Fides News - Italianhttps://www.fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Oceania: i passaggi chiave del discorso alla Chiesa di Papua Nuova Guinea e Isole Salomonehttps://www.fides.org/it/news/75382-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Oceania_i_passaggi_chiave_del_discorso_alla_Chiesa_di_Papua_Nuova_Guinea_e_Isole_Salomonehttps://www.fides.org/it/news/75382-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Oceania_i_passaggi_chiave_del_discorso_alla_Chiesa_di_Papua_Nuova_Guinea_e_Isole_SalomonePort Moresby – Terminata la visita ai bambini di Street Ministry e Callan Services, Papa Francesco ha raggiunto in auto il Santuario di Maria Ausiliatrice dove ha incontrato i Vescovi della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone , con i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate, i Seminaristi e i Catechisti.<br /><br />Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dall’Arcivescovo di Port Moresby, il cardinale John Ribat, M.S.C., dal Presidente della Conferenza dei vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, Otto Separy, Vescovo di Bereina, dal Rettore del Santuario, e da due bambini in abito tradizionale che gli hanno donato un omaggio floreale. <br /><br />Dopo l’indirizzo di saluto del Presidente della Conferenza Episcopale cui seguono le testimonianze di una suora, di un sacerdote, di un catechista e di una rappresentante del Sinodo sulla sinodalità, il Pontefice ha pronunciato il suo discorso, il secondo dei cinque previsti in Papua Nuova Guinea.<br /><br />Al termine dell’incontro, dopo la benedizione, lo scambio dei doni e una foto di gruppo con i Vescovi, il Papa si è ferma brevemente sulla terrazza per salutare i fedeli presenti nel cortile antistante. Quindi ha fatto rientro in auto alla Nunziatura Apostolica. Di seguito i passaggi salienti del discorso: <br /><br /><br />Sono contento di stare qui, in questa bella chiesa salesiana: i salesiani sanno fare bene le cose. Complimenti. Questo è un Santuario diocesano dedicato a Maria Aiuto dei Cristiani: Maria Ausiliatrice – io sono stato battezzato nella parrocchia di Maria Ausiliatrice a Buenos Aires – un titolo tanto caro a San Giovanni Bosco; Maria Helpim, come con affetto la invocate qui.<br /><br /><br />Il bel Santuario in cui ci troviamo, che si ispira a quella storia, può essere un simbolo anche per noi, particolarmente in riferimento a tre aspetti del nostro cammino cristiano e missionario, come hanno sottolineato le testimonianze che abbiamo ascoltato: il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere.<br /><br /><br />Primo: il coraggio di cominciare […] I missionari sono arrivati in questo Paese alla metà del XIX secolo e i primi passi del loro lavoro non sono stati facili, anzi alcuni tentativi sono falliti. Ma loro non si sono arresi: con grande fede e con zelo apostolico hanno continuato a predicare il Vangelo e a servire i fratelli, ricominciando molte volte dove non avevano avuto successo, con tanti sacrifici.<br /><br /><br />Ce lo ricordano queste vetrate – che adesso non si vedono perché è notte –, attraverso le quali la luce del sole ci sorride nei volti dei Santi e Beati: donne e uomini di ogni provenienza, legati alla storia della vostra comunità: Pietro Chanel, protomartire dell’Oceania, Giovanni Mazzucconi e Pietro To Rot, martiri della Nuova Guinea, e poi Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, Mary McKillop, Maria Goretti, Laura Vicuña, Zeffirino Namuncurà, Francesco di Sales, Giovanni Bosco, Maria Domenica Mazzarello. Tutti fratelli e sorelle che, in modi e tempi diversi, cominciando e ricominciando tante volte opere e cammini, hanno contribuito a portare il Vangelo tra voi, con una variopinta ricchezza di carismi, animati dallo stesso Spirito e dalla stessa carità di Cristo.<br /><br /><br />È grazie a loro, alle loro “partenze” e “ripartenze” – i missionari sono donne e uomini di “partenza”, e se tornano, di “ripartenza”: questa è la vita del missionario, partire e ripartire –, è grazie a loro che siamo qui e che oggi, nonostante le sfide che pure non mancano, continuiamo ad andare avanti, senza paura – non so se sempre –, sapendo che non siamo soli, che è il Signore che agisce, in noi e con noi , rendendoci, come loro, strumenti della sua grazia.<br /><br /><br />Vorrei raccomandarvi una via importante verso cui dirigere le vostre “partenze”: quella delle periferie di questo Paese. Penso alle persone appartenenti alle fasce più disagiate delle popolazioni urbane, come anche a quelle che vivono nelle zone più remote e abbandonate, dove a volte manca il necessario. E ancora penso a quelle emarginate e ferite, sia moralmente che fisicamente, dal pregiudizio e dalla superstizione, a volte fino a rischio della vita.<br /><br /><br />Non dimenticate questo: vicinanza, compassione, tenerezza.<br /><br /><br />Il secondo aspetto: la bellezza di esserci […] Qui il tesoro più bello agli occhi del Padre siamo noi, stretti attorno a Gesù, sotto il manto di Maria, spiritualmente uniti a tutti i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha affidato e che non possono essere qui, accesi dal desiderio che il mondo intero possa conoscere il Vangelo e condividerne con noi la forza e la luce.<br /><br /><br />Come si fa a trasmettere ai giovani l’entusiasmo della missione? Non penso che ci siano “tecniche” per questo. Un modo collaudato, però, è proprio quello di coltivare e condividere con loro la nostra gioia di essere Chiesa - questo lo diceva Benedetto XVI - casa accogliente fatta di pietre vive, scelte e preziose, poste dal Signore le une accanto alle altre e cementate dal suo amore.<br /><br /><br />Stimandoci e rispettandoci a vicenda e mettendoci al servizio gli uni degli altri, possiamo mostrare a loro e a chiunque ci incontri quanto è bello seguire insieme Gesù e annunciare il suo Vangelo.<br /><br /><br />La bellezza di esserci, allora, non si sperimenta tanto in occasione dei grandi eventi e nei momenti di successo, quanto piuttosto nella fedeltà e nell’amore con cui ogni giorno ci si impegna a crescere insieme.<br /><br /><br />Terzo e ultimo aspetto: la speranza di crescere. In questa Chiesa c’è un’interessante “catechesi in immagini” del passaggio del Mar Rosso, con le figure di Abramo, Isacco e Mosè: i Patriarchi resi fecondi dalla fede, che per aver creduto hanno ricevuto in dono una numerosa discendenza.<br /><br /><br />Questo è un segno importante, perché incoraggia anche noi, oggi, ad avere fiducia nella fecondità del nostro apostolato, continuando a gettare piccoli semi di bene nei solchi del mondo. Sembrano minuscoli, come un granello di senape, ma se ci fidiamo e non smettiamo di spargerli, per grazia di Dio germoglieranno, daranno un raccolto abbondante e produrranno alberi capaci di accogliere gli uccelli del cielo.<br /><br /><br />Lo dice San Paolo, quando ci ricorda che la crescita di ciò che noi seminiamo non è opera nostra, ma del Signore , e lo insegna la Madre Chiesa, quando sottolinea che, pur attraverso i nostri sforzi, è Dio «a far sì che venga il suo regno sulla terra» Sat, 07 Sep 2024 14:07:57 +0200VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Oceania: i passaggi chiave del discorso alle Autorità della Papua Nuova Guineahttps://www.fides.org/it/news/75381-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Oceania_i_passaggi_chiave_del_discorso_alle_Autorita_della_Papua_Nuova_Guineahttps://www.fides.org/it/news/75381-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Oceania_i_passaggi_chiave_del_discorso_alle_Autorita_della_Papua_Nuova_GuineaPort Moresby – All’indomani del volo di sei ore che ha portato il Papa da Giacarta a Port Moresby, entra nel vivo la seconda tappa del 45esimo Viaggio Apostolico in Asia e Oceania, ovvero quella in Papua Nuova Guinea. Il Pontefice questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, ha raggiunto in auto la Government House di Port Moresby per la consueta visita di cortesia al Governatore Generale della Papua Nuova Guinea, Sir Bob Bofeng Dadae.<br /><br />Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Governatore all’ingresso principale della Government House. Insieme raggiungono poi la Ceremony Hall dove, dopo la Firma del Libro d’Onore e la foto ufficiale, ha luogo l’incontro privato. “Lieto di poter incontrare il popolo di Papua Nuova Guinea, auspico che esso trovi sempre nella preghiera luce e forza per camminare unito sulla via della giustizia e della pace”, le parole scritte dal Vescovo di Roma sul Libro d’Onore. <br /><br />Al termine dell’incontro, dopo lo scambio dei doni e la presentazione della famiglia e dopo essersi congedato dal Governatore, Papa Francesco, in auto, ha raggiunto l’APEC Haus per l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico. Ecco i momenti salienti del discorso: <br /><br /><br />Nella vostra Patria, un arcipelago con centinaia di isole, si parlano più di ottocento lingue, in corrispondenza ad altrettanti gruppi etnici: questo evidenzia una straordinaria ricchezza culturale.<br /><br /><br />Il vostro Paese, poi, oltre che di isole e di idiomi, è ricco anche di risorse della terra e delle acque. Questi beni sono destinati da Dio all’intera collettività e, anche se per il loro sfruttamento è necessario coinvolgere più vaste competenze e grandi imprese internazionali, è giusto che nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali.<br /><br /><br />Questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane.<br /><br /><br />Condizione necessaria per ottenere tali risultati duraturi è la stabilità delle istituzioni, la quale è favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società. <br /><br /><br />Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. <br /><br /><br />Potrà trovare un assetto definitivo anche la questione dello status dell’isola di Bougainville, evitando il riaccendersi di antiche tensioni.<br /><br /><br />Anche se a volte ce ne dimentichiamo, l’essere umano ha bisogno, oltre che del necessario per vivere, di una grande speranza nel cuore.<br /><br /><br />L’abbondanza dei beni materiali, senza questo respiro dell’anima, non basta a dar vita a una società vitale e serena, laboriosa e gioiosa, anzi, la fa ripiegare su sé stessa.