AFRICA/CIAD - Un orto "al femminile": promozione della donna in un progetto di Caritas e ordini religiosi

mercoledì, 5 febbraio 2020 donne   promozione umana   sviluppo   agricoltori   missionari   ordini religiosi  

N’Djamena (Agenzia Fides) - La promozione della donna può passare attraverso un orto: è la scommessa che il gesuita padre Franco Martellozzo, da oltre 50 anni missionario nel paese, sta portano avanti nella regione di Mongo, in Ciad. "Fino a non molti decenni fa - ricorda il religioso a Fides - la donna aveva come compito principale la preparazione dei pasti quotidiani, mentre al marito spettava la coltura del miglio e la pratica della caccia. La donna doveva nutrire la famiglia in ogni tempo e in ogni luogo, anche se il marito non aveva nulla da offrire. Lo faceva coltivando un campo di arachidi e raccogliendo radici e foglie. In passato, i boschi erano al limite del villaggio, come pure l’acqua e la legna. Il suo compito non era dunque faticoso e il marito, grazie all’abbondanza della selvaggina, riforniva la casa di carne".
Col tempo, però, tutto cambia. La deforestazione riduce progressivamente la legna disponibile e la carenza di piogge asciuga le fonti. "Per trovare acqua e legna - spiega padre Franco - le donne sono costrette a fare lunghe camminate, mentre radici e foglie commestibili sono divenute più rare. La loro vita si è fatta dura. In alcune zone poi, quando per la diminuzione delle piogge il raccolto del miglio è quasi nullo, le donne traslocano a Sud del Paese, dove i raccolti sono abbondanti, in cerca di lavoro. Anche i mariti partono a cercare lavoro in città. E le famiglie si dividono".
Nel 1994, anno di grande carestia in Ciad, il direttore della scuola elementare cattolica di Bagwa, sfruttando avvallamento, dove la pur scarsa pioggia si era accumulata, pianta insalata e pomodori. Ha un tale successo che le donne del villaggio ne sono attratte. "Capiscono - racconta padre Franco - che è meglio coltivare un orto che correre per le montagne circostanti a cercare tuberi o erbe commestibili o emigrare verso Sud". Così cercano un terreno, scavano un buco per raggiungere la falda e, tirando su l’acqua con corda e secchielli, iniziano il primo orto proteggendolo con una siepe contro gli animali.
"Tutte le piante crescono e il raccolto è promettente, quando una notte una mandria di buoi sfonda la siepe di protezione e distrugge il raccolto, generando grande delusione per le donne che hanno lavorato tanto. Poi, con l’arrivo della nuova stagione delle piogge, il loro pozzo crolla», prosegue il gesuita. Per questo religiosi e religiose decidono di aiutarli, costruendo un pozzo in cemento e dotando l’orto di una rete metallica che impedisce agli animali di entrare. Il raccolto è magnifico e, da quel momento, si formano numerosi altri gruppi di donne in tutti i villaggi vicini.
"L’attività si è sviluppata ed è diventata un importante progetto della Caritas locale" rileva padre Franco. Le Ong internazionali si sono interessate a questo programma e a tutt’oggi gli orti recintati gestiti dalle donne sono moltissimi, in tutti i villaggi della regione.
Le donne coltivano principalmente verdure e legumi tradizionali che usano in cucina o che vendono al mercato. L’orto permette alle donne di nutrire meglio la famiglia senza dover emigrare e ciò mantiene i legami familiari. Anche i bambini, aiutando le mamme, imparano a coltivare gli ortaggi. In secondo luogo le vendite al mercato permettono alla famiglia di affrontare le spese essenziali per la salute, la scuola, il vestiario. "L’orto - conclude padre Franco - è di più di un semplice campo coltivato. È un luogo di riflessione e di scambio che necessariamente apre loro una nuova visione della vita. È anche un modo per imparare a prendere insieme le decisioni. Una forma di democrazia nata dal basso e, soprattutto, al femminile". (EC) (Agenzia Fides 5/2/2020)


Condividi: