Archdiocese of Yangon
Yangon (Agenzia Fides) - "Il nostro intento è parlare e promuovere in tutte le sedi un dialogo nazionale, come via d'uscita dalla situazione di conflitto che dura ormai da quattro anni, con grande sofferenza per tutta la nazione, per il sostentamento del popolo, per il settore educativo, per l'economia, per il futuro dei giovani. Il Myanmar è bloccato in questa violenza intestina. Oggi solo il dialogo è la soluzione per una prospettiva di tregua e di pace; e, per avviarlo, c'è bisogno di mediatori e facilitatori esterni, come attori di carattere internazionale": lo dice in un colloquio con l'Agenzia Fides mons. Francis Than Htun, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Yangon.
Il Vescovo si trova nella città controllata dalla giunta militare al potere, nella parte centrale del paese, dove non vi sono forti combattimenti. "Tuttavia gli effetti del guerra si fanno sentire: nell'area pastorale affidata alla mia cura, - racconta - ci sono 14 parrocchie , tutte in qualche modo interessate dal fenomeno degli sfollati interni che continuano a giungere dalle aree di conflitto, le zone periferiche della nazione. Viviamo in questa drammatica situazione e quanto possiamo fare è solo dare accoglienza e consolazione".
"Gli sfollati - riferisce - giungono in cerca di sicurezza, molti trovano aiuto da parenti o amici, altri non hanno riferimenti e vagano in cerca di una sistemazione provvisoria. La risposta della comunità cattolica è fatta di solidarietà e di aiuti umanitari, è una risposta di prossimità".
Spiega il Vescovo Francis Than Htun: "Non è facile vivere in questo contesto, segnato dall'ingiustizia e dalla violenza e trovarsi tra le parti in lotta. Come Vescovi, dobbiamo mantenere rapporti con la giunta militare al potere e con gli apparati statali, anche solo per uscire dal paese e partecipare a incontri pastorali della Chiesa in Asia o della Santa Sede. Questo non significa approvare uno stato di guerra o essere vicini al potere militare, è solo una necessità funzionale" puntualizza.
"La nostra bussola - prosegue - resta la dottrina sociale della Chiesa: cerchiamo di agire responsabilmente per il bene del popolo di Dio, promuovendo la pace per tutto il popolo del Myanmar. Il principio della giustizia ci ispira a essere vicini a chi è nel bisogno, ai più vulnerabili, deboli e malati, a quanti sono colpiti più fortemente dal conflitto in corso. Per questo anche i sacerdoti sono sempre impegnati nell'assistere gli sfollati e portare aiuti materiali e spirituali".
"Ho potuto vedere di persona, visitando i malati, quanto conta la nostra vicinanza nell'ascoltare, incoraggiare, benedire. Nella travagliata situazione che si vive oggi in Myanmar, questa è la nostra missione", rileva il Vescovo, notando segnali di speranza. "In una cornice di sofferenza, di fronte a sfide molto difficili - dice - vediamo una fede viva e forte. I fedeli mostrano resilienza di fronte al male, abbiamo vissuto il Giubileo che ci ha rimesso nel cuore la parola 'speranza', che pronunciamo pensando soprattutto ai nostri giovani. Ci chiediamo spesso come poter tenere viva la fiamma della speranza nei giovani, che a volte vediamo scoraggiati e per questo desiderosi di lasciare il paese".
Conclude mons. Francis Than Htun: "Ogni giorno diciamo: come fare la volontà di Dio? cosa possiamo fare in queste condizioni? La risposta è sperare nel Signore e benedirlo, continuare nella preghiera e restare in comunione con gli altri fedeli del mondo, perchè possano sostenerci con la loro preghiera per la pace; e perché possiamo anche noi, d'altro canto, ricordare tanti altri luoghi di conflitto nel mondo, dove si combatte, si soffre e si muore".
(PA) (Agenzia Fides 30/9/2025)