.<br />A tal fine le fondatrici della piattaforma incoraggiano “le donne di diverse confessioni religiose ad apportare il proprio contributo alla pace in quanto madri, educatrici e guardiane della vita”.<br />Invitano inoltre le popolazioni locali alla solidarietà con gli sfollati interni del Nord Kivu, e a “resistere alle manipolazioni che conducono alla violenza al fine di non cadere nella trappola di chi vuole continuare a seminare il caos e sfruttare la RDC”.<br />Le tre provincie della parte orientale della RDC vivono de decenni nell’instabilità causata dalla presenza di centinaia di gruppi armati, locali e di origine straniera. Nel Nord Kivu opera principalmente l’M23, un gruppo ben organizzato e armato, appoggiato dal Ruanda, che secondo inchieste dell’Onu ha dispiegato pure propri militari in territorio congolese. Tra Nord Kivu e Ituri imperversano pure i jihadisti di origine ugandese delle ADF che hanno aderito allo Stato Islamico. Poi vi sono diversi altri gruppi armati, a base etnica, o di “autodifesa”, che contribuiscono ad accrescere l’insicurezza del Nord Kivu.<br />Nel Sud Kivu operano almeno una cinquantina di gruppi armati locali e stranieri . I territori che risentono di più della loro presenza sono quelli di Uvira e di Fizi-itombwe.<br />Nella provincia di Maniema sono segnalati una ventina di gruppi armati locali. <br />In totale nelle cinque provincie orientali della RDC vi sono almeno 266 gruppi armati secondo un calcolo effettuato nel 2023 dal coordinatore del programma di disarmo, smobilitazione, recupero e stabilizzazione della comunità .<br />La loro presenza è alimentata dai traffici delle enormi ricchezze di questi territorio sfruttate illegalmente in assenza di un effettivo controllo del territorio da parte dello Stato congolese . <br />Tue, 27 Aug 2024 11:42:25 +0200Il Papa in Asia e Oceania. Cardinale Tagle: le Chiese piccole possono farci scuolahttps://www.fides.org/it/news/75337-Il_Papa_in_Asia_e_Oceania_Cardinale_Tagle_le_Chiese_piccole_possono_farci_scuolahttps://www.fides.org/it/news/75337-Il_Papa_in_Asia_e_Oceania_Cardinale_Tagle_le_Chiese_piccole_possono_farci_scuoladi Gianni Valente e Fabio Beretta<br /> <br />Roma - Quattro nazioni in due Continenti, per un totale di quasi 40mila chilometri da percorrere. L’aereo papale decollerà dall’aeroporto di Fiumicino il 2 settembre, e inizierà per Papa Francesco la visita apostolica più lunga e impegnativa, sospesa tra Asia e Oceania. Ma il Vescovo di Roma non si allontana dalla sua diocesi per battere record. Il suo – suggerisce il Cardinale Luis Antonio Gokim Tagle – è piuttosto “un atto di umiltà davanti al Signore che ci chiama”. Un “atto di obbedienza alla missione”.<br /> <br />Mentre si avvicina il viaggio che porterà Papa Francesco in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore, il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione – , in una conversazione con l’Agenzia Fides, Suggerisce anche perché il viaggio del Successore di Pietro tra le Chiese dei “piccoli greggi” è importante per tutta la Chiesa universale, e può interessare tutti coloro che hanno a cuore la pace nel mondo.<br /><br /> <br />A quasi 88 anni Papa Francesco sta per compiere il viaggio più lungo e faticoso del Suo pontificato. Cosa lo muove nell’abbracciare questo “tour de force”?<br /> <br />LUIS ANTONIO TAGLE: “Ricordo che in realtà questo viaggio in Asia e Oceania era in programma già nel 2020. Ero appena arrivato a Roma, alla Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli, e ricordo che c’era già questo progetto. Poi la pandemia di Covid-19 ha bloccato tutto. E mi ha molto sorpreso che il Santo Padre abbia ripreso in mano questo progetto. È un segno della sua vicinanza paterna a quelle che lui chiama ‘periferie esistenziali’. Dico la verità: io sono meno vecchio del Papa, e sperimento che questi lunghi viaggi sono pesanti. Per lui, abbracciare anche questa fatica è un atto di umiltà. Non è uno show per mostrare ciò di cui si è ancora capaci. Da testimone, dico che è un atto di umiltà davanti al Signore che ci chiama. Un atto di umiltà e di obbedienza alla missione.<br /> <br /> <br />Alcuni ripetono: Anche questo viaggio conferma che il Papa preferisce l’Oriente e trascura l’Occidente…<br /> <br />CARDINALE TAGLE: Questa idea di considerare le visite apostoliche come un segno che il Santo Padre “preferisce” un Continente o una parte del mondo o disprezza altre parti è una falsa interpretazione dei viaggi papali. Dopo questo viaggio, a fine settembre, il Papa ha in programma di visitare Lussemburgo e Belgio. Ha visitato tanti Paesi anche in tante regioni dell’Europa. Mi sembra che, con questi viaggi, vuole incoraggiare i cattolici in tutti i contesti in cui si trovano. E inoltre conviene tener presente che in queste aree del mondo vive la gran parte dell’umanità. In Asia sono presenti i due terzi della popolazione mondiale. La maggioranza di queste persone sono poveri. E tanti battesimi ci sono proprio tra i poveri. Papa Francesco sa che lì ci sono tanti poveri, e tra i poveri c’è questa attrazione verso la persona di Gesù e per il Vangelo, anche in mezzo a guerre, persecuzioni e conflitti.<br /> <br /> <br />Altri sottolineano che i cristiani, in molti Paesi visitati dal Papa, sono in numero esiguo rispetto alla popolazione.<br /> <br />CARDINALE TAGLE: Il Papa, prima di compiere i viaggi, ha ricevuto gli inviti non solo delle Chiese locali ma anche delle autorità civili e dei capi politici che hanno chiesto formalmente la presenza del Vescovo di Roma nel proprio Paese. Vogliono la presenza del Papa non solo per motivi di fede, ma anche per ragioni che interessano le autorità civili. Per loro il Papa rimane un simbolo potente per la convivenza umana in spirito di fratellanza e per la cura del Creato.<br /><br /><br />Lei, come pastore appartenente alla Chiesa delle Filippine e poi Cardinale del Dicastero missionario, quali esperienze e incontri ha avuto con i Paesi e le Chiese che il Papa visiterà nei prossimi giorni?<br /> <br />CARDINALE TAGLE: In Papua Nuova Guinea ho fatto la visita apostolica ai Seminari su richiesta del Cardinale Ivan Dias, che allora era il Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide. Compii due viaggi in due mesi, visitando i Seminari di Papa Nuova Guinea e Isole Salomone. Ho visitato anche l’Indonesia e Singapore, ma non sono mai stato a Timor Est, anche se ho incontrato tante volte vescovi, sacerdoti, religiosi e laici di quel Paese. Per me L’Asia è “mondo composto da diversi mondi”, e da asiatico vedo che i viaggi in Asia aprono mente e cuore su vasti orizzonti di umanità, di esperienza umana. Anche il cristianesimo si incarna in Asia in modi per me sorprendenti. Io imparo tanto della saggezza e della creatività dello Spirito Santo. Mi sorprendo sempre delle vie con cui il Vangelo si esprime e si incarna in mezzo ai diversi contesti umani. Il mio auspicio è che il Papa, e anche tutti noi del seguito papale e anche i giornalisti possano avere questa esperienza nuova, l’esperienza della creatività dello Spirito Santo. <br /><br /> <br />Quali sono i doni e i punti di conforto che le comunità ecclesiali visitate dal Papa nel prossimo viaggio possono offrire a tutta la Chiesa?<br /> <br />CARDINALE TAGLE: In quei Paesi, le comunità cristiane sono quasi dovunque una minoranza, un “piccolo gregge”. In luoghi come l’Europa, la Chiesa gode comunque di un certo “status” culturale, sociale e anche civile di rispetto. Ma anche in molti Paesi d’Occidente torniamo a questa esperienza di Chiesa come piccolo gregge. E può far bene guardare a Chiese di molti Paesi d’Oriente per vedere come ci si comporta quando si è in una condizione, in uno stato di piccolezza. L'esperienza dei primi Apostoli, dei discepoli di Gesù, si ripete tante volte in questi Paesi. Un parroco in Nepal mi ha raccontato che il territorio della sua parrocchia è grande come un terzo dell’Italia: lui ha solo 5 parrocchiani dispersi in quel grande territorio. Siamo nel 2024, ma il contesto e l’esperienza appare come quella degli Atti di Apostoli. E le Chiese piccole che vivono in Oriente possono farci scuola.<br /> <br /> <br />La prima tappa del Viaggio papale è l’Indonesia, il Paese con la popolazione musulmana più numerosa del mondo.<br /> <br />CARDINALE TAGLE: L’Indonesia è una nazione- arcipelago, e c’è un’enorme diversità di situazioni sul piano culturale, linguistico, economico e sociale. È anche il Paese del mondo col maggior numero di abitanti di religione musulmana. E il grande dono dello Spirito Santo alla comunità cattolica indonesiana è quello della convivenza che non nega la diversità. La visita del Papa spero che potrà portare nuovo impulso alla fratellanza fra credenti delle diverse religioni.<br /> <br /><br />Lei ha potuto sperimentare nelle sue visite i segni concreti di questa convivenza fraterna?<br /> <br />CARDINALE TAGLE: Mi hanno raccontato che il terreno dove sorge l’Università cattolica è dono del primo Presidente. Un messaggio forte, per mostrare che nel popolo indonesiano tutti sono accettati come fratelli e sorelle. Ricordo anche di quando partecipai alla Giornata dei Giovani in Asia. Dato il basso numero di cristiani, tra i volontari coinvolti nell’organizzazione c’erano anche molti giovani musulmani. La Conferenza Episcopale mi diede due assistenti, entrambi musulmani, che vidi svolgere i loro compiti con grande riverenza per la Chiesa.<br /> <br /> <br />Seconda tappa: Papua Nuova Guinea.<br /> <br />CARDINALE TAGLE: La Chiesa in Papua Nuova Guinea è una Chiesa giovane, ma ha già donato alla Chiesa universale un martire, Peter To Rot, che era anche catechista. Anche la Papua Nuova Guinea è un Paese multiculturale, con varie tribù che ogni tanto vanno in conflitto fra di loro. Ma è un Paese dove la diversità può essere una ricchezza. Se sospendiamo i nostri preconcetti, anche nelle culture tribali possiamo trovare valori umani vicini agli ideali cristiani. E poi in Papua Nuova Guinea ci sono posti dove la natura è incontaminata. Due anni fa sono stato lì per la consacrazione di una nuova Cattedrale. Ho chiesto al Vescovo dell’acqua, e lui mi dice: “Possiamo bere l’acqua del fiume, è potabile”. Grazie alla loro saggezza tribale sono riusciti a conservare l’armonia con la natura e possono bere direttamente dal fiume. Una cosa che noi nei cosiddetti Paesi sviluppati non abbiamo più.<br /> <br /><br />Terza tappa: Timor Est.<br /> <br />CARDINALE TAGLE: È significativo che il Papa tocchi l’Indonesia e poi Timor Leste. Due Paesi che hanno una storia di lotte e che ora sono in pace. Una pace fragile, ma grazie a entrambi appare duratura. Lì il rapporto tra la Chiesa locale e il governo è molto buono. Il governo locale sostiene anche i servizi educativi legati alla Chiesa. E mi sembra che proprio la Chiesa sia stata uno dei punti di riferimento per la popolazione durante la guerra per l’indipendenza. La gente di Timor Leste dichiara che la loro fede in Cristo li ha sostenuti durante gli anni di lotta per l’indipendenza.