ASIA/AFGHANISTAN - Passi concreti verso la pace, ma restano alcuni dettagli equivoci

venerdì, 12 luglio 2019 diritti umani   chiese locali   pace  

Doha (Agenzia Fides) – “A Doha nei giorni scorsi si sono tenuti due incontri. Il primo è quello intra-afghano, che ha visto confrontarsi la delegazione talebana ed alcuni rappresentanti della società e del governo afghano, presenti solo a titolo personale. L’altro è stato il settimo round di negoziati veri e propri tra la delegazione talebana e l’inviato di Trump, Zalmay Khalilzad. Questi sostiene che l’ultimo round negoziale sia stato particolarmente produttivo. Sembra infatti, dalle note fatte trapelare e dai commenti di alcuni partecipanti, che i Talebani abbiano finalmente accettato il punto fondamentale per Khalilzad, ovvero l’idea che l’accordo sia un pacchetto completo, fatto di 4 punti: ritiro delle truppe, garanzia da parte dei Talebani che il paese non sarà un retroterra per i terroristi internazionali, e poi – i punti controversi per il gruppo fondamentalista – un cessate il fuoco e l’inizio del dialogo con il governo afghano”. E’ quanto raccontato all’Agenzia Fides dal ricercatore Giuliano Battiston in merito ai risultati dei recenti negoziati avvenuti in Qatar tra la fine di giugno ed i primi giorni di luglio e che avevano come oggetto la pace in terra afghana.
L’apertura del movimento fondamentalista al dialogo con il governo afghano rappresenta un importante passo in avanti: “Fino a poco fa, i Talebani hanno sostenuto che non avrebbero parlato con il governo di Kabul, ritenuto illegittimo perché ‘marionetta’ degli americani. Negli ultimi tempi, però, hanno cominciato a dimostrare la propria disponibilità in tal senso, ma solo dopo che gli americani avranno definito l’agenda del ritiro delle truppe. Questo è il punto più importante per i Talebani, perché la principale ragione attraverso la quale hanno mobilitato risorse e uomini, in questi anni, è stata quella di un Afghanistan libero dalle truppe di occupazione”.
Sembra, però, che l’accettazione dei quattro punti dell’accordo passi per la controversa richiesta dei Talebani, espressa nel documento finale dell’incontro intra-afghano, di una “istituzionalizzazione del sistema islamico”. Questo punto, non ben articolato all’interno del documento, potrebbe far temere un ritorno al passato. Spiega, a tal proposