AFRICA/SUD SUDAN - I Comboniani: “Accompagnare la popolazione verso un cammino di pace e riconciliazione”

sabato, 30 novembre 2019 politica   società civile   istituti missionari   riconciliazione   diritti umani   pace   istruzione   povertà  

Action Against Hunger

Juba (Agenzia Fides) - “I leader sud sudanesi hanno l'obbligo morale nei confronti dei loro cittadini di promuovere reali prospettive di pace, sviluppo e democrazia nel paese”. A dirlo in un’intervista all’Agenzia Fides è padre Daniele Moschetti, missionario comboniano, commentando la difficile situazione in cui versa attualmente il Sud Sudan. A poco più di un anno dall’accordo di pace siglato ad Addis Abeba dal presidente Salva Kiir, e dal leader ribelle, l’ex vice presidente Riek Machar, per porre fine alla sanguinosa guerra civile scoppiata nel dicembre 2013, sono ancora molte le questioni da risolvere nel Paese africano: “Gli scontri a fuoco fra le diverse fazioni sono continui e molte strade sono impraticabili: gli unici collegamenti interni si fanno con gli aerei”, riferisce p. Moschetti.
“Inoltre - aggiunge - le violente alluvioni di queste ultime settimane hanno messo a dura prova una realtà già compromessa, interessando vaste aree di territorio e inghiottendo interi villaggi”. La situazione è resa ancor più drammatica dalla crisi umanitaria che affligge la maggior parte della popolazione: “Mancano le risorse per garantire l’assistenza e la protezione necessarie, il numero di sfollati è impressionante: oltre tre milioni di sud sudanesi sono fuggiti dalle loro case dal dicembre 2013 cercando di raggiungere altre regioni o paesi vicini in cerca di cibo e sicurezza e oltre 200mila sfollati interni vivono nei campi delle Nazioni Unite per paura di ritorsioni e violenza”. L’emergenza riguarda soprattutto i minori: “Il futuro del Paese è profondamente a rischio: il 63 % dei rifugiati sono bambini che non hanno avuto alcun accesso all’istruzione”.
Padre Daniele per sette anni è stato superiore provinciale in Sud Sudan e da questa esperienza, qualche anno fa, è nato anche un libro. “L'indipendenza - osserva - non ha significato una vita migliore per la popolazione in Sud Sudan, ad oggi il paese è ancora caratterizzato da profonde differenze: le divisioni politiche e i giochi di potere - rileva - hanno minato fin dall'inizio la possibilità di avviare una convivenza pacifica tra i diversi popoli che compongono il mosaico etnico di questo paese e che hanno sempre vissuto in gruppi separati con un forte senso di rivalità tribale”. Durante questi anni la Chiesa cattolica ha sempre fatto sentire la sua voce ed è stata vicina alla popolazione. “Alla vigilia dell’indipendenza - racconta il missionario - la Chiesa lanciò una campagna per costruire un più profondo senso di cittadinanza. L'obiettivo era sviluppare un senso di nazionalità e contribuire a creare un paese in cui tutti gli abitanti fossero trattati con pari dignità e giustizia”.
“I recenti eventi nel Sud Sudan hanno dimostrato che la libertà non è una condizione sufficiente per una convivenza pacifica, per garantire degne condizioni di vita e pari diritti per tutti”. Oggi, infatti, dopo lo slittamento di ulteriori cento giorni a partire dallo scorso 12 novembre – scadenza fissata per la formazione di un governo di unità di transizione – non si intravedono spiragli positivi: “L’opposizione - riporta p. Moschetti - ha chiesto un rinvio di tre mesi con la motivazione di tre nodi principali: la sicurezza, l’integrazione delle reclute, la formazione di un esercito nazionale e l’amministrazione dei nuovi 32 stati”.
Attualmente, la Chiesa, le congregazioni missionarie e religiose nel paese sono di nuovo “in prima linea” per promuovere il processo di riconciliazione: “Costruire la pace e la guarigione umana sono tra i principali scopi che l'Associazione dei Superiori Religiosi del Sud Sudan, che comprende 46 congregazioni, sta cercando di raggiungere attraverso il centro per la formazione umana e spirituale”, riferisce p. Daniele. Fondato nel 2016 a Rejaf, vicino alla prima missione dei missionari comboniani nel Sud Sudan, che risale al 1919, in questo centro “i missionari sono impegnati a curare i traumi causati dalla guerra e dalla violenza all'interno delle comunità”, chiarisce. “Attraverso ritiri spirituali, seminari e corsi di formazione - conclude il Comboniano - diamo un sostegno alle persone di diverse tribù a incontrarsi, conoscersi, superare pregiudizi e condividere non solo paure e sofferenze, ma anche diversi patrimoni culturali e aspirazioni per il futuro”. (ES) (Agenzia Fides 30/11/2019)


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