<br /> <br /> <br />Quarta tappa, Singapore.<br /><br />CARDINALE TAGLE: È uno dei Paesi più ricchi del mondo, ed è una meraviglia vedere un popolo che ha raggiunto un tale livello di professionalità e avanguardia tecnologica in pochi anni e con risorse limitate, grazie anche al senso di disciplina. Il governo di Singapore garantisce a tutte le comunità di credenti libertà e le protegge da attacchi e atti irrispettosi. Le offese contro le religioni vengono punite con severità. Le persone vivono in sicurezza, e anche i turisti. Ma occorre equilibrio. La storia ci insegna a prestare attenzione affinché l’applicazione delle leggi non finisca per contraddire gli stessi valori che le leggi dovrebbero proteggere.<br /> <br /><br />Anche in quei Paesi - soprattutto in Papua Nuova Guinea -l’opera apostolica è punteggiata da storie di missionari martiri. Ma a volte si continua a presentare l’opera dei missionari solo come espressione di colonialismo culturale e politico.<br /> <br />CARDINALE TAGLE: Adesso c’è questa tendenza e questa tentazione di leggere la storia, specialmente la storia delle missioni, con gli schemi culturali di oggi e di imporre ai missionari vissuti secoli fa le nostre visioni. Invece bisogna leggere la storia attentamente. I missionari sono un dono per la Chiesa. Obbediscono a Cristo stesso che ha detto ai suoi di andare fino ai confini della terra per annunciare il Vangelo, promettendo che lui sarebbe stato sempre con loro. A volte alcuni leader delle nazioni hanno portato i missionari in diversi posti durante i processi di colonizzazione. Ma quei missionari si sono mossi per evangelizzare, non per essere manipolati e usati dai colonizzatori. Tanti preti, missionari, religiosi, hanno agito in contrasto con le strategie del proprio governo, e sono stati martirizzati.<br /> <br /> <br />Quale è il misterioso legame che unisce sempre martirio e missione?<br /> <br />CARDINALE TAGLE: Due anni fa venne pubblicato uno studio sulla libertà religiosa. C’era un dato evidente: in quei Paesi dove c’erano intimidazioni e persecuzioni, il numero dei battesimi era in aumento. Dove c’è la possibilità reale del martirio la fede si propaga. E anche chi non è credente si domanda: ma da dove arriva tutta questa forza, che li porta a offrire la vita? È il Vangelo in atto. E il nostro scopo, anche per il Dicastero per l’Evangelizzazione, è aiutare le Chiese locali, non imporre una forma mentis o una cultura diversa dalla loro. Tue, 27 Aug 2024 13:23:31 +0200EUROPA/RUSSIA - Chiesa ortodossa legata a Mosca "bandita" in Ucraina: reazioni e sviluppihttps://www.fides.org/it/news/75334-EUROPA_RUSSIA_Chiesa_ortodossa_legata_a_Mosca_bandita_in_Ucraina_reazioni_e_sviluppihttps://www.fides.org/it/news/75334-EUROPA_RUSSIA_Chiesa_ortodossa_legata_a_Mosca_bandita_in_Ucraina_reazioni_e_sviluppidi Chiara Dommarco<br /><br />Mosca − A seguito dell’approvazione da parte della Verchovna Rada di Kiev del Disegno di legge 8371 “Sulla protezione dell’ordine costituzionale nell’ambito delle attività delle organizzazioni religiose”, la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca si è espressa contro il testo legislativo ucraino tramite due documenti ufficiali.