AFRICA/EGITTO - “Martiri della fede e della nazione”: al via la prima opera cinematografica sui copti trucidati in Libia dai jihadisti

mercoledì, 8 luglio 2020 medio oriente   chiese orientali   martiri   jihadisti   cinema  

CoptsUnited

Samalut (Agenzia Fides) – Si intitolerà “Martiri della fede e della nazione” la prima opera cinematografica dedicata ai 20 cristiani copti decapitati nel 2015 dai jihadisti insieme al loro compagno di lavoro ghanese. L’iniziativa parte con la benedizione del Patriarca copto ortodosso Tawadros, e verrà realizzata con la supervisione di Anba Pavnotios, Vescovo copto ortodosso di Samalut,
In un recente comunicato diffuso dalla stessa diocesi di Samalut, si annunciava l’imminente avvio delle riprese, definito già lo scorso gennaio e rimandato a causa dell’epidemia da coronavirus. La raccolta di testimonianze e materiali utili per la stesura e la revisione della sceneggiatura, affidata allo scrittore Mina Magdy, è cominciata già da lungo tempo. Il testo della sceneggiatura è basato anche sui racconti dei familiari dei martiri, quasi tutti nativi della regione di Samalut. Il testo da trasformare in film, prima di arrivare al culmine delle scene riguardanti il martirio, la scoperta dei corpi in una fossa comune e il ritorno delle spoglie in Egitto, ripercorre le vite dei giovani copti trucidati dai jihadisti, colti nell’ordito della loro vita quotidiana e familiare, segnata da fatiche, speranze e desideri di un futuro migliore. Gli stessi desideri che avevano spinto i martiri anche a emigrare in Libia, alla ricerca di un lavoro dignitoso e utile a sostenere le rispettive famiglie.
La regia dell’opera è affidata al cineasta Yussef Nabil, che già in passato si è cimentato nel racconto cinematografico di storie di martirio cristiano. L’annuncio del piano dell’opera e dell’inizio dei lavori – spiega su Wataninet.com Nader Shoukry, membro della commissione incaricata di rivedere la sceneggiatura - punta anche a cercare sovvenzionatori per sostenere l’ambizioso piano di lavoro. Il comunicato diffuso dalla diocesi di Samalut riporta anche il messaggio rilasciato dai cineasti coinvolti nel progetto, i quali chiedono a tutti “di pregare che il Signore completi il lavoro con noi, aiutandoci a realizzare il film nel migliore dei modi, così che diventi una testimonianza della forza dei martiri, per tutte le generazioni future”.
I 20 copti egiziani e il loro compagno di lavoro ghanese furono rapiti in Libia all'inizio di gennaio 2015. Il video della loro decapitazione fu messo in rete dai siti jihadisti il 15 febbraio successivo. Ad appena una settimana dalla notizia del massacro, il Patriarca copto ortodosso Tawadros II decise di iscrivere i 21 martiri decapitati da affiliati al sedicente Stato Islamico (Daesh) nel Synaxarium, il libro dei martiri della Chiesa copta, stabilendo che la loro memoria fosse celebrata proprio il 15 febbraio.
I resti mortali dei copti uccisi in Libia dai jihadisti furono individuati alla fine di settembre 2017 in una fossa comune sulla costa libica, presso la città di Sirte. I loro corpi erano stati rinvenuti con le mani legate dietro alla schiena, vestiti con le stesse tute color arancione che indossavano nel macabro video filmato dai carnefici al momento della loro decapitazione.
Quest’anno, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 7/2/2020), nella diocesi copta ortodossa di Samalut i “martiri copti di Libia” sono stati celebrati in forma solenne nel V anniversario del loro martirio. Le celebrazioni, svoltesi dal 1° al 16 febbraio, si sono svolte presso la chiesa e presso il museo-sacrario dedicati ai martiri, edificati a Samalut in tempi rapidi con il sostegno concreto del governo egiziano.
“Il video che ritrae la loro esecuzione - riferì all'Agenzia Fides Anba Antonios Aziz Mina, Vescovo copto cattolico emerito di Guizeh dopo il massacro dei 21 martiri - è stato costruito come un'agghiacciante messinscena cinematografica, con l'intento di spargere terrore. Eppure, in quel prodotto diabolico della finzione e dell'orrore sanguinario, si vede che alcuni dei martiri, nel momento della loro barbara esecuzione, ripetono ‘Signore Gesù Cristo’. Il nome di Gesù è stata l'ultima parola affiorata sulle loro labbra. Come nella passione dei primi martiri, si sono affidati a Colui che poco dopo li avrebbe accolti. E così hanno celebrato la loro vittoria, la vittoria che nessun carnefice potrà loro togliere. Quel nome sussurrato nell'ultimo istante è stato come il sigillo del loro martirio”. (GV) (Agenzia Fides 8/7/2020).


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