<br /><br /><br />I valori dello spirito influenzano in notevole misura la costruzione della città terrena e di tutte le realtà temporali, infondono un’anima – per così dire –, ispirano e irrobustiscono ogni progetto. Lo ricordano anche il logo e il motto di questa mia visita in Papua Nuova Guinea. Il motto dice tutto con una sola parola: “Pray” – “Pregare”. Forse qualcuno, troppo osservante del “politicamente corretto”, potrà stupirsi di questa scelta; ma in realtà si sbaglia, perché un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto. E anche l’emblema dell’uccello del paradiso, nel logo del viaggio, è simbolo di libertà: di quella libertà che niente e nessuno può soffocare perché è interiore, ed è custodita da Dio che è amore e vuole che i suoi figli siano liberi.<br /><br /><br />Per tutti coloro che si professano cristiani – la grande maggioranza del vostro popolo – auspico vivamente che la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amore, nell’amare Gesù Cristo e seguirlo, e che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta. In questo modo, la fede potrà aiutare anche la società nel suo insieme a crescere e a individuare buone ed efficaci soluzioni alle sue grandi sfide.<br /><br /><br />Sono venuto qui per incoraggiare i fedeli cattolici a proseguire il loro cammino e per confermarli nella professione della fede; sono venuto a gioire con loro per i progressi che vanno facendo e a condividere le loro difficoltà; sono qui, come direbbe San Paolo, quale «collaboratore della vostra gioia» .<br /><br /><br />Mi congratulo con le comunità cristiane per le opere di carità che svolgono nel Paese, e le esorto a cercare sempre la collaborazione con le istituzioni pubbliche e con tutte le persone di buona volontà, a partire dai fratelli appartenenti ad altre confessioni cristiane e ad altre religioni, a favore del bene comune di tutti i cittadini della Papua Nuova Guinea.<br /><br /><br />La fulgida testimonianza del Beato Pietro To Rot – come affermò San Giovanni Paolo II durante la Messa per la Beatificazione – “insegna a mettersi generosamente al servizio degli altri per garantire che la società si sviluppi in onestà e giustizia, in armonia e solidarietà” . Il suo esempio, insieme a quelli del Beato Giovanni Mazzucconi, del PIME, e di tutti i missionari che hanno annunciato il Vangelo in questa vostra terra, vi doni forza e speranza.<br /><br /><br />San Michele Arcangelo, Patrono della Papua Nuova Guinea, vegli sempre su di voi e vi difenda da ogni pericolo, protegga le Autorità e tutte le genti di questo Paese.<br /><br /><br />Non dimentichiamo le donne, sono loro a portare avanti un Paese. Le donne hanno la forza di dare vita, di costruire, di far crescere un Paese. Non dimentichiamo le donne, che sono al primo posto dello sviluppo umano e spirituale.<br /><br /><br />Vi ringrazio di avermi aperto le porte del vostro bel Paese, così lontano da Roma eppure così vicino al cuore della Chiesa cattolica. Perché nel cuore della Chiesa c’è l’amore di Gesù Cristo, che sulla croce ha abbracciato tutti gli uomini. Il suo Vangelo è per tutti i popoli, non è legato a nessun potere terreno, ma è libero per fecondare ogni cultura e far crescere nel mondo il Regno di Dio. Il Vangelo si incultura e le culture vanno evangelizzate. Possa questo Regno di Dio trovare piena accoglienza in questa terra, così che tutte le popolazioni della Papua Nuova Guinea, con la varietà delle loro tradizioni, vivano insieme in armonia e diano al mondo un segno di fraternità. <br />Sat, 07 Sep 2024 11:55:16 +0200OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - “Il nostro un popolo unito dalla fede grazie ai missionari”. Intervista a John Ribat, M.S.C., Arcivescovo di Port Moresbyhttps://www.fides.org/it/news/75380-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Il_nostro_un_popolo_unito_dalla_fede_grazie_ai_missionari_Intervista_a_John_Ribat_M_S_C_Arcivescovo_di_Port_Moresbyhttps://www.fides.org/it/news/75380-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Il_nostro_un_popolo_unito_dalla_fede_grazie_ai_missionari_Intervista_a_John_Ribat_M_S_C_Arcivescovo_di_Port_Moresbydi Fabio Beretta<br /><br />Port Moresby – Il ruolo dei missionari fra le tribù, l’opera della Chiesa locale nel seguire gli insegnamenti del Vangelo e sentirsi parte della Chiesa universale, la gioia e l’entusiasmo per la visita del Papa. All’Agenzia Fides l’arcivescovo di Port Moresby, il cardinale John Ribat, traccia uno spaccato della comunità cristiana che vive in Papua Nuova Guinea, meta della seconda tappa del Viaggio Apostolico in Asia e Oceania.<br /><br />Il Papa troverà una Chiesa giovane ma che vanta già un martire...<br />Questa è davvero una Chiesa giovane che continua a crescere anche grazie all’esempio di Peter To Rot, oggi beato. Al momento il suo processo di canonizzazione è fermo perché manca il miracolo. E questa sarà una delle cose che chiederemo al Papa: intervenire nel processo di canonizzazione*. Il nostro auspicio, come comunità, è che questo processo termini entro il prossimo anno, così da vedere il nostro catechista Santo molto presto. Qui in Papua Nuova Guinea la Chiesa è sì giovane ma la fede è forte, i cattolici sono entusiasti di questa visita papale. Tante persone stanno raggiungendo Port Moresby dagli altopiani e dai paesi vicini, ma anche Diocesi suffraganee. Molti stanno compiendo pellegrinaggi a piedi o in barca, sempre pregando. <br /><br />Quanto sono importanti i missionari in Papua Nuova Guinea? Secondo lei perché Papa ha scelto di incontrare i missionari proprio in questa terra? <br />I missionari sono arrivati in questa terra diversi secoli fa. Rispetto a quel primo numero che arrivò ora ce ne sono di meno, ma la comunità cristiana ha ancora impresso nella memoria l’inizio delle missioni, soprattutto grazie ai tedeschi e agli americani. Oggi in Papua Nuova Guinea ce ne sono tanti, disseminati in molte parti e in diverse Diocesi. Provengono dall’India, dalle Filippinee, dall’Indonesia. Non mancano però, come all’inizio, alcuni provenienti dall’Europa, come i Salesiani italiani. A Vanimo, altra città che toccherà il Papa, ci sono dei missionari argentini suoi conterranei. Il lavoro dei missionari per noi è importante e non solo perché continuano a diffondere la fede cattolica. Incoraggiano la gente, lavorano con loro. E questo è importante. C'è un buon rapporto tra i missionari e la popolazione e questo è dovuto al fatto che diverse Diocesi della Papua Nuova Guinea, storicamente parlando, sono state fondate dai missionari. E ora, con l’arrivo del Pontefice, la gente aiuta tantissimo per l’allestimento. La nostra Conferenza Episcopale unisce la Papua Nuova Guinea alle Isole Salomone e anche da lì molti sono arrivati per aiutarci con la macchina organizzativa. Se qui c’è questo clima di unità nella fede lo dobbiamo ai missionari. <br /><br />In Papua Nuova Guinea avvengono lotte fra tribù. La Chiesa, se lo fa, interviene in questo? Le tribù combattono tra loro ma poi nei seminari ci sono ragazzi di vari villaggi che vivono insieme pacificamente...<br />Queste lotte tribali non accadono ovunque. Accade soprattutto nelle zone montuose dove, a differenza delle aree costiere, la Chiesa è riuscita ad arrivare solo pochi decenni fa. Si tratta di villaggi difficili da raggiungere, i cui usi e costumi sono fortemente radicati nel passato. È un’area anche fragile dal punto di vista ambientale, abbiamo avuto recentemente disastri naturali che hanno ucciso diverse persone. Tensione sociale c’è però in tutta la nazione. Il 10 gennaio di quest’anno c’è stata una rivolta contro un taglio dei salari. In città ci sono stati dei morti, i negozi sono stati saccheggiati, le auto date alle fiamme… Ora ci stiamo riprendendo. Come Chiesa abbiamo rilasciato delle dichiarazioni alla stampa, lette anche nelle chiese. In questi testi, oltre a condannare qualsiasi tipo di violenza abbiamo dato nuove chiavi di lettura delle varie problematiche e delle nuove leggi perché non sono state spiegate bene. Con le lotte tribali è diverso. Ci lasciamo ispirare dalla Parola di Dio. <br /><br />Per la seconda volta un Papa visita questa nazione: cosa può offrire la comunità cattolica locale alla Chiesa universale?<br />È una domanda sulla quale stiamo riflettendo da settimane anche noi come comunità. Stiamo cercando di capire cosa e come possiamo fare per aiutare gli altri. Una prima risposta “pratica” che ci siamo dati è stata inviare nuovi missionari. Loro ci hanno trasmesso la fede e ora noi siamo pronti a partire per aiutare a far crescere la Chiesa lì dove serve. Alcuni dei nostri sacerdoti sono in Argentina o in Brasile. Alcuni sono andati in Africa. Questo però è solo un piccolo contributo. Siamo anche noi una Chiesa in crescita e per questo ci stiamo sforzando di vivere bene tra di noi gli insegnamenti del Vangelo e la dottrina della Chiesa universale. Questo ci fa sentire parte di un qualcosa di universale. Questi eventi aiutano, danno la carica per poi vivere l’universalità in casa, partecipando alla messa. <br /><br />Quali sono oggi le maggiori difficoltà per la proclamazione del Vangelo da parte della Chiesa in Papua Nuova Guinea?<br />Una delle difficoltà è la disinformazione che arriva dai social media e non solo. Come Chiesa ci siamo dati il compito di aiutare le persone a capire quando ci sono fake news. Siamo bombardati da tanti messaggi e questo crea confusione. In questo senso, e parlo a titolo personale, mi hanno aiutato molto nel parlare con la gente le parole di San Paolo. E mi interrogo su come la Chiesa possa predicare bene il Vangelo in questo tempo dove i cambiamenti sono all’ordine del giorno. La risposta che mi sono dato è: se tutto cambia, la verità rimane sempre la stessa. E la verità per noi è Cristo. La Parola di Dio dopo 2mila anni è sempre la stessa, non è cambiata. Qualcuno cerca di far passare un messaggio sbagliato, la interpreta per “adeguarla” ai cambiamenti del mondo. Ma questa non è la verità. <br /><br />Nonostante la Papua Nuova Guinea sia un piccolo gregge, secondo i dati ufficiali il numero di battesimi e vocazioni è in aumento: come lo spiega?