<br />La legge, passata il 20 agosto in seconda lettura presso il Parlamento monocamerale dell’Ucraina, proibisce l’esistenza in territorio ucraino della Chiesa ortodossa ucraina , formalmente legata al Patriarcato di Mosca, e di tutte le organizzazioni internazionali ad essa affiliate . Il Presidente Volodymyr Zelens’kyj, più volte espressosi a favore del DDL 8371, ha firmato la legge il 24 agosto. <br />Il primo documento emanato dal Patriarcato di Mosca è stato il comunicato del Santo Sinodo, pubblicato il 22 agosto, in cui si legge: “Tra il 2014 e il 2023 il Santo Sinodo della Chiesa russa ha ripetutamente rilevato la pressione cui era sottoposta la Chiesa ortodossa ucraina, pressione che presenta indubbi tratti di politica statale antireligiosa. Nonostante il fatto che molti esperti e organizzazioni per i diritti umani in Occidente abbiano riconosciuto le violazioni dei diritti dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, ciò non ha rappresentato un ostacolo all’adozione di un progetto di legge che distrugge l’idea stessa di libertà di coscienza e i diritti umani fondamentali“.<br />Dello stesso tenore la lettera del 24 agosto che il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill ha indirizzato a diversi capi di comunità cristiane, tra cui Papa Francesco, e diplomatici, come il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, il Segretario generale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Helga Maria Schmid, e l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk. In un passaggio della missiva il Patriarca ha dichiarato: “Le palesi contraddizioni delle disposizioni di tale legge con le norme della Costituzione ucraina, con gli accordi internazionali, con i diritti umani e con i principi fondamentali del diritto sono state ripetutamente constatate nei documenti delle principali organizzazioni per i diritti umani. La politica antiecclesiale delle autorità ucraine è stata criticata dalla comunità internazionale per molti anni. Il Patriarcato di Mosca ha ripetutamente testimoniato la situazione dei credenti ucraini e la persecuzione lanciata contro di loro”.<br />Al termine dell’Angelus del 25 agosto, Papa Francesco si è espresso nettamente a favore della tutela di ogni Chiesa particolare, esprimendo preoccupazione dopo l’approvazione del DDL 8371: “Continuo a seguire con dolore i combattimenti in Ucraina e nella Federazione Russa – ha dichiarato il Pontefice −, e pensando alle norme di legge adottate di recente in Ucraina, mi sorge un timore per la libertà di chi prega, perché chi prega veramente prega sempre per tutti. Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana. Le Chiese non si toccano!”.<br />Già a seguito dell’approvazione in prima lettura da parte della Verchovna Rada della legge sull’abolizione dell’UOC in territorio ucraino, avvenuta il 19 ottobre 2023, l’Alto commissario Türk aveva espresso preoccupazione circa la compatibilità del testo del DDL 8371 con il rispetto dei diritti umani fondamentali. <br />In questi giorni è in visita a Kiev una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, composta da tre rappresentanti di origini ucraine: il metropolita Ilarion , arcivescovo di Winnipeg e primate della Chiesa ortodossa ucraina del Canada, il metropolita Job di Pissidia e il diacono patriarcale Epiphanios . Secondo quanto dichiarato dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, la visita si svolge in occasione del 33° anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina e prevede per la delegazione diversi incontri con autorità civili e religiose. Nella giornata del 22 agosto la delegazione ha incontrato il metropolita Epifanìj , primate della Chiesa ortodossa d’Ucraina , ed altri rappresentanti dell’OCU, e, successivamente, il metropolita Onufrij , a capo dell’UOC, ed altri rappresentanti dell’UOC. Il 23 agosto, invece, ha avuto luogo l’incontro con l’arcivescovo maggiore Svjatoslav Ševčuk, a guida della Chiesa greco-cattolica ucraina, e, successivamente, quello con il primate della Chiesa ortodossa ucraina di Kiev, Filaret , confluita nel 2019 nell’OCU.