AFRICA/RWANDA - DA KINYAMATEKA, GIORNALE CATTOLICO DEL RWANDA UN COMMENTO SULLE RECENTI ELEZIONI PRESIDENZIALI

lunedì, 8 settembre 2003

Roma (Agenzia Fides)- Sulle elezioni presidenziali rwandesi tenutesi il 25 agosto, vinte dal Presidente Paul Kagame con il 95% dei voti, riceviamo e pubblichiamo un articolo di Kinyamateka, giornale cattolico del Rwanda.

“Il genocidio e il massacro perpetuati in Rwanda nel 1994 hanno donato ai Rwandesi un coraggio eccezionale per superare le situazioni difficili e riuscire in qualsiasi impresa ad ogni costo. Il voto plebiscitario per il Presidente Kagame alla magistratura suprema non è altro che il coronamento di una serie di successi a 360 gradi accumulati in un tempo record.
I semi della sua elezione sono stati gettati quando, il Presidente Kagame al comando del FPR-Inkotanyi, riuscì fermare il genocidio che stava inghiottendo più di un milione di vite innocenti, sostituendosi alla forze della Nazioni Unite (Minuar) che stavano fuggendo vigliaccamente le loro responsabilità, lasciando dietro innumerevoli vittime imploranti assistenza e protezione. Ben prima del genocidio, nell’ottobre 1990, e in virtù della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,che proclama il diritto di vivere nel proprio paese natale e di godere dei diritti civili, i Rwandesi riconoscevano al Presidente Kagame di aver condotto una guerra per il rimpatrio di più di due milioni di rifugiati, che dal 1959 erano sparsi nel mondo. Per questo si è scontrato duramente con gli eserciti del Rwanda di allora, dello Zaire, della Francia, del Belgio e di altri. La popolazione rwandese non ha la memoria corta. Si ricorda che, dopo la vittoria, il Presidente ha formato un governo di unità nazionale, nel quale erano rappresentate tutte le componenti della nazione, e come il ritorno in massa di circa tre milioni di rifugiati dal 1994 si è effettuato senza grandi problemi. Questo rimpatrio, che alcuni dicevano “suicida”, ha persuaso gli increduli della buona volontà che animava la nuova amministrazione.
Il Presidente Kagame ha guadagnato la fiducia del popolo integrando gli ex appartenenti al vecchio esercito rwandese (FAR) nel nuovo esercito patriottico rwandese. È un fatto raro vedere il vincitore tendere la mano al vinto per formare un esercito unitario. Quest’ultimo ha dato prova di disciplina e di coesione nei combattimenti che sono seguiti per assicurare la sicurezza del paese. Altre carte vincenti che gli avversari del Presidente non avevano, è quello di aver estirpato dalla testa della gente l’etnicità maledetta, d’avere particolarmente puntato sullo sviluppo socio-culturale, tecnico e scientifico, infine d’aver fatto ricorso alle giurisdizioni tradizionali Gacaca per far luce sui processi intentati contro gli accusati di genocidio, in modo da liberare gli innocenti e giudicare i criminali.

Maturità politica
È evidente che tutti i partiti politici registrati in Rwanda hanno solide basi, dato che hanno una lunga esperienza politica. Le forze politiche rwandesi hanno analizzato minuziosamente la politica pragmatica del Presidente Kagame e hanno deciso di presentarlo come loro candidato alle presidenziali. Potevano fare diversamente e giocare la politica da politicanti introducendo la cacofonia nel concerto coeso della pace. Ma hanno messo gli interessi nazionali d’avanti i loro guardando innanzitutto all’unità nazionale e al benessere della popolazione. Questa decisione dimostra la lucidità e la maturità politica delle loro rispettive formazioni e un profondo senso di patriottismo.

Gli altri sfidanti
Alcuni concorrenti alla Presidenza della Repubblica sapevano che non avevano abbastanza peso per far pendere la bilancia dalla loro parte. È il caso di Nayinzira Jean Népomuscène, ex ministro del governo di unità nazionale, ex Presidente della Commissione nazionale d’unità e di riconciliazione, ex deputato dell’Assemblea nazionale di transizione. Egli aveva lavorato a fianco del Presidente Kagame, apprezzando il suo carisma e il suo modo di accogliere le idee e di condividerle. Nayinzira J.N. non è uno stupido; come politico accorto, voleva tastare il polso all’elettorato, e allo stesso tempo, rifarsi degli affronti di cui è stato oggetto nel suo stesso partito e nell’Assemblea nazionale. Poco importa il risultato elettorale. Penso che Nayinzira J.N. voleva rientrare in politica entrandovi a tambur battente. Il suo amore proprio se ne ingagliardito: egli è ormai conosciuto come candidato alle elezioni presidenziali e inscritto nella nomenklatura delle alte personalità rwandesi.
Alivera Mukabaramba candidandosi alla Presidenza della Repubblica è stata la prima donna in Rwanda ad aspirare a questo incarico delicato. I suoi discorsi riflettevano la pietà di una madre e la sua professione di pediatra, la compassione per gli emarginati, la dolcezza, la femminilità. Coraggiosa e tenace ha potuto sfidare il mito maschile che afferma che solo l’uomo è capace di prendere decisioni ponderate.
Dei quattro candidati in lizza, Faustin Twagiramungu è il grande perdente. La sua sconfitta e le sue illusioni lo segneranno a lungo perché era convinto che avrebbe vinto di diritto le elezioni. Secondo le dichiarazioni dei suoi sostenitori, la strategia di divisione etnica che credeva di usare come cavallo di battaglia non era più attuale dopo otto anni di assenza. Egli ha cercato di seminare la divisione su un terreno arido e le defezioni massicce registrate in tutte le province gli hanno assestato un colpo fatale del quale si ricorderà per tutto il resto della sua vita.

Una lezione magistrale
Per poter aspirare alla carica di Capo di Stato del Rwanda, i futuri candidati dovranno in primo luogo interrogarsi sullo stato d’animo dei Rwandesi, considerare primo di tutto gli interessi della popolazione e presentare un programma realistico”.
(Agenzia Fides 8/9/2003 righe 73 parole 887)


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