ASIA/AFGHANISTAN - Il contingente militare italiano lascia la nazione: il futuro è incerto

mercoledì, 9 giugno 2021 militari   solidarietà   sviluppo  

Kabul (Agenzia Fides) - “Il contingente italiano, che oggi lascia l’Afghanistan dopo vent’anni di presenza nel paese, ha avuto un ruolo significativo da un punto di vista sociale oltre che di sicurezza. I nostri militari si sono guadagnati l’affetto e la stima della gente, portando progresso soprattutto nel campo dell’educazione. Quello che preoccupa è il futuro: mi auguro che ciò che è stato fatto rimanga, che non si torni indietro come si teme. Negli ultimi mesi sono state uccise persone che hanno collaborato allo sviluppo del paese, donne professioniste o giovani studentesse”. E’ il commento rilasciato all’Agenzia Fides dal Barnabita p. Giuseppe Moretti, missionario in Afghanistan dal 1990 al 2015 e Superiore della Missio sui iuris a Kabul a partire dal 2002.
L’Italia ha dato avvio al ritiro delle truppe dall’Afghanistan a vent’anni dagli attacchi delle Torri Gemelle: risale infatti al 30 dicembre 2001 l’arrivo dei militari italiani nella zona a loro affidata, il quadrante di Herat, nel nord-ovest del paese. E’ pari a 52 il numero di militari caduti dall’inizio della guerra. Sono invece 895 gli uomini che hanno lasciato ieri il paese. Secondo p. Moretti, “è un fatto storico che il popolo afghano riesca a trovare unità solo nel voler mandare via la presenza militare straniera: pensiamo alle guerre anglo-afghane, all’invasione sovietica e alla presenza della Nato. Oggi, però, la partenza di questi militari, anziché lasciare un’eredità di sicurezza, lascia il timore di un ritorno al passato. Possiamo solo pregare affinché le cose volgano al positivo”.
Una preoccupazione condivisa anche da parte della popolazione, come racconta all’ Agenzia Fides Abdurahman Qaderi, avvocato e membro del Consiglio della Provincia di Paktia, in Afghanistan: “Molte persone sono felici della partenza delle forze militari straniere, ma la maggior parte della gente è preoccupata, perché la situazione è davvero incerta. Quello che si teme di più è il rischio di una nuova guerra civile. Siamo spaventati anche dal rischio di intromissioni da parte di paesi limitrofi che potrebbero essere interessati a favorire la guerra. Per questo chiediamo al presidente degli Stati Uniti e a tutti gli altri paesi di ascoltare queste nostre preoccupazioni. Vorremmo delle garanzie internazionali per il nostro futuro”.
Era l’aprile del 1978 quando un colpo di stato rovesciò il governo di Mohammed Daud Khan, dando inizio ad una condizione di guerra che in Afghanistan dura ormai da oltre quarant’anni. A quel golpe, infatti, fecero seguito l’occupazione sovietica dal 1979 al 1989 e, dall’inizio degli anni Novanta, una sanguinosa guerra civile che poi avrebbe favorito l’ascesa dei talebani. L’Emirato Islamico dell’Afghanistan da loro instaurato rimase in piedi fino al 2001, quando gli USA attaccarono il paese in risposta agli attentati dell’11 settembre.
(LF-PA) (Agenzia Fides 9/6/2021)


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