<br />Come riportato da AgenSIR, l'arcivescovo Šcevčuk, all'indomani della votazione della Rada, si è detto favorevole all'adozione della legge, pur sottolineando che la Chiesa greco-cattolica ucraina non ha preso parte alla stesura del testo. <br />Mon, 26 Aug 2024 10:11:12 +0200AFRICA/NIGERIA - Liberati i 20 studenti rapiti il 15 agostohttps://www.fides.org/it/news/75336-AFRICA_NIGERIA_Liberati_i_20_studenti_rapiti_il_15_agostohttps://www.fides.org/it/news/75336-AFRICA_NIGERIA_Liberati_i_20_studenti_rapiti_il_15_agostoAbuja – “Dopo 8 giorni di calvario i 20 nostri colleghi sono di nuovo con noi e con le loro famiglie” afferma il comunicato del FECAMDS che ha annunciato la liberazione dei 20 studenti aderenti alla federazione che erano stati rapiti il 15 agosto .<br />Gli studenti sono stati liberati il 23 agosto nella foresta di Ntunkon, nello stato di Benue. Nel ringraziare coloro che hanno pregato per gli ostaggi e le autorità di polizia, la FECAMDS sottolinea che “come studenti cattolici di medicina siamo impegnati a servire l’umanità con compassione, dedizione ed empatia. A dispetto della nostra dedizione a offrire cure mediche di qualità, gli operatori sanitari continuano a essere sottoposti a violenza, come evidenziato dai casi attuali di rapimenti di dottori. Chiediamo al governo e al Paese di riconoscere il valore del nostro contributo e di assicurare la nostra sicurezza e il nostro benessere”.<br />Gli studenti di medicina erano rapiti il 15 agosto nello Stato di Benue, nel centro est della Nigeria, mentre si stavano recando al congresso nazionale annuale della FECAMDS. <br />Mon, 26 Aug 2024 11:35:34 +0200AFRICA/NIGERIA - “La Nigeria è seduta su una bomba ad orologeria” afferma il Presidente della Conferenza Episcopalehttps://www.fides.org/it/news/75335-AFRICA_NIGERIA_La_Nigeria_e_seduta_su_una_bomba_ad_orologeria_afferma_il_Presidente_della_Conferenza_Episcopalehttps://www.fides.org/it/news/75335-AFRICA_NIGERIA_La_Nigeria_e_seduta_su_una_bomba_ad_orologeria_afferma_il_Presidente_della_Conferenza_EpiscopaleAbuja – “La Nigeria è seduta su una bomba ad orologeria”. È l’allarme lanciato da Lucius Ugorji, Arcivescovo di Owerri, Presidente della Conferenza Episcopale nigeriana , nel suo discorso di apertura della seconda Assemblea Plenaria della CBCN, ad Auchi, nello Stato di Edo.<br />Facendo riferimento alle recenti proteste dei giovani per la politica economica del Presidente Bola Tinubu, Mons. Ugorji, ha affermato di aspettarsi ulteriori manifestazioni se non si interviene per venire incontro alle loro richieste. “Finché la nazione sarà afflitta da povertà, sofferenza e corruzione, e finché il futuro dei giovani nella nostra nazione rimarrà lugubre, continueremo a sperimentare proteste”. <br />Il Presidente della CBCN ha quindi criticato la risposta del governo federale e in particolare di “alcuni funzionari governativi che invece di affrontare il male, sono impegnati a scaricare le responsabilità e a cercare un capro espiatorio”. “Siamo in effetti seduti su una bomba a orologeria mentre gli agenti di sicurezza cercano di reprimere i partecipanti alla protesta e i loro sostenitori con accuse inventate” ha avvertito. “Ciò solleva preoccupazioni sul fatto che stiano cercando di privare i cittadini dei loro diritti democratici e delle loro libertà di protestare o di dare l'impressione che nel Paese vada tutto bene e che non ci fosse davvero alcun bisogno di protestare. Questo è delirante e condannabile". Mons. ha Ugorji invitato il Presidente Tinubu a rivedere le sue politiche economiche sottolineando che i nigeriani stanno soffrendo a cause di queste.