ASIA/TIMOR EST - Covid-19: il caso virtuoso del piccolo stato a maggioranza cattolica

sabato, 12 settembre 2020 cristianesimo   chiesa cattolica   coronavirus  

Dili (Agenzia Fides) - Una grande vittoria per un piccolo stato. E’ il caso di Timor Est che all’11 di settembre può ancora vantare uno dei bilanci maggiormente positivi nella sua lotta al Coronavirus: soli 27 casi e nessun decesso. Erano 26 al 21 agosto e quindi, mentre anche paesi tecnologicamente sviluppati – come la Corea del Sud o Singapore – hanno visto recentemente un nuovo aumento dei casi, la situazione a Timor Est è rimasta stabile senza la necessità di nuove misure anti-Covid. Lo stato di emergenza – rigidamente imposto in marzo – era stato ufficialmente sospeso già a fine giugno. Il primo caso e stato registrato il 21 marzo e il picco è stato raggiunto in aprile con un massimo di 12 casi in un giorno. Il Paese più povero dell’Asia, escluso finora da associazioni regionali come l’ASEAN (Associazione delle nazioni del Sudest Asiatico) e considerato uno dei paesi meno sviluppati al mondo, si dimostra invece più abile e virtuoso persino dell’Australia o della Nuova Zelanda per non parlare dei vicini più prossimi come Indonesia e Filippine o, ultimamente, Myanmar e Vietnam. La seconda ondata di Covid ha modificato le certezze che fino a due mesi fa facevano di molti Paesi del Sudest addirittura dei modelli cui guardare.
Gli osservatori attribuiscono alla rapidità decisionale e alla rigida applicazione della prevenzione il segreto del piccolo Paese: il 28 marzo lo stato di emergenza veniva dichiarato dal presidente Francisco Guterres, e rinnovato nuovamente il 24 aprile. Oggi a Timor Est si sentono di aver vinto, pur con tutte le cautele, la battaglia. E’ una delle pochissime aree del mondo che può vantare un tale primato.
Il segreto sta forse anche nella capacita di unità e solidarietà di una piccola ma omogenea realtà sociale dove la Chiesa cattolica gioca un ruolo fondamentale anche perché a Timor Est la maggior parte degli abitanti è cattolica (su una popolazione di circa 1,3 milioni di abitanti, i battezzati cono il 95%): “Celebrare la Pasqua in mezzo alla pandemia di Covid-19 invita tutti noi a mettere da parte i nostri interessi personali, di gruppo o di partito e creare invece unità per combattere il Coronavirus” aveva detto l'arcivescovo Virgilio do Carmo da Silva durante la messa di Pasqua trasmessa in tv il 12 aprile dalla capitale Dili. La Chiesa locale ha infatti immediatamente sostenuto la dichiarazione sullo stato di emergenza del governo del marzo scorso e ha poi trasmesso i servizi religiosi utilizzando ogni tipo di strumento: tv, radio, social media. Spirito di servizio e solidarietà hanno caratterizzato l’azione di associazioni religiose e della stessa arcidiocesi che, per portare assistenza materiale, psicologica e spirituale alle persone in difficoltà a causa del Covid, ha creato sin dai primi mesi della pandemia una “task force pastorale” composta da sacerdoti, religiosi e laici con competenze in psicologia e medicina a stretto contatto con la Caritas locale per la distribuzione degli aiuti. La decisione di riaprire le chiese per le celebrazioni eucaristiche è stata cosi annunciata già il 28 maggio scorso, due mesi dopo che era stata imposta la chiusura a seguito della scoperta dei primi casi. Con l’avvertenza però di indossare sempre le mascherine e di osservare il distanziamento fisico. La Chiesa cattolica, fin dall’indipendenza del 1999, è pienamente impegnata nel dare un contributo allo sviluppo della società, operando nell’istruzione, nei servizi sociali, nel miglioramento del sistema sanitario, educativo, politico. (MG-PA) (Agenzia Fides 12/9/2020)


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