<br />Le vocazioni aumentano perché i giovani, ma anche i più grandi vogliono dare il loro contributo per fare qualcosa di importante per la loro terra. La Chiesa li ha sempre incoraggiati in questo. I giovani, in particolar modo, hanno un posto importante nella vita della Chiesa. Molti prima di entrare in seminario iniziano con i lavori più disparati, ma sempre a servizio del prossimo. E piano piano sentono che quello che per realizzarsi quello che stanno facendo non basta. Anche i battesimi sono in aumento, ma questo è dovuto anche alla crescita della popolazione. Ma noto anche che un numero sempre maggiore di giovani si sposa. Sono giovani che la Chiesa ha aiutato a crescere nella fede e ora possono dire di essersi realizzati nella vita. <br /><br />*Vi sono casi che procedono per equipollenza, applicata sia ai casi di beatificazione che di canonizzazione; si tratta di una procedura mediante la quale il Papa, dopo le dovute verifiche, approva un culto esistente da tempo, senza attendere il riconoscimento di un miracolo. Si distingue dalle beatificazioni e canonizzazioni formali, per le quali la Chiesa prevede una regolare Inchiesta e il rispettivo miracolo. Inoltre, il Papa può sempre prendere decisioni particolari. Papa Francesco lo ha fatto nei confronti di Giovanni XXIII, che è diventato Santo per la sua fama di santità, diffusa da decenni in tutto il mondo, senza che gli venisse riconosciuto un secondo miracolo. Una procedura straordinaria è stata seguita anche da Benedetto XVI nei confronti di S. Giovanni Paolo II, la cui Causa di canonizzazione si aprì poche settimane dopo la morte, senza aspettare i cinque anni previsti .Fri, 06 Sep 2024 13:58:23 +0200AFRICA/ALGERIA - Domani il voto presidenziale in un’Algeria nella quale i militari accrescono sempre più il loro ruolohttps://www.fides.org/it/news/75379-AFRICA_ALGERIA_Domani_il_voto_presidenziale_in_un_Algeria_nella_quale_i_militari_accrescono_sempre_piu_il_loro_ruolohttps://www.fides.org/it/news/75379-AFRICA_ALGERIA_Domani_il_voto_presidenziale_in_un_Algeria_nella_quale_i_militari_accrescono_sempre_piu_il_loro_ruoloAlgeri – Algerini domani 7 settembre al voto per eleggere il Capo dello Stato. Il 78enne Presidente uscente Abdelmadjid Tebboune è dato ampiamente per favorito. I suoi unici sfidanti accettati dalla Corte Costituzionale e poi confermati dall’Autorità Nazionale Indipendente per le Elezioni , sono solo due: l’islamista Abdelali Hassani Cherif del Movimento per la Società della Pace e Youssef Aouchiche, segretario dello storico partito di opposizione il Fronte delle forze socialiste . <br />Il voto, che è stato anticipato , non sembra suscitare grande entusiasmo tra la popolazione algerina, alle prese con le conseguenze del forte aumento dei prezzi dei generi di prima necessità. Secondo alcune interpretazioni la decisione annunciata a marzo di anticipare il voto a settembre, sembra sia stata dettata dal desiderio di impedire manifestazioni di protesta. La campagna elettorale ha avuto il suo culmine nel torrido agosto algerino, rendendo difficile se non impossibile organizzare manifestazioni. Inoltre la maggior parte dei lavoratori erano in ferie, minimizzando la possibilità di indire scioperi. <br />Tebboune è salito al potere nel 2019, all’indomani della caduta del Presidente Abdelaziz Bouteflika che si stava preparando per regnare per un quinto mandato, nonostante la salute precaria e la condotta di governo segnata da corruzione e inefficienza. La popolazione scontenta aveva dato vita al movimento popolare Hirak, che era sceso in strada per chiedere le dimissioni Bouteflika. Tebboune aveva assunto l’incarico promettendo riforme ma la pandemia da Covid del 2020 aveva permesso al regime di introdurre misure restrittive dei movimenti della popolazione e di censura dei social media che di fatto hanno paralizzato e messo sotto controllo Hirak.<br />In realtà la presidenza di Tebboune ha visto rafforzarsi il ruolo dell’esercito nella gestione del potere, una tendenza già in atto sotto Bouteflika, quando il baricentro del potere reale si è spostato dai servizi di sicurezza agli alti comandi delle forze armate, il cui comandante in capo il generale Saïd Chanegriha, appare spesso nelle cerimonie pubbliche accanto al Presidente. Enfatizzando le minacce, reali o presunte, interne ed esterne all’Algeria, le forze armate si sono viste affidare ruoli sempre più importanti nella vita pubblica, e un aumento del budget della Difesa, che nel 2023 ha sfiorato i 20 miliardi di euro. <br />In questo clima si comprende come quello dell’affluenza alle urne è il vero dato che denoterà il grado di accettazione del regime da parte della popolazione. Su 45 milioni di abitanti, solo 23 milioni sono registrati per poter prendere parte alla consultazione. Nel frattempo il 2 settembre sono iniziate le operazioni di voto degli algerini residenti all’estero. <br />Fri, 06 Sep 2024 12:06:40 +0200OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - I battezzati non vogliono il cristianesimo come "religione di stato"https://www.fides.org/it/news/75378-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_I_battezzati_non_vogliono_il_cristianesimo_come_religione_di_statohttps://www.fides.org/it/news/75378-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_I_battezzati_non_vogliono_il_cristianesimo_come_religione_di_statoPort Moresby - E’ una nazione con popolazione al 95% cristiana, ma non è fondata su una "religione di stato": è questa l'architettura della Papua Nuova Guinea che, dopo la colonizzazione australiana, è divenuta indipendente 1975. La Costituzione, approvata in quell’anno, proclamò ufficialmente lo "Stato indipendente di Papua Nuova Guinea" e il preambolo della Carta contiene un richiamo ai "valori cristiani". Tuttavia negli anni scorsi, e anche di recente, nei primi mesi del 2024, sono stati presentati in Parlamento possibili emendamenti alla Costituzione, per cambiare la nazione in "Stato cristiano della Papua Nuova Guinea". <br />I sistemi di credenze tradizionali e il cristianesimo hanno coesistito a vari livelli in queste terra sin dal 1847, quando arrivarono i primi missionari cattolici, i padri Maristi. Successivamente giunsero missionari cristiani di diverse confessioni e poi, dagli anni '70, si sono diffusi gruppi pentecostali ed evangelisti. Proprio esponenti di gruppi pentecostali, con appoggi e riferimenti nel mondo politico, hanno proposto gli emendamenti alla Carta che non hanno incontrato l’approvazione della Chiesa cattolica. In una lettera inviata nei mesi scorsi al governo, firmata dal Cardinale John Ribat, Arcivescovo di Port Moresby – che è anche presidente del Consiglio delle Chiese della Papua Nuova Guinea, organismo ecumenico – si afferma di non condividere la creazione di uno "Stato confessionale" nè il tentativo di affermare nella Costituzione l’identità cristiana del Paese. <br />Nel testo si mette nota che questo potrebbe creare “un'alterazione della natura dello Stato" e degli equilibri esistenti, ricordando che la Costituzione garantisce la libertà di coscienza, di pensiero e di religione e il diritto di praticare liberamente la propria fede a ogni cittadino: un quadro normativo democratico e fondato sullo stato di diritto, che consente lo sviluppo pacifico e libero di ogni comunità religiosa. <br />Il modello attualmente in vigore è ritenuto valido dalla Chiesa cattolica: sacerdoti, religiosi e missionari in Papua ricordano che esiste una collaborazione feconda tra stato e Chiese, soprattutto per i servizi sanitari ed educativi, che si esprime attraverso il "Church-State Partnership Program". La Chiesa anglicana, la Chiesa avventista del settimo giorno, la Baptist Union, la Chiesa cattolica, la Chiesa luterana e l'Esercito della salvezza, nonché altre chiese e organizzazioni cristiane, continuano a gestire circa il 60% delle scuole, dei servizi sanitari e delle opere sociali nel paese. Il governo sovvenziona queste opere e contribuisce ai salari del personale docente e del personale sanitario che lavorava in queste istituzioni, riconoscendone il ruolo e il servizio pubblico.<br />La nazione si presenta con una popolazione di circa di circa 9 milioni di abitanti, al 95% cristiani , con minoranze di altre religioni e culti tradizionali.<br /> <br />Fri, 06 Sep 2024 11:15:53 +0200EUROPA/ALBANIA - Padre Agustin Margjoni CM, primo direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Albaniahttps://www.fides.org/it/news/75377-EUROPA_ALBANIA_Padre_Agustin_Margjoni_CM_primo_direttore_delle_Pontificie_Opere_Missionarie_in_Albaniahttps://www.fides.org/it/news/75377-EUROPA_ALBANIA_Padre_Agustin_Margjoni_CM_primo_direttore_delle_Pontificie_Opere_Missionarie_in_AlbaniaCittà del Vaticano - Il Cardinale Luis Antonio G.Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione , in data 31 luglio 2024, ha nominato Padre Agustin Margjoni C.M. a dirigere per due anni la Direzione Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Albania appena costituita. Padre Margjoni C.M., nato il 30 aprile 1988 a Konaj- Mirditë ha iniziato il suo cammino presso i padri Vincenziani in tenera età, seguendo la scuola apostolica dei missionari a Rreshen dal settembre del 2001. Ha iniziato gli studi filosofico-teologici nel 2007 in Italia. Ha proseguito il cammino di formazione al Seminario di Teruel . Ha fatto i voti nella Congregazione della Missione il 21 settembre 2012, è stato ordinato sacerdote il 6 settembre 2014.Subito dopo l'ordinazione ha assunto il ruolo di direttore della scuola apostolica della sua Congregazione a Shkoder. Ha frequentato in Italia un corso di studi per formatori . Da settembre 2020 è parroco e Superiore dei Vincenziani in Albania.