<br />Il movimento di protesta #EndBadGovernance aveva proclamato 10 giorni di dimostrazioni e di scioperi in tutta la Nigeria dal 1 al 10 agosto ). Le proteste sono degenerate in violenze sia per l’infiltrazione tra i dimostranti pacifici di elementi delinquenziali sia per la brutale reazione della polizia che ha portato alla morte di almeno una ventina di persone, oltre all’arresto di più di un migliaio di manifestanti. Le violenze maggiori si sono verificate negli Stati del Nord. A Kano, dove circa 873 sospettati sono stati arrestati dalla polizia, teppisti travestiti da manifestanti hanno assalito e vandalizzato uffici governativi e saccheggiato proprietà private. Alcuni di loro sono stati anche sorpresi a sventolare bandiere russe mentre chiedevano l’instaurazione di un governo militare in Nigeria. Un chiaro riferimento alle giunte militari golpiste vicine a Mosca, che si sono insediate in Mali, Burkina Faso e Niger.<br />Secondo la stampa nigeriana nuove proteste sono previste per ottobre. Le richieste dei leader di #EndBadGovernance non si limitano a chiedere il ripristino dei sussidi per il carburante, oltre ad affrontare e risolvere l’aumento esponenziale dei prezzi dei generi di prima necessità. Tra le richieste vi sono il salario minimo per i lavoratori, riforme della polizia, vista come corrotta e violenta, e del sistema giudiziario, considerato ingiusto e corrotto. <br /><br />Mon, 26 Aug 2024 10:47:16 +0200AFRICA/MADAGASCAR - “Gratitudine e sacrificio”. In 30mila ad Antsiranana per il terzo Congresso Eucaristico Nazionalehttps://www.fides.org/it/news/75332-AFRICA_MADAGASCAR_Gratitudine_e_sacrificio_In_30mila_ad_Antsiranana_per_il_terzo_Congresso_Eucaristico_Nazionalehttps://www.fides.org/it/news/75332-AFRICA_MADAGASCAR_Gratitudine_e_sacrificio_In_30mila_ad_Antsiranana_per_il_terzo_Congresso_Eucaristico_Nazionaledi padre Angelo Michel Helpa Randrianarisoa <br /><br />Antsiranana – La Diocesi di Antsiranana ha ospitato il terzo Congresso Eucaristico Nazionale del Madagascar, svoltosi nella città situata nel nord dell’isola in questi giorni. <br /><br />Alla cerimonia d’apertura erano presenti, tra gli altri, tutti i vescovi del Madagascar e il Presidente della Repubblica del Madagascar, Andry Rajoelina assieme alla sua sposa.<br /><br />Per l’occasione, Papa Francesco ha inviato una speciale lettera nella quale sottolinea lo scopo dell’Eucarestia nella missione e nella vita della Chiesa, ribadendo l’importanza dell’adorazione eucaristica .<br /><br />Da parte sua, l'Arcivescovo di Antsiranana, Benjamin Marc Balthason Ramaroson, ha posto l'accento su due punti: innanzitutto l'Eucaristia presuppone la gratitudine. In un contesto di estrema povertà come quello del Madagascar, parlare di donazione gratuita sembra un sogno! Ma Gesù ci insegna a dare fino al dono totale di sé; l’altro focus è stato sull'importanza del sacrificio, perché l'Eucaristia è un sacrificio. <br /><br />Questo Congresso, che quest'anno è coinciso con la celebrazione del centenario del "Movimento Eucaristico dei Giovani", è stato un importante momento di formazione non solo i 30mila pellegrini giunti sul posto ma anche per tutto il mondo cattolico del Madagascar grazie alle catechesi e alle meditazioni trasmesse attraverso le reti sociali e la radio cattolica. <br />Mon, 26 Aug 2024 09:45:31 +0200