AFRICA/CONGO RD - Stato d’emergenza nell’est: dubbi e perplessità di studiosi ed esponenti della società civile

martedì, 11 maggio 2021


Kinshasa (Agenzia Fides) – Dubbi e perplessità sono state espresse da esponenti della società civile sull’applicazione dello Stato d’assedio nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) entrato in vigore il 6 maggio (vedi Fides 7/5/2021).
“Finora il parlamento non ha ancora approvato alcuna legge che regoli l’applicazione dello stato d’assedio e dello stato di emergenza, come raccomandato dalla Costituzione. Questa legge dovrebbe precisare, per esempio, come gestire le libertà personali durante lo stato di emergenza e lo stato d’assedio” ha detto P. Télesphore Malonga, professore di diritto costituzionale presso l’Università cattolica di Graben e presidente della società civile di Butembo che si è detto preoccupato per l’assenza di una legge che precisi le modalità di applicazione dello stato d’assedio, come invece previsto dall’articolo 85 della Costituzione.
L’ordinanza del 3 maggio con la quale il Presidente Félix Tshisekedi ha avviato lo stato d’emergenza prevede la sostituzione delle autorità civili nelle due province per una durata di 30 giorni con governatore militare e un vice governatore della polizia.
Ma lo stesso apparato militare e di sicurezza non è esente da critiche, inefficienze e persino complicità con i gruppi armati che imperversano nelle due province. “Anche all’interno dell'esercito si nota un mal funzionamento che ne ostacola la professionalità e l’efficacia” sottolinea il professor Chober Agenonga, esperto di sociologia militare e docente presso l’Università di Kisangani. “Si tratta, per esempio, dell’insufficienza della logistica e dell’equipaggiamento militare, della malversazione dei fondi destinati a pagare gli stipendi dei militari sul fronte, dell’esistenza di catene parallele di comando e di complicità con determinati gruppi armati”. Nell’ambito sociale- prosegue lo studioso- a volte si constata la stessa complicità tra miliziani e membri delle loro comunità di appartenenza”. “C’è anche la questione della scarsa attenzione riservata ai giovani, che facilita il loro arruolamento nei gruppi armati. Sono tutte questioni che spiegano, abbastanza chiaramente, il fatto che lo stato d’assedio non potrà fornire soluzioni durature al problema dell’insicurezza” aggiunge il professore Agenonga. Secondo lo studioso per risolvere la crisi nell’est del Paese occorre ristruttura l’esercito dotandolo di una catena di comando unitaria e professionale e di risorse sufficienti gestite in modo trasparente per evitare malversazioni di denaro da parte degli ufficiali e il trasferimento di armi e munizioni ai gruppi armati; rafforzare la fiducia e la collaborazione tra popolazione civile e forze di sicurezza, perché nessuna guerra può essere vinta senza la fiducia e la collaborazione della popolazione; accelerare il programma di Disarmo, Smobilitazione e Reinserimento Sociale (DDRS) riservato ai membri dei gruppi armati pronti a deporre le armi; ricostruire le zone colpite dalla violenza, con la creazione di posti di lavoro per i giovani; rafforzare l’autorità dello Stato; ristabilire la coesione intercomunitaria, spezzata dalla strumentalizzazione di milizie a connotazione tribale e responsabili dei massacri di membri di altre comunità. (L.M.) (Agenzia Fides 11/5/2021)


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