<br /> Fri, 06 Sep 2024 10:20:33 +0200OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Tra i missionari di Vanimo in attesa del Papa: “Nella giungla la gente ci ferma e chiede i Sacramenti”https://www.fides.org/it/news/75376-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Tra_i_missionari_di_Vanimo_in_attesa_del_Papa_Nella_giungla_la_gente_ci_ferma_e_chiede_i_Sacramentihttps://www.fides.org/it/news/75376-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Tra_i_missionari_di_Vanimo_in_attesa_del_Papa_Nella_giungla_la_gente_ci_ferma_e_chiede_i_Sacramentidi Fabio Beretta<br /><br />Vanimo – Le onde blu dell’Oceano da una parte, giungle e foreste dall’altra. Così appare, a una prima vista, la parte nord della Papua Nuova Guinea, seconda tappa del lungo viaggio di Papa Francesco in Asia e Oceania. Villaggi sparsi tra la spiaggia e gli altopiani senza elettricità, senza acquedotti, senza supermercati. <br /><br />In Papua Nuova Guinea, seconda tappa del suo 45esimo Viaggio apostolico sospeso tra Asia e Oceania, Papa Francesco incontrerà anche i missionari di Vanimo, giunti da lontano per per continuare l’opera di chi li ha preceduti nell’annuncio del Vangelo in quella periferia del Continente che prende il nome dall’Oceano. <br /><br />Dialogo e rispetto sono parole chiave, spiega all’Agenzia Fides padre Alejandro Diaz, 51 anni, missionario argentino dell'Istituto del Verbo Incarnato : “Sono arrivato qui un anno fa per iniziare la prima esperienza di monastero maschile in Papua Nuova Guinea. La struttura, nel villaggio di Wutung è già attiva”. <br /><br />“Viviamo la vita contemplativa tipica dei monaci, ci dedichiamo alla preghiera e viviamo di quello che produciamo. Ma siamo anche missionari, e l’orto non lo abbiamo solo in monastero. Siamo entrati in contatto con i vari villaggi della giungla e stiamo insegnando loro anche a coltivare la terra, ad allevare mucche, oche o galline”. <br /><br />Ora, con l’arrivo del Papa, c’è tanto da fare, molto da preparare: “Fortunatamente in tanti hanno accolto il Vangelo e quando hanno saputo che sarebbe arrivato il Pontefice tutti si sono messi a disposizione per aiutarci”, rivela padre Diaz. <br /><br />C’è un legame di amicizia tra il Vescovo di Roma e la comunità di missionari che opera nel nord della Papua Nuova Guinea. Un vincolo iniziato anni fa: “Lui ci ha sempre sostenuti. Grazie agli aiuti che lui ci ha mandato abbiamo costruito un collegio per ragazzi, siamo riusciti a trovare i fuoristrada per spostarci nella giungla”. Grazie alla beneficenza del Papa “siamo riusciti a compare anche un pullmino che funge da scuolabus per i villaggi”. <br /><br />“Il Papa – racconta il missionario – ha insistito molto per venire qui Vanimo, che è una città piccola , molto povera. Qui incontrerà la comunità locale, e poi raggiungerà un villaggio vicino, Baro, per una visita privata nella nostra scuola”. Ad accoglierlo un concerto preparato dagli studenti che si allenano a suonare gli strumenti da settimane. “Papa Francesco benedirà 25 immagini della patrona dell’argentina, ovvero la Madonna di Luján poiché l’arrivo del Pontefice coincide con i 25 anni dall'arrivo in Papua Nuova Guinea della statua di Nostra Signora di Luján. “Le immagini che benedirà saranno poi donate alle cappelle dei villaggi della giungla”. <br /><br />In tanti, da giorni, stanno raggiungendo Baro e Vanimo non solo per ascoltare e vedere il successore di San Pietro, ma soprattutto per aiutare a sistemare e allestire gli spazi per la cerimonia: “Con un confratello l’altro giorno siamo anche partiti per una caccia al cervo. Le persone ci chiedono anche accoglienza e vengono senza nulla perché non hanno nulla. Molti sono giunti a piedi, alcuni senza scarpe. Hanno camminato per giorni e con spirito gioioso ci aiutano nel preparare quanto serve”. <br /><br />Padre Diaz ci racconta che il rapporto che si è venuto a creare tra i missionari e la popolazione “è ottimo. Ci hanno accolto bene. Sono aperti all’incontro con Cristo e alla fede cattolica, così come viene loro proposta”. Tutti in questi giorni hanno partecipato a incontri, celebrazioni ed adorazioni eucaristiche per prepararsi all’arrivo del Papa. “Anche i non cattolici lo hanno fatto. Qui si vive con rispetto”. <br /><br />A differenza di quello che accade in altre parti del mondo - riconosce padre Diaz - qui “tutti hanno senso religioso. Qualche giorno fa abbiamo fatto una processione notturna con la Bibbia. Vi hanno preso parte molti, anche non cristiani. E noi abbiamo pregato con una preghiera universale mettendo Dio al centro”. E questa unità si vede anche nella preparazione della visita papale: “Anche i capi di altre religioni ci hanno chiesto il permesso di partecipare perché capiscono che è evento importante”.<br /><br />“Qui la fede è forte. Sono stato nella giungla – continua padre Diaz – ed è bello osservare che tra quelle strade piccole trovi persone che con cuore semplice ti chiedono di fermarti per celebrare messa e dare la comunione. Ci dicono: ‘Abbiamo bisogno della confessione’. Hanno molto rispetto del sacerdote e dell’Eucarestia, soprattutto i bambini. Le chiese qui sono piene di giovani e bambini. Ed è proprio quello che il Papa troverà: una Chiesa giovane assetata della Parola di Dio”. <br /><br />“La loro gioia – rimarca il missionario - è nella fede. È la loro ricchezza e il loro bene prezioso, E questo da solo gli basta. Noi possiamo solo accompagnarli e aiutarli nel loro cammino di fede”<br /><br />La scelta dei missionari è quella della pazienza che ha fiducia nel tempo, senza entrare in conflitto drastico con gli usi e le tradizioni locali. “Noi non togliamo o cancelliamo le culture locali. C’è molta magia, superstizione, stregoneria… ma i loro usi e costumi sono importanti. Piano piano chiariamo tutti gli elementi e loro, comprendendo, accettano ancora di più la fede cattolica”. <br /><br />Certamente le difficoltà non mancano: “Alcuni capi tribù non accettano questi insegnamenti. Pensano – racconta padre Diaz – che vogliamo derubarli o non vogliono rinunciare a venerare spiriti o degli elementi della natura. Il nostro compito è spiegargli bene che vogliamo aiutarli, condividere con loro cose buone per la loro vita”. E la visita del Papa, “per noi missionari, è come una carezza. Ci sentiamo incoraggiati a continuare su questa strada”. <br />Fri, 06 Sep 2024 09:12:27 +0200VATICANO - Giubileo 2025: La Pontificia Unione Missionaria offre un itinerario di preghiera e riflessione on linehttps://www.fides.org/it/news/75375-VATICANO_Giubileo_2025_La_Pontificia_Unione_Missionaria_offre_un_itinerario_di_preghiera_e_riflessione_on_linehttps://www.fides.org/it/news/75375-VATICANO_Giubileo_2025_La_Pontificia_Unione_Missionaria_offre_un_itinerario_di_preghiera_e_riflessione_on_lineCittà del Vaticano – “Il cammino dei discepoli missionari”. Si chiama così l’itinerario di 4 incontri on line in inglese sulla preghiera, organizzato e promosso dalla Pontificia Unione Missionaria in preparazione al Giubileo 2025. Primo incontro sabato prossimo, 7 settembre, dalle ore 17.00 alle ore 18:30 = , orario comune a tutti gli appuntamenti in programma.<br />Nell’anno della preghiera la PUM offre, tra le altre, questa proposta di formazione missionaria che prende l’avvio da un invito di Papa Francesco, che nel Messaggio della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno scrive: “In questa prospettiva, nell’anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025, desidero invitare tutti a intensificare anche e soprattutto la partecipazione alla Messa e la preghiera per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Essa, obbediente alla parola del Salvatore, non cessa di innalzare a Dio in ogni celebrazione eucaristica e liturgica l’orazione del Padre nostro con l’invocazione «Venga il Tuo regno»”.<br />Sabato 7 settembre il tema dell’incontro sarà “Il modo di pregare di Gesù”, martedì 17 settembre sarà la volta de “Il Padre Nostro - La preghiera missionaria”, sabato 28 settembre si parlerà de “La preghiera dei discepoli di Cristo”, mentre l’appuntamento conclusivo di martedì 8 ottobre sarà dedicato a “L’Eucarestia - sorgente e culmine della Missione e della Preghiera”.<br />A coordinare l’iniziativa padre Dinh Anh Nhue Nguyen OFMConv, segretario generale della Pum, che si avvarrà della collaborazione di padre Tadeusz J. Nowak OMI, segretario generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede. Sabato7 settembre padre Nguyen introdurrà il tema lasciando poi spazio all’intervento di padre Nowak.<br />La partecipazione è libera anche se è richiesta e gradita l’iscrizione per una migliore organizzazione inviando una e-mail al seguente indirizzo:pum@ppoomm.va.<br /> <br /><br/><strong>Link correlati</strong> :<a href="https://www.fides.org/it/attachments/view/file/ENG_07-09_MEETING_1_PRAYER_MISSIONARY_FORMATION_PMU_2024.pdf">LOCANDINA</a>Fri, 06 Sep 2024 16:18:55 +0200VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Indonesia: i passaggi chiave dell’omelia durante la Messa allo Stadio di Giacartahttps://www.fides.org/it/news/75374-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_dell_omelia_durante_la_Messa_allo_Stadio_di_Giacartahttps://www.fides.org/it/news/75374-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_dell_omelia_durante_la_Messa_allo_Stadio_di_GiacartaGiacarta – Si conclude con la Messa nello stadio “Gelora Bung Karno” di Giacarta la prima tappa del lungo Viaggio Apostolico in Asia e Oceania di Papa Francesco. Alle 16 locali , lasciata la Nunziatura Apostolica, il Pontefice ha fatto rotta verso l’impianto sportivo situato nel cuore della capitale indonesiana. Accolto da applausi scroscianti, ha effettuato alcuni giri in papamobile dispensando sorrisi e benedicendo neonati e bambini. Vestiti i paramenti sacri, Francesco ha presieduto la celebrazione eucaristica nella memoria di Santa Teresa di Calcutta. Al termine, dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo Metropolita di Giacarta, il cardinal Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, e prima della benedizione finale, il Papa ha rivolto ai fedeli e ai pellegrini presenti un ultimo saluto e alcune parole di ringraziamento. Quindi ha fatto rientro in auto alla Nunziatura Apostolica. Domani lascerà l’Indonesia per raggiungere in aereo Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea. Ecco i passaggi salienti dell’omelia:<br /><br /><br />L’incontro con Gesù ci chiama a vivere due atteggiamenti fondamentali: ascoltare la Parola e vivere la Parola. Prima ascoltare, perché tutto nasce dall’ascolto, dall’accogliere il dono prezioso della sua amicizia. Ma poi è importante vivere la Parola ricevuta. La Parola che ci viene donata e che ascoltiamo chiede di diventare vita, di trasformare la vita, di incarnarsi nella nostra vita. Questi due atteggiamenti essenziali.<br /><br /><br />Il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di una verità capace di sfamare e saziare il suo desiderio di felicità. In mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane, c’è bisogno della Parola di Dio, l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita. <br /><br /><br />Il primo compito del discepolo non è quello di indossare l’abito di una religiosità esteriormente perfetta, di fare cose straordinarie o impegnarsi in imprese grandiose. Il primo passo consiste nel sapersi mettere in ascolto dell’unica Parola che salva.