ASIA/LIBANO - Strage di Beirut, gli sciiti accusano i miliziani delle Forze Libanesi. Padre Zgheib: c’è chi punta a far riesplodere gli scontri settari

sabato, 16 ottobre 2021 medio oriente   geopolitica   chiese orientali   sciiti   violenza  

al-akhbar.com

Beirut (Agenzia Fides) – La crisi del Libano si tinge di sangue e torna a riaccendere nell’inconscio collettivo di tanti libanesi gli incubi mai rimossi degli anni di stragi e violenza della guerra civile. Dopo i sette manifestanti sciiti uccisi giovedì 14 ottobre a Beirut da cecchini appostati sui tetti nel quartiere “cristiano” di Tayouneh, il Partito di Hezbollah e la stampa sciita attaccano frontalmente come autori del massacro miliziani delle Forze Libanesi, Partito guidato dal leader cristiano Samir Geagea, che dal canto suo smentisce le accuse di aver realizzato un “agguato” premeditato, leggendo la vicenda come un semplice caso di auto-difesa messo in atto dagli abitanti del quartiere di fronte alle aggressioni e provocazioni dei militanti sciiti. Sui media e nei contributi di alcuni analisti riaffiora la retorica settaria sulle milizie impegnate a “difendere” e “proteggere” i quartieri cosiddetti “cristiani” dalle incursioni dei gruppi legati ai Partiti sciiti di Hezbollah e di Amal. Ma il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, lancia l’allarme: “Tanti segnali” spiega padre Zgheib all’Agenzia Fides “fanno emergere che ancora una volta la terra libanese, in preda a una crisi senza precedenti, rimane terreno di scontro per partite geopolitiche regionali e globali. Chi gioca queste partite, sa bene che in Libano per far saltare tutto occorre infiammare i conflitti settari, e mascherare le proprie mosse sotto quella veste. Ma questo lo sanno bene anche tanti libanesi. Tutti hanno visto come si facevano operazioni di questo tipo durante gli anni tremendi della guerra civile. Questo nessuno lo ha dimenticato, e nessuno vuole tornare a quel tempo atroce”.
La strage di giovedì è stata perpetrata dopo che una manifestazione di militanti di Amal e di Hezbollah erano entrati urlando slogan e provocando caos nel quartiere cristiani di Tayouneh , nei luoghi di radicamento storico dei militanti delle Forze Libanesi, vicino alla linea di demarcazione che divideva i quartieri cristiani da quelli sciiti nella Beirut durante il conflitto settario iniziato nel 1975. La manifestazione era stata convocata da Amal e da Hezbollah per chiedere la rimozione del giudice Tarek Bitar, titolare dell’inchiesta che sta mettendo nel mirino uomini di Amal – Partito guidato dal Presidente del Parlamento Nabih Berri- per le loro presunte responsabilità penali in merito alle tragiche esplosioni che devastarono il porto di Beirut il 4 agosto 2020.
Nel contorto scenario politico libanese, reso ancora più incandescente dalla crisi sociale e economica che sta mettendo in ginocchio il Paese, gli schieramenti politici locali e i rispettivi referenti geopolitici regionali e globali puntano a guadagnare terreno in vista delle elezioni, in agenda nel marzo 2022. Secondo alcuni analisti, in questo contesto anche i militanti delle Forze Libanesi tornano a sbandierare gli argomenti della logica miliziana tipici degli anni della guerra civile cercando di guadagnarsi la fama di “protettori dei cristiani” nei confronti delle strategie prevaricanti delle forze politiche sciite. Fonti libanesi contattate da Fides invitano a tener presenti i fattori geopolitici che condizionano il complicato scenario libanese, dove le alleanze sono sempre mutevoli e al momento sembrano in fase di logoramento anche allineamenti di forze che negli ultimi anni apparivano più che solidi. Hezbollah e Amal, formazioni sciite che durante la guerra civile scontravano militarmente, ora appaiono legate da un asse di ferro. A mal digerire l’indagine degli giudice Bitar sono soprattutto gli uomini di Amal, e appartenevano tutti a Amal i sette manifestanti uccisi dai cecchini giovedì scorso. Sul fronte geopolitico, Hezbollah rimane legata all’Iran, mentre sono ben conosciuti i legami di Berri (leader di Amal) con gli Stati Uniti. Giovedì scorso, proprio nelle ore in cui su consumava la strage di Beirut, si trovava in visita nella capitale libanese Victoria Nuland, assistente del Segretario di Stato USA Tony Blinken, che nelle dichiarazioni rilasciate al termine della sua trasferta-lampo ha assicurato nuovi aiuti finanziari USA all’esercito libanese e ha definito inconsistenti le promesse di sostegno energetico all’economia libanese giunte dall’Iran. Nel contempo, negli ultimi giorni ambienti vicini ai leader di Amal accusano il Presidente Michel Aoun di sostenere politicamente le indagini del giudice Bitar come captatio benevolentiae per riallacciare rapporti meno tesi con l’attuale amministrazione USA. Dettagli controversi, a tratti contraddittori, che rendono ancora più evidente come sia banale e fuorviante invocare lo “scontro” tra cristiani e musulmani come chiave ermeneutica per comprendere le dinamiche in atto nell’intricato scenario libanese. Uno scenario dove da lungo tempo i settarismi e le contrapposizioni di matrice confessionali vengono utilizzati come veicolo per porre in atto provocazioni di matrice terroristica o militare, utili a cambiare i fragili equilibri di potere e sabotare prospettive di pacifica convivenza tra diversi. (GV) (Agenzia Fides 16/10/2021)


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