AFRICA/ZAMBIA - Preoccupazioni per la crisi del debito che mette a repentaglio la vita dei più poveri

martedì, 29 dicembre 2020 economia   povertà   vescovi  

Lusaka (Agenzia Fides) - Lo Zambia è un Paese semi-sconosciuto alle cronache internazionali: non ci sono guerre, scontri tribali, fame, siccità, locuste, dittatori. Almeno fino a ieri. Ma nelle ultime settimane il Paese sta entrando dentro una spirale preoccupante. A novembre c’è stato il mancato pagamento di cedole di Eurobond per 42,5 milioni di dollari, mentre il pagamento di 391 milioni di dollari dovuto alla China Development Bank è stato rimandato ad aprile 2021. Il debito dello Zambia è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni, passando dai 4,8 miliardi di dollari del 2014 agli 11,2 miliardi del 2019: dal 18% del prodotto interno lordo al 48% del PIL. L’inflazione cresce e la valuta si svaluta: a novembre, il tasso di inflazione annuale dello Zambia è salito al livello più alto negli ultimi quattro anni (17,4%.), la kwacha si è deprezzata del 33% rispetto al dollaro.
Tutto questo ha provocato, come documentato in un recente report del Jesuit Justice and Ecology Network Africa, «un rapido indebolimento dell'economia che sta mettendo a repentaglio la vita economica e sociale dei cittadini comuni, in particolare i poveri, gli emarginati e i vulnerabili». Il default significa impossibilità di contrarre nuovi prestiti e mancato accesso alle valute estere. Questo renderà per lo Zambia più costoso importare merci, avrà effetti sulla crescita economica e, per riflesso, sulla competitività complessiva del Paese. Significa in termini pratici, tagli ai servizi sociali o più tasse per i cittadini, per pagare il debito.
I Vescovi cattolici hanno espresso la loro preoccupazione per il crollo dell’economia e gli effetti sulla popolazione più povera. Il presidente della Conferenza Episcopale, Sua Ecc. Mons. George Lungu, ha invitato il governo a uscire dalla sua confort zone e a «prendere atto delle grida silenziose del nostro popolo».
Secondo Neil Thompson, ricercatore presso l'Economist Intelligence Unit, «la crisi del debito dello Zambia non sarà risolta a breve termine, i politici continueranno a pensare prima alla loro rielezione». Infatti, ad agosto 2021 ci saranno le elezioni presidenziali e il presidente in carica, Edgar Lungu, si sta già muovendo per blindare la sua posizione. In primis vuole inserire un emendamento nella Costituzione che consente la formazione di un governo di coalizione se nessuno dei candidati ottiene più del 50% del totale dei voti validi espressi. Se nessun candidato presidenziale supera il 50% al primo turno, il candidato più votato può proporre un accordo ad un candidato perdente a sua scelta insieme al quale raggiungono il 50% (+1) dei consensi, se non c’è accordo si va al ballottaggio. I giornali locali lo chiamano l’emendamento che trasforma in Re i partiti più piccoli.
Tuttavia, il disegno di legge per essere approvato richiede la maggioranza dei due terzi dei membri del parlamento quindi se tutti i parlamentari del principale partito di opposizione United Party for National Development (UPND) non cederanno alle lusinghe della maggioranza il provvedimento non passerà. Il piano B è abolire l'attuale registro elettorale e farne uno nuovo dando agli elettori solo 30 giorni per registrarsi. Questo priverebbe del diritto di voto molti cittadini delle zone rurali dove casualmente l’opposizione ha avuto la maggioranza.
Nei fatti il Presidente sta eliminando le possibilità legali dell’opposizione favorendo indirettamente il rischio di disordini e violenze. (F.F.) (Agenzia Fides 29/12/2020)


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