<br /><br /><br />Con la stessa umiltà e la stessa fede di Pietro, anche a noi è chiesto di non restare prigionieri dei nostri fallimenti. Questo è molto brutto. I fallimenti ci prendono. Ma per favore, non restiamo intrappolati nelle reti dei nostri fallimenti.<br /><br /><br />Questo, fratelli e sorelle, vorrei dire anche a voi, a questa Nazione, a questo meraviglioso e variegato arcipelago: non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità. <br />Thu, 05 Sep 2024 12:59:31 +0200ASIA/COREA DEL SUD - Ai giovani della GMG si parla di intelligenza artificialehttps://www.fides.org/it/news/75372-ASIA_COREA_DEL_SUD_Ai_giovani_della_GMG_si_parla_di_intelligenza_artificialehttps://www.fides.org/it/news/75372-ASIA_COREA_DEL_SUD_Ai_giovani_della_GMG_si_parla_di_intelligenza_artificialeSeoul - Ai giovani che si preparano alla Giornata Mondiale della Gioventù , che si terrà in Corea nel 2027, si parla di intelligenza artificiale ed etica. Nella cattedrale di Myeongdong a Seoul, un appello "per un'intelligenza artificiale etica" lo ha lanciato padre Paolo Benanti francescano del Terz'Ordine regolare che, invitato dalla Chiesa locale, ha inagurato lo speciale "Viaggio della GMG verso la conoscenza", organizzato come come cammino di preparazione al raduno giovanile internazionale. <br />Teologo ed eticista, p. Benanti ha parlato a 800 giovani riuniti in cattedrale, tenendo un seminario su "L'intelligenza artificiale e le sue implicazioni etiche". L'intervento ha segnato l'apertura della serie curata dal Comitato per le comunicazioni dell'Arcidiocesi di Seoul, in collaborazione con il Comitato organizzativo locale della GMG di Seoul 2027. La serie di incontri, seminari e catechesi mira a coinvolgere i giovani in discussioni significative su questioni dell'attualità contemporanea. <br />L'incontro con p. Benanti ha sottolineato l'importanza di esplorare le dimensioni etiche nella tecnologia moderna, e ha approfondito le complessità etiche dell'intelligenza artificiale. Il francescano ha condotto il pubblico a considerare la duplice natura della tecnologia, riflettendo sul contesto storico in cui gli strumenti potrebbero diventare armi. "Dobbiamo cambiare la nostra prospettiva sull'etica della tecnologia, considerandola la come una forma di potere. Ogni comando nell'IA implica una decisione morale", dato che ad alcuni elementi viene dato un valore, ad altri no.<br />Padre Benanti, utilizzando esempi storici per illustrare l'impatto della tecnologia sulla società, ha dato un messaggio che responsabilizza tutti: le sfide principali della tecnologia non riguardano solo gli ingegneri o gli informatici, ma la società in generale, e richiedono una attenta riflessione sul valore delle vita umana e sull'etica del futuro. "Dovremmo impegnarci per lo sviluppo, l'innovazione che lavora per il bene comune", ha affermato.<br />Nella sessione di dibattito, p. Benanti ha risposto alle preoccupazioni dei giovani coreani partecipanti e ha consigliato loro: "Non fatevi spaventare dalla tecnologia. Come insegna Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, la tecnologia rivela le aspirazioni dell'umanità verso lo sviluppo e la nostra spinta interiore a trascendere i limiti materiali. Se usata con prudenza, può avvicinarci alla contemplazione e all'adorazione del Signore". Sottolineando l'importanza del discernimento Padre Benanti ha incoraggiato i giovani a "valutare criticamente il ruolo della tecnologia nella loro vita quotidiana" e il suo impatto sociale più ampio.<br />L'intervento ha suggerito un approccio ponderato al progresso tecnologico, incentrato sul miglioramento della dignità umana e del benessere della società, soprattutto a beneficio delle generazioni più giovani.<br /> <br />Thu, 05 Sep 2024 11:55:54 +0200AFRICA/REPUBBLICA CENTRAFRICANA - Nomina del Vescovo di Kaga-Bandorohttps://www.fides.org/it/news/75373-AFRICA_REPUBBLICA_CENTRAFRICANA_Nomina_del_Vescovo_di_Kaga_Bandorohttps://www.fides.org/it/news/75373-AFRICA_REPUBBLICA_CENTRAFRICANA_Nomina_del_Vescovo_di_Kaga_BandoroCittà del Vaticano - Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Kaga-Bandoro il Rev. P. Victor Hugo Castillo Matarrita, M.C.C.J., finora Provinciale dei Comboniani in Centrafrica.<br />S.E. Mons. Victor Hugo Castillo Matarrita, M.C.C.J., è nato il 19 marzo 1963 a Mansión, nella Diocesi di Tiarán, in Costa Rica. Entrato nella Congregazione dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, ha emesso la professione perpetua il 27 settembre 1991 a Parigi, dove ha seguito anche gli studi filosofici e teologici.<br />È stato ordinato sacerdote l’8 agosto 1992 in Costa Rica.<br />Ha svolto i seguenti incarichi: Missionario in Centrafrica e Parroco a Grimari ; Formatore e Superiore locale nel Postulato dei Comboniani a Bangui ; Delegato Provinciale e Presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori in Centrafrica ; Formatore dei postulanti a San José e Consigliere della Delegazione del Centro America ; Superiore Provinciale per il Centro America e Responsabile per i preti comboniani studenti a Roma . Dal 1° gennaio 2023 è Superiore Provinciale dei Comboniani in Centrafrica.<br /> Thu, 05 Sep 2024 12:10:19 +0200AMERICA/STATI UNITI - Padre Roger J. Landry nuovo direttore delle Pontificie Opere Missionaria USAhttps://www.fides.org/it/news/75371-AMERICA_STATI_UNITI_Padre_Roger_J_Landry_nuovo_direttore_delle_Pontificie_Opere_Missionaria_USAhttps://www.fides.org/it/news/75371-AMERICA_STATI_UNITI_Padre_Roger_J_Landry_nuovo_direttore_delle_Pontificie_Opere_Missionaria_USACittà del Vaticano - ll Cardinale Luis Antonio G.Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione , in data 23 luglio 2024, ha nominato Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie USA per un quinquennio Padre Roger J. Landry. <br />Padre Landry, sacerdote della diocesi di Fall River, nel Massachusetts, 54 anni, è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1999. <br />Attualmente padre Landry ricopre il ruolo di cappellano alla Columbia University di New York City e al Thomas Merton Institute for Catholic Life. È anche Assistente Ecclesiastico per Aiuto alla Chiesa che Soffre USA ed è stato nominato da Papa Francesco Missionario permanente della Misericordia in seguito al Giubileo straordinario della Misericordia del 2015. <br />Tra i vari incarichi che svolge anche quello di Cappellano del Capitolo di New York del Foro Leonino, Membro del Consiglio del Santuario di Nostra Signora dei Martiri ad Auriesville a New York, predicatore eucaristico nazionale per il risveglio eucaristico nazionale della Conferenza Episcopale Statunitense. È stato recentemente cappellano del pellegrinaggio eucaristico nazionale di St. Elizabeth Ann Seton in preparazione al decimo congresso eucaristico nazionale .<br />Laureato all'Harvard College è stato alunno del Pontificio Collegio Nordamericano di Roma ed addetto alla missione di Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York , pastore, cappellano delle scuole superiori della diocesi di Fall River, è direttore esecutivo di un giornale diocesano. Collabora con diversi siti e blog ed è l'autore di Plan of Life: Habits to Help You Grow Closer to God . <br /> <br />Thu, 05 Sep 2024 11:08:15 +0200AFRICA/GAMBIA - La presenza dei pionieri missionari e il privilegio di radicare il carisma di Don Boscohttps://www.fides.org/it/news/75370-AFRICA_GAMBIA_La_presenza_dei_pionieri_missionari_e_il_privilegio_di_radicare_il_carisma_di_Don_Boscohttps://www.fides.org/it/news/75370-AFRICA_GAMBIA_La_presenza_dei_pionieri_missionari_e_il_privilegio_di_radicare_il_carisma_di_Don_BoscoKunkujang – Venticinque villaggi e 13 comunità cattoliche costituiscono la parrocchia di Kunkujang guidata dai salesiani.<br /><br />Arrivata nel Paese appena sei anni fa, nell’ottobre del 2018, su invito del vescovo locale, la comunità pioniera, composta da quattro Figli di Don Bosco provenienti da quattro diversi Paesi, risiede a Kunkujang, villaggio del Gambia a maggioranza cristiana. <br /><br />I salesiani sono anche cappellani delle 5 scuole cattoliche e dei 7 asili nido della parrocchia. Qualche anno fa hanno anche aperto un oratorio, il Don Bosco Youth Centre: “una novità assoluta per la Chiesa locale in Gambia” si legge nella nota pervenuta all’Agenzia Fides. <br /><br />Il Gambia è il più piccolo Paese dell’Africa continentale. La sua superficie, di 11.300 chilometri quadrati, è circondata dal Senegal su tutti i lati, ad eccezione della parte occidentale, che confina con l’Oceano Atlantico. La sua economia è dominata dall’agricoltura, dalla pesca e soprattutto dal turismo. Della popolazione totale di 2.769.075 abitanti, il 96,4% è costituito da musulmani, il 3,5% da cristiani e lo 0,1% da seguaci di religioni tradizionali.<br /><br />Il Consigliere Generale per le Missioni salesiane, don Alfred Maravilla, in visita di animazione missionaria si è congratulato con la comunità, perché “una nuova presenza missionaria fa rivivere la vitalità degli inizi del nostro carisma. Una nuova presenza è importante, perché porta un rinnovato entusiasmo tra i confratelli. Allo stesso modo, i pionieri missionari hanno il privilegio unico di radicare il carisma di Don Bosco in un nuovo contesto”. <br /><br /> <br />Thu, 05 Sep 2024 10:11:02 +0200VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Indonesia: i passaggi chiave del discorso nella moscheahttps://www.fides.org/it/news/75369-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_nella_moscheahttps://www.fides.org/it/news/75369-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_nella_moscheaGiacarta – “Ai tanti segnali di minaccia, ai tempi bui, contrapponiamo il segno della fratellanza”. È tutta incentrata sul dialogo interreligioso e la spiritualità la terza e ultima giornata di Papa Francesco a Giacarta, capitale dell’Indonesia e prima tappa del Viaggio Apostolico in Asia e Oceania. In mattinata, il Pontefice ha raggiunto la moschea “Istiqlal”, dove è stato accolto dal Grand Imam, KH Nasaruddin Umar. <br /><br />Insieme hanno raggiunto il Tunnel dell’Amicizia, struttura che collega la cattedrale alla moschea . "Grazie a tutti coloro che operano convinti che si possa vivere in armonia e in pace, consapevoli della necessità di un mondo più fraterno”, le parole pronunciate dal Vescovo di Roma davanti al tunnel. Successivamente, Papa e Imama hanno raggiunto la grande tenda dove ha luogo l’incontro interreligioso. <br /><br />Dopo una danza tradizionale musulmana di benvenuto, il canto breve di un passo del Corano, la lettura della parabola del buon samaritano tratta dal Vangelo di Luca, e il saluto dell’Imam, il Pontefice ha pronunciato il suo discorso. Quindi la firma della “Joint Declaration of Istiqlal 2024”. Ecco i passaggi salienti del discorso pronunciato dal Papa:<br /><br /><br />Sono felice di trovarmi qui, nella più grande Moschea dell’Asia, insieme a tutti voi. <br /><br /><br />Questa Moschea è stata progettata dall’architetto Friedrich Silaban, che era cristiano e si aggiudicò la vittoria del concorso. Ciò attesta che, nella storia di questa Nazione e nella cultura che vi si respira, la Moschea, come anche gli altri luoghi di culto, sono spazi di dialogo, di rispetto reciproco, di armonica convivenza tra le religioni e le diverse sensibilità spirituali. Questo è un grande dono, che ogni giorno siete chiamati a coltivare, perché l’esperienza religiosa sia punto di riferimento di una società fraterna e pacifica e mai motivo di chiusura e di scontro.