AFRICA/CENTRAFRICA - I Carmelitani: “ La formazione e lo sviluppo sono la nostra missione nel giovane cuore dell’Africa”

sabato, 7 settembre 2019 formazione   sviluppo   missione   diritti umani   ordini religiosi   imprenditoria  

Bangui (Agenzia Fides) - Creare lavoro in Africa, far nascere piccole esperienze di imprenditoria, dare opportunità a uomini e donne che vivono in un Paese al primo posto nella scala delle povertà: è questo l’impegno dei religiosi Carmelitani Scalzi che operano a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. “La grave povertà della popolazione, ci ha spinto a ritenere necessario e prioritario un intervento nel campo della formazione e dello sviluppo, ancora di più in questi tempi in cui nel Paese si sta cercando di tornare alla normalità, dopo anni di sanguinosa guerra”, riferisce in un’intervista all’Agenzia Fides p. Jerome Paluku, Segretario per la cooperazione missionaria dell’ordine dei Carmelitani Scalzi.
I membri della congregazione fondata da Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce hanno, infatti, convissuto con la sofferenza e il disagio degli sfollati: attualmente la loro missione a Bangui, accoglie 3.000 profughi a fronte dei 10mila ospitati nel 2014 quando il refettorio divenne una sala parto e i bambini dormivano in chiesa. “Molti profughi – racconta padre Jerome – sono riusciti a rientrare nelle loro case o a ricostruirne una altrove. Ci sono circa 7.000 persone che hanno trascorso al Carmel qualche settimana, qualche mese o anche uno, due o tre anni”. Sono tanti i progetti portati avanti in questi anni dai Carmelitani a sostegno dei meno fortunati: tra i più importanti, c’è il Centro di Formazione e Produzione Agro-Alimentare “Carmel”, che ha sede nella capitale, ed è stato finanziato nel 2017 grazie ai fondi dell’8 per mille della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) e con il contributo di un’associazione francese fondata da due missionari in Camerun.
“Il progetto - spiega padre Paluku - ha già avviato con successo una produzione di mattoni autobloccanti in argilla, sabbia, cemento e acqua. Molti ex profughi ora sono operai e muratori. E’ prevista anche una scuola agricola dove sarà offerta una formazione agro-alimentare. Poi un allevamento bovino con 75 capi di bestiame, l’unico della capitale e uno dei migliori del Paese, e una serie di pozzi”.
Prosegue, inoltre, un progetto di assegnazione di borse di studio, perché - spiega il segretario - "è importante insistere sull’importanza di investire nell’educazione: la formazione dei giovani resta la nostra prima missione nel giovane cuore dell’Africa e della Chiesa”.
“Secondo un rapporto dell’Onu - prosegue il religioso - ben 10.000 bambini, nella zona più interna, non possono entrare in classe perché le loro aule sono occupate dai ribelli”. La situazione nel Paese è, infatti, ancora precaria: “Nella capitale, negli ultimi due mesi, non ci sono stati gravi scontri, però - rileva il sacerdote carmelitano - non è più uno scontro tra due fronti, la Seleka e gli anti-Balaka, Vi sono ora tanti piccoli gruppi armati che vanno avanti con rappresaglie e vendette. E’ uno stillicidio continuo".
P. Paluku rileva: “Gli accordi di pace non sono stati efficaci e lo Stato non è in grado di garantire sicurezza”. Ora il testimone è nelle mani dei 12mila soldati dell’Onu: “Non sono mancate manifestazioni di protesta da parte della popolazione per chiedere la costituzione di un esercito nazionale, inesistente da ormai tre anni”, spiega. “Senza l’Onu - continua - la situazione sarebbe peggiore, anche perché un esercito efficiente e affidabile non si crea in tempi brevi. Ci vorrà del tempo perché la situazione si stabilizzi. Basta poco per iniziare una guerra, ma per la pace ci vuole tempo, pazienza e coraggio”. (ES) (Agenzia Fides 7/9/2019)


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