<br /><br /> <br />A tale proposito va menzionata la costruzione di un tunnel sotterraneo – il “tunnel dell’amicizia” – che collega la Moschea Istiqlal e la Cattedrale di Santa Maria dell’Assunzione. Si tratta di un segno eloquente, che permette a questi due grandi luoghi di culto di essere non soltanto l’uno “di fronte” all’altro, ma anche l’uno “collegato” all’altro. <br /><br /><br />Vi incoraggio a proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili.<br /><br /><br />In questa prospettiva, simboleggiata dal tunnel sotterraneo, vorrei lasciarvi due consegne, per incoraggiare il cammino dell’unità e dell’armonia che già avete intrapreso. <br /><br /><br />La prima è: guardare sempre in profondità, perché solo lì si può trovare ciò che unisce al di là delle differenze. <br /><br /><br />Guardando in profondità, cogliendo ciò che scorre nell’intimo della nostra vita, il desiderio di pienezza che abita il profondo del nostro cuore, noi ci scopriamo tutti fratelli, tutti pellegrini, tutti in cammino verso Dio, al di là di ciò che ci differenzia. <br /><br /><br />Il secondo invito è: avere cura dei legami. Il tunnel è stato costruito da una parte all’altra per creare un collegamento tra due luoghi diversi e distanti. <br /><br /><br />A volte noi pensiamo che l’incontro tra le religioni sia una questione che riguarda il cercare a tutti i costi dei punti in comune tra le diverse dottrine e professioni religiose. In realtà, può succedere che un approccio del genere finisca per dividerci, perché le dottrine e i dogmi di ogni esperienza religiosa sono diversi. Quello che realmente ci avvicina è creare un collegamento tra le nostre diversità, avere cura di coltivare legami di amicizia, di attenzione, di reciprocità<br /><br /><br />Sono legami che ci permettono di lavorare insieme, di marciare uniti nel perseguire qualche obiettivo, nella difesa della dignità dell’uomo, nella lotta alla povertà, nella promozione della pace.<br /><br /><br />“Promuovere l’armonia religiosa per il bene dell’umanità” è l’ispirazione che siamo chiamati a seguire e che dà anche il titolo alla Dichiarazione congiunta preparata per questa occasione. In essa assumiamo con responsabilità le gravi e talvolta drammatiche crisi che minacciano il futuro dell’umanità, in particolare le guerre e i conflitti, purtroppo alimentati anche dalle strumentalizzazioni religiose, ma anche la crisi ambientale, diventata un ostacolo per la crescita e la convivenza dei popoli. E davanti a questo scenario, è importante che i valori comuni a tutte le tradizioni religiose siano promossi e rafforzati, aiutando la società a «sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza» e a promuovere la riconciliazione e la pace. Thu, 05 Sep 2024 09:20:25 +0200ASIA/INDONESIA - Fuori dall'ipoteca colonialista. La sorprendente storia delle missioni cattoliche nell’arcipelago indonesianohttps://www.fides.org/it/news/75368-ASIA_INDONESIA_Fuori_dall_ipoteca_colonialista_La_sorprendente_storia_delle_missioni_cattoliche_nell_arcipelago_indonesianohttps://www.fides.org/it/news/75368-ASIA_INDONESIA_Fuori_dall_ipoteca_colonialista_La_sorprendente_storia_delle_missioni_cattoliche_nell_arcipelago_indonesianoGiacarta - Nella storia della missione della Chiesa cattolica in Indonesia, per due secoli non c'è stato nessun sacerdote o missionario cattolico nelle migliaia di isole dell’arcipelago. E' uno dei passaggi della storia del cattolicesimo in Indonesia, dove pure i missionari portoghesi erano giunti in Indonesia all'inizio del XVI secolo. Tra loro anche san Francesco Saverio aveva portato il Vangelo nel isole Molucche nel 1546.<br />L’assenza di missionari cattolici, durata 200 anni, fu dovuta all'ostilità e gli scontri tra cristiani in Europa, che subito ebbero ripercussioni nelle colonie. Lo documenta con efficacia padre Armada Riyanto, CM, religioso Vincenziano, nel saggio intitolato "The Catholic Mission in Indonesia and Propaganda Fide. A Historical Overview" . <br /><br />Con l'arrivo della Compagnia olandese delle Indie orientali fondata nel 1602, tutti i sacerdoti cattolici furono espulsi dall'Indonesia, alcuni uccisi. I cattolici esistenti - attesta nel suo saggio padre Armada Riyanto, che è Rettore della Scuola di filosofia e teologia "Widya Sasana", a Malang, nella parte orientale di Giava - vennero registrati come cristiani calvinisti e le chiese cattoliche esistenti furono chiuse o convertite in chiese protestanti calviniste. Le comunità cattoliche nelle isole Molucche furono sciolte e, ad esempio, la fiorente comunità cattolica di Ambon fu trasformata in comunità protestante.<br />Per 200 anni, in isole come Flores i battezzati cattolici, pur senza pastori, continuarono a pregare e a vivere nella fede come l'avevano ricevuta dai missionari portoghesi. E' quella che, nel Museo storico della Cattedrale di Giacarta, si definisce una "chiesa sotterranea", che durò per 200 anni. “Avvenne solo per un miracolo dello Spirito Santo", nota padre Armada Riyanto.<br />La VOC olandese non fu solo un'associazione commerciale. Per due secoli fu uno strumento politico e condusse anche nelle colonie "guerre di religione", come succedeva in Europa. Solo alla fine del XVII secolo, fallì, a causa della corruzione, e venne sciolta.<br /><br />L’intervento di Propaganda Fide<br />Un editto reale del 1807 stabilì che non erano più valide le disposizioni in vigore presso l'Unione di Utrecht dal 20 gennaio 1579 – quelle che riconoscevano il calvinismo come unica fede legittima. la disposizione ebbe effetto anche nelle Indie orientali olandesi. <br />Nello stesso anno, il 1807, La "Sacra Congregazione di Propaganda Fide" eresse in Indonesia la prima "Prefettura apostolica", con il primo Prefetto Apostolico J. Nelissen. Nel 1841, la Prefettura apostolica di Batavia fu eretta a Vicariato apostolico di Batavia. E se, prima del 1600 , i missionari cattolici erano solo portoghesi o spagnoli, dopo il 1800, i missionari cattolici provenivano dai Paesi Bassi e anche da altri Paesi. <br />I missionari olandesi giunti nelle Indie Orientali dopo il 1800 erano però “vincolati” dalle regole coloniali e rimanevano soggetti alle autorità politiche del governo coloniale, che sosteneva finanziariamente le spese e le attività dei missionari. <br /><br />Il caso Groof<br />Un passaggio per svincolare l’opera missionaria dalle strategie coloniali avvenne con il cosiddetto "caso Grooff" del 1845. <br />Il vescovo Jakobus Grooff fu il primo Vicario apostolico di Batavia . J.J. Rochussen era il governatore generale che rappresentava il potere politico del governo olandese in Indonesia . <br />Giunto a Batavia il 1° aprile 1845 , si accorse immediatamente le “irregolarità” in cui incorrevano alcuni sacerdoti nel Vicariato, e nello stesso anno comminò la sospensione per quattro sacerdoti. Rochussen, venuto a conoscenza della "sospensione" dei preti cattolici stabilì che il Vescovo non poteva sospendere i preti che avevano ricevuto lettere credenziali dall'autorità coloniale. il lor operato erano garantite dal governo. <br />Secondo Rochussen, solo il governo poteva "licenziare" o trasferire i preti cattolici perché essi erano inviati nelle Indie orientali olandesi dal governo del Regno dei Paesi Bassi, a spese dello Stato. <br /><br />Convocato dal Governatore il 19 gennaio 1846, il vescovo Grooff ribadì la sua autorità sui preti in quel territorio. Per questo gli fu ordinato di lasciare le Indie orientali olandesi entro 14 giorni.<br />Negli anni successivi Propaganda Fide ebbe contatti con le autorità dei Paesi Bassi per riaprire le porte all'opera della missione cattolica in Indonesia: nel 1854 si concordò la necessità di un "permesso speciale" per il clero; la Santa Sede si impegnava a informare il governatore generale sui luoghi dove erano inviati sacerdoti e missionari e il governatore generale, non avrebbe interferito in questioni riservate all’autorità ecclesiastica. I missionari cattolici avevano libertà di movimento limitata, anche per evitare conflitti con altri missionari protestanti. Era loro vietato anche battezzare gli indigeni e, in questa condizioni, il numero dei battezzati crebbe molto lentamente. A Surabaya, ad esempio, dopo quasi cento anni di presenza missionaria , c'erano solo dieci cattolici giavanesi. <br /><br />I gesuiti<br />I sacerdoti inviati erano per lo più diocesani finché un giorno il Vicario Apostolico di Bataivia, Petrus Vranken, chiese al provinciale dei gesuiti di intraprendere la missione nelle Indie Orientali Olandesi. I gesuiti arrivarono a Surabaya nel 1859. A Giava Centrale, la missione cattolica ricevette un impulso determinante dalla creatività missionaria di p. Franciscus Georgius Josephus van Lith , un gesuita che fondò varie scuole, ricordato come il primo ad annunciare il Vangelo ai nativi di Giava e come grande educatore. Nel 1904, Padre van Lith battezzò 158 giavenesi. Le sue scuole divennero l'emblema dell'opera missionaria della Chiesa cattolica. Nelle sue scuole studiò e venne formato Albertus Soegijapranata SJ, che diverrà poi il primo vescovo nativo dell'Indonesia. <br />Negli anni successivi, inoltre, il movimento di riflessione, di sensibilizzazione e poi di lotta per l'indipendenza ebbe forti legami con il lavoro della missione educativa cattolica. Diversi leader del movimento nazionalista provenivano da scuole cattoliche. <br /><br />Il 1924 è stato l'anno in cui, per la prima volta, i Vicari apostolici dell'Indonesia e i Prefetti apostolici si sono incontrati per discutere dello stato della Chiesa in quel territorio che si iniziava a definire “Indonesia”. L’incontro si tenne nella cattedrale di Batavia , e fu l'embrione dell'incontro della assemblea della futura "Conferenza episcopale dell'Indonesia". Tra i temi discussi, gli Ordinari concordarono di suggerire l'abolizione dell'Articolo 123 del Regolamento del 1854, che impediva ai missionari di andare ovunque volessero, per predicare il Vangelo. Vennero istituiti Seminari per l'istruzione del clero indigeno e i missionari furono molto attivi nell'istituire scuole nei villaggi e nelle città. Si disse che missionari cattolici avrebbero dovuto imparare la lingua e conoscere la cultura locale. <br />I missionari fondarono scuole in molti villaggi e questo li mise in contatto virtuoso con le comunità locali. I leader dei villaggi o i capi religiosi locali li aiutarono a fondare e gestire scuole comunitarie. I missionari familiarizzarono con la cultura giavanese. Così le missioni cattoliche divennero sempre più "giavanesi" e meno "europee".<br /><br />Durante l'occupazione giapponese , nel corso della Seconda guerra mondiale, il processo subì un rallentamento. I missionari vennero detenuti nei campi di concentramento. In diverse aree, i terreni dei Vicariati vennero occupati e molte cappelle furono demolite. Dopo la fine della guerra, la missione riprese iniziando a ripristinare ciò che era stato cancellato e distrutto negli anni precedenti<br /><br />La Bolla Quod Christus<br />Il 1961 fu l'anno in cui la Chiesa cattolica in Indonesia divenne definitivamente la “Chiesa indonesiana”, grazie alla Bolla "Quod Christus Adorandus" di Papa Giovanni XXIII che istituì la gerarchia cattolica e eresse a diocesi le circoscrizioni ecclesiastiche in Indonesia. Si attivarono corsi di istruzione superiore in discipline pastorali e catechesi per laici e nacquero istituti di formazione filosofica a e teologica a Giava, Flores, Sumatra, Timor e altre isole. <br />La Chiesa indonesiana è ancora una "Chiesa giovane. E dagli anni '60 si è configurata in linea con lo spirito del Concilio Vaticano II. I cattolici sono integrati nelle culture della nazione indonesiana, e oggi ne sono riconosciuti come parte integrante. <br /> <br />Thu, 05 Sep 2024 16:00:01 +0200VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Indonesia: i passaggi chiave del discorso ai Vescovi, sacerdoti, religiosi e catechistihttps://www.fides.org/it/news/75367-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_ai_Vescovi_sacerdoti_religiosi_e_catechistihttps://www.fides.org/it/news/75367-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_ai_Vescovi_sacerdoti_religiosi_e_catechistiGiacarta – “Fede, fraternità, compassione”. È su queste tre parole, che compongono il motto scelto per questa Visita Apostolica, che ruota tutto il discorso pronunciato da Papa Francesco nella Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione a Giacarta dove ha incontrato i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate, i seminaristi e i catechisti indonesiani.<br /><br />Al suo arrivo in Cattedrale il Pontefice è stato accolto da una folla festante. Tanti quelli che si sono avvicinati nella speranza di potergli stringere la mano. Qualcuno riesce a scattarsi un selfie. Francesco ha salutato uno per uno i bambini che lo hanno atteso sul sagrato della chiesa sventolando le bandierine del Vaticano e dell’Indonesia. <br /><br />Francesco ha quindi fatto ingresso nella Cattedrale assieme al cardinal Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, Arcivescovo di Giacarta, ad Antonius Subianto Bunyamin, O.S.C., Presidente della Conferenza Episcopale indonesiana, e al parroco. Il Papa ha baciato il crocifisso e asperso con l’acqua benedetta i presenti. Quindi, fra due ali di folla, ha percorso la navata centrale, dispensando sorrisi e strette di mano. <br /><br />Dopo i saluti, i canti e le testimonianze di un sacerdote, di una suora e di due catechisti, il Papa ha preso parola aggiungendo a braccio, prima del discorso ufficiale, un elogio proprio per i catechisti: “La Chiesa la portano avanti i catechisti. I catechisti sono coloro che vanno avanti. E poi vengono le suore, poi vengono i preti e i vescovi. I catechisti sono la forza della Chiesa. Una volta un presidente della repubblica in Africa era stato battezzato dal suo papà catechista. La fede si trasmette a casa, in dialetto. E le catechiste insieme alle mamme e alle nonne portano avanti la fede”. Ecco i passaggi salienti del discorso pronunciato subito dopo:<br /><br />Il motto scelto per questa Visita Apostolica è “Fede, fraternità, compassione”. Penso che siano tre virtù che esprimono bene sia il vostro cammino di Chiesa sia la vostra indole di popolo, etnicamente e culturalmente molto varia, ma al tempo stesso caratterizzata da una connaturale tensione all’unità e alla convivenza pacifica, come testimoniano i principi tradizionali della Pancasila. Vorrei riflettere insieme con voi su queste tre parole.<br /><br /><br />La prima è fede. L’Indonesia è un grande Paese, con enormi ricchezze naturali. Una ricchezza così grande può essere un richiamo a Dio, alla sua presenza nel cosmo e nella nostra vita, come ci insegna la Sacra Scrittura <br /><br /><br />È il Signore che dona tutto questo. Non c’è un centimetro del meraviglioso territorio indonesiano, né un istante della vita di ognuno dei suoi milioni di abitanti che non sia dono suo, segno del suo amore gratuito e preveniente di Padre. E guardare a tutto questo con umili occhi di figli ci aiuta a credere, a riconoscerci piccoli e amati, e a coltivare sentimenti di gratitudine e di responsabilità.<br /><br /><br />La seconda parola è fraternità. Una poetessa del novecento ha usato un’espressione molto bella per descrivere questo atteggiamento: ha scritto che essere fratelli vuol dire amarsi riconoscendosi «diversi come due gocce d’acqua». Ed è proprio così. Non ci sono due gocce d’acqua uguali l’una all’altra, né ci sono due fratelli, nemmeno gemelli, completamente identici. Vivere la fraternità, allora, vuol dire accogliersi a vicenda riconoscendosi uguali nella diversità.<br /><br /><br />Anche questo è un valore caro alla tradizione della Chiesa indonesiana, che si manifesta nell’apertura con cui essa si relaziona alle varie realtà che la compongono e la circondano, a livello culturale, etnico, sociale e religioso, valorizzando l’apporto di tutti e donando generosamente il suo in ogni contesto. <br /><br /><br />Annunciare il Vangelo non vuol dire imporre o contrapporre la propria fede a quella degli altri, ma donare e condividere la gioia dell’incontro con Cristo, sempre con grande rispetto e affetto fraterno per chiunque. <br /><br /><br />La compassione non consiste nel dispensare elemosine a fratelli e sorelle bisognosi guardandoli dall’alto in basso, dalla “torre” delle proprie sicurezze e dei propri privilegi, ma al contrario nel farci vicini gli uni agli altri, spogliandoci di tutto ciò che può impedirci di chinarci per entrare davvero in contatto con chi sta a terra, e così risollevarlo e ridargli speranza. E questo non vuol dire essere comunista, vuol dire carità, vuol dire amore.<br /><br /><br />C’è chi ha paura della compassione, perché la considera una debolezza. Ma questo è un modo falso di guardare alla realtà. Ciò che manda avanti il mondo non sono i calcoli di interesse – che finiscono in genere col distruggere il creato e dividere le comunità – ma la carità che si dona. La compassione non offusca la visione reale della vita, anzi, ci fa vedere meglio le cose, nella luce dell’amore.<br /><br /><br />Vi incoraggio a vivere la vostra missione forti nella fede, aperti a tutti. A tutti, tutti, tutti. A me colpisce tanto storia del Vangelo quando gli invitati non vogliono partecipare al banchetto. Dio si amareggia? No, manda i suoi agli incroci delle strade e dice: portate tutti, tutti, tutti dentro. Questa è una cosa molto bella. <br />Wed, 04 Sep 2024 13:19:34 +0200AFRICA/SENEGAL - La tolleranza religiosa ha favorito relazioni pacifiche islamo-cristianehttps://www.fides.org/it/news/75366-AFRICA_SENEGAL_La_tolleranza_religiosa_ha_favorito_relazioni_pacifiche_islamo_cristianehttps://www.fides.org/it/news/75366-AFRICA_SENEGAL_La_tolleranza_religiosa_ha_favorito_relazioni_pacifiche_islamo_cristianeDakar - L’incontro con popoli e culture diverse, che hanno portato a una mescolanza di etnie e famiglie, ha segnato dagli inizi la storia del Senegal. <br /><br />Il Paese oggi è un esempio di convivenza pacifica tra diverse comunità religiose e di attenzione all’altro – si legge in una nota dei missionari salesiani in merito alla visita appena conclusa in Senegal del Consigliere Generale per le Missioni, don Alfred Maravilla, SDB. Il 97,2% della popolazione professa l’Islam, il 6% segue le religioni tradizionali. I cristiani rappresentano il 2% della popolazione totale. Il 95% dei musulmani appartiene a degli ordini sufi che considerano la pace e la tolleranza come valori importanti. <br /><br />Anche i rapporti tra autorità religiose cristiane e musulmane sono caratterizzati da rispetto e amicizia – sottolinea la nota del Consigliere di origini filippine che è stato a lungo missionario in Papua Nuova Guinea. L’apertura ad accogliere con rispetto i musulmani nelle scuole cattoliche fin dall’arrivo dei primi missionari, così come l’aver sostenuto un atteggiamento di tolleranza religiosa, possono essere stati i fondamenti di queste pacifiche relazioni islamo-cristiane.<br /><br />Durante l’incontro con i salesiani, don Maravilla li ha incoraggiati “a rafforzare le attività e le iniziative che favoriscono la coesistenza dinamica tra musulmani e cristiani nei nostri ambienti”.<br /><br />Nel corso degli anni, gli ambienti salesiani, scuole, centri di formazione o oratori, sono diventati luoghi in cui cristiani e musulmani si incontrano come amici e imparano a rispettare la fede e le sensibilità reciproche. <br /><br /> <br />Wed, 04 Sep 2024 12:03:24 +0200AFRICA/CONGO RD - Almeno 129 morti in una rivolta o tentativo d’evasione nel sovraffollato carcere di Makalahttps://www.fides.org/it/news/75365-AFRICA_CONGO_RD_Almeno_129_morti_in_una_rivolta_o_tentativo_d_evasione_nel_sovraffollato_carcere_di_Makalahttps://www.fides.org/it/news/75365-AFRICA_CONGO_RD_Almeno_129_morti_in_una_rivolta_o_tentativo_d_evasione_nel_sovraffollato_carcere_di_MakalaKinshasa – “Una bomba pronta ad esplodere”. Così viene descritta la prigione centrale di Makala a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo , dove in un tentativo di evasione nella notta tra il 1° e il 2 settembre, almeno 129 detenuti sono stati uccisi. “Il bilancio provvisorio delle vittime ammonta a 129 morti, di cui 24 per colpi di arma da fuoco dopo i tiri d’avvertimento", ha dichiarato il ministro degli Interni, Jacquemain Shabani, in un video registrato e inviato alla stampa. “Il resto sono morti calpestati nella fuga, per soffocamento, mentre alcune donne sono state violentate” ha aggiunto Shabani che ha anche riferito di 59 feriti “soccorsi dalle autorità per fornire loro cure adeguate”. Una parte degli edifici carcerari, tra cui l'anagrafe e l'infermeria, sono stati incendiati.<br />Ci si chiede se si è trattato di un tentativo di evasione di massa oppure di una rivolta interna per le condizioni infernali nelle quali sono costretti a vivere i carcerati.<br />Makala accoglie 10 volte il numero di detenuti rispetto alla capacità programmata. Vi sono infatti rinchiusi 15.000 reclusi quando è stata costruita per accoglierne 1.500. Di questi 15.000 solo 3.000 circa stanno scontando una condanna definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio. Tra questi vi sono giornalisti e oppositori al Presidente in carica, Félix Tshisekedi.<br />Oltre al sovrappopolamento, il carcere più grande del Paese sconta condizioni igieniche terrificanti, infrastrutture fatiscenti, insicurezza e promiscuità tra i detenuti, non rispetto dei diritti umani fondamentali, cibo scarso e di bassa qualità. La sicurezza interna della prigione è gestita dagli stessi prigionieri, lo Stato controlla solo la cinta esterna del carcere per impedire evasioni o assalti esterni. In ogni padiglione vi sono dei “governi” gestiti dai carcerati, nei quali prevale la legge del più forte. <br />La prigione aveva già subito danni significativi durante un attacco da parte di uomini armati nel 2017, che permise a più di 4.000 detenuti di fuggire. Un attacco che non è mai stato chiarito dalle autorità congolesi. <br /><br />Wed, 04 Sep 2024 11:14:53 +0200VIAGGIO APOSTOLICO - Papa in Indonesia: i passaggi chiave del discorso alle Autorità civili e Corpo diplomaticohttps://www.fides.org/it/news/75364-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_alle_Autorita_civili_e_Corpo_diplomaticohttps://www.fides.org/it/news/75364-VIAGGIO_APOSTOLICO_Papa_in_Indonesia_i_passaggi_chiave_del_discorso_alle_Autorita_civili_e_Corpo_diplomaticoGiacarta – Entra nel vivo il Viaggio Apostolico in Asia e Oceania di Papa Francesco. Dopo la giornata di “pausa” in Nunziatura, il Pontefice questa mattina ha celebrato messa in privato. Poi, in auto, ha raggiunto il Palazzo Presidenziale Istana Merdeka per la Cerimonia di benvenuto in Indonesia e la visita di cortesia al Capo di Stato. <br /><br />Il Pontefice è stato accolto dal Presidente della Repubblica d’Indonesia, Joko Widodo, mentre un gruppo di bambini eseguiva una danza di benvenuto. Dopo la Guardia d’Onore, l’esecuzione degli inni e l’Onore alle Bandiere, la presentazione delle rispettive Delegazioni. Al termine, il Presidente della Repubblica e il Papa hanno raggiunto la Credential Hall per la firma del Libro d’Onore e la foto ufficiale. <br /><br />“Immerso nella bellezza di questa Terra, luogo di incontro e dialogo tra culture e religioni diverse, auguro al popolo indonesiano di crescere nella fede, nella fraternità e nella compassione. God bless Indonesia”, le parole che ha scritto il Vescovo di Roma. <br /><br />Quindi l’incontro privato tra Francesco e il Presidente. Terminato il bilaterale, il Papa ha rivolto un discorso, il primo dei quattro previsti a Giacarta, alle Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico. Un discorso, quello odierno, incentrato sul tema del dialogo interreligioso come antidoto all’estremismo e all’intolleranza religiosa. Ecco i passaggi salienti:<br /><br /><br />Come l’oceano è l’elemento naturale che unisce tutte le isole indonesiane, così il mutuo rispetto per le specifiche caratteristiche culturali, etniche, linguistiche e religiose di tutti i gruppi umani di cui si compone l’Indonesia è il tessuto connettivo indispensabile a rendere unito e fiero il popolo indonesiano.<br /><br /><br />Questo saggio e delicato equilibrio, tra la molteplicità delle culture e delle differenti visioni ideologiche e le ragioni che cementano l’unità, va continuamente difeso da ogni sbilanciamento. Si tratta di un lavoro artigianale affidato a tutti, ma in maniera speciale all’azione svolta dalla politica<br /><br /><br />Per favorire una pacifica e costruttiva armonia, che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone del Paese, la Chiesa Cattolica desidera incrementare il dialogo interreligioso. <br /><br /><br />Si potranno eliminare in questo modo i pregiudizi e far crescere un clima di rispetto e fiducia reciproca, indispensabile per affrontare le sfide comuni, tra le quali quella di contrastare l’estremismo e l’intolleranza, i quali – distorcendo la religione – tentano di imporsi servendosi dell’inganno e della violenza.<br /><br /><br />La Chiesa Cattolica si pone al servizio del bene comune e desidera rafforzare la collaborazione con le istituzioni pubbliche e altri soggetti della società civile, per incoraggiare la formazione di un tessuto sociale più equilibrato e per assicurare una distribuzione più efficiente ed equa dell’assistenza sociale.<br /><br /><br />In altri contesti si ritiene di poter o dover prescindere dal ricercare la benedizione di Dio, giudicandola superflua per l’essere umano e per la società civile. Al contrario, vi sono casi in cui la fede in Dio viene continuamente posta in primo piano, ma spesso per essere purtroppo manipolata e per servire non a costruire pace, comunione, dialogo, rispetto, collaborazione, fraternità, ma per fomentare divisioni e accrescere l’odio. <br /><br /><br />Di fronte a queste ombre, rallegra osservare come la filosofia che ispira l’organizzazione dello Stato indonesiano manifesti saggezza ed equilibrio. Auspico che tutti, nel loro quotidiano agire, sappiano trarre ispirazione da questi principi e renderli effettivi nell’adempimento ordinario dei rispettivi doveri, perché opus justitiae pax, la pace è frutto della giustizia. <br />Wed, 04 Sep 2024 09:31:09 +0200ASIA/CINA Storia di Paolo Dongdong: dall’orfanotrofio delle suore cinesi alle Paralimpiadi di Parigihttps://www.fides.org/it/news/75363-ASIA_CINA_Storia_di_Paolo_Dongdong_dall_orfanotrofio_delle_suore_cinesi_alle_Paralimpiadi_di_Parigihttps://www.fides.org/it/news/75363-ASIA_CINA_Storia_di_Paolo_Dongdong_dall_orfanotrofio_delle_suore_cinesi_alle_Paralimpiadi_di_ParigiNingjinxian – Da un orfanotrofio di suore cattoliche nella provincia cinese di Hebei ai Giochi di Parigi. E’ la storia sorprendente di Dongdong Paolo Camanni, giovane atleta paralimpico di Judo che rappresenterà l'Italia ai Giochi di Parigi 2024. <br /><br />Suor Wang Qingfen è una religiosa della Congregazione di Santa Teresa del Bambino Gesù, nella Diocesi di Zhaoxian , provincia di Hebei, in Cina continentale. 20 anni fa, lei e le consorelle della Casa dell’Aurora hanno preso in braccio un bambino di due anni, affetto da retinoblastoma bilaterale ed era stato abbandonato sulla strada. Vent’anni dopo, anche le suore della Casa dell’Aurora hanno espresso sulle reti sociali i loro auguri al “loro” Dongdong, che partiva dall’italia per prendere parte alle Paralimpiadi in corso a Parigi.<br /><br />Dongdong, è il nome che le suore hanno dato 20 anni fa al bambino che avevano salvato. Grazie a loro e alla conoscenza di un giornalista italiano, Dongdong ha poi incontrato in Italia la sua famiglia adottiva. In Italia è iniziato un percorso di vita che lo ha portato a diventare giovane campione di judo paralimpico, vincitore di medaglie d’oro agli EPYG ed un bronzo mondiale nel 2022 a Baku. <br /><br />Dongdong è uno dei più di seicento bambini disabili abbandonati che hanno trovato affetto, casa e una vita buona grazie alla vigile carità delle suore della Congregazione Santa Teresa del Bambino Gesù e alle loro opere nel campo dell’assistenza ai deboli e ai malati.<br />Il brefotrofio La Casa dell’Aurora, gestito dalle suore, è stato fondato da Raimondo Wang Chonglin, vescovo della diocesi di Zhaoxian alle fine degli anni Ottanta del Secolo scorso. In quel tempo si trovavano spesso bambini disabili abbandonati nelle stazioni ferroviarie o vicino agli ospedali. Il Vescovo Wang acquistò una casa privata, chiamò le suore di Santa Teresa e chiese loro se volevano diventare le madri di quei bambini, aiutandoli a uscire dalla loro condizione sfortunata. Tra i 600 bambini e bambine da loro accuditi, il 40% è stato colpito da poliomielite. Con lavoro tenace, le suore li hanno aiutati a vivere, a incontrare Gesù, a sturiare, a lavorare, a mettere su famiglia. <br /><br />Oggi la Casa dell’Aurora è artocolata in tre parti: il Centro di Cura , la Stazione di Riabilitazione e il Centro di Riabilitazione Funzionale . Da 38 anni, le suore trascorrono la loro migliore giovinezza curando le ferite, sia fisiche che interiori, di bambini e dei giovani disabili. Per reperire i fondi necessari a portare avanti l’opera, le suore inventano iniziative originali con creatività . <br /><br />Ai giornalisti che una volta le facevano domande sulla sua vita e sulla vita della Casa dell’Aurora, suor Wang Qingfen ha risposto: “Siamo onorate perché il Signore ci ha fatto questo dono, alla nostra Congregazione e a ognuna di noi… Questo luogo ha visto accadere tanti miracoli per amore del Signore, che sono andati a beneficio di tutta la società e di tante persone di buona volontà”. <br /> <br />Wed, 04 Sep 2024 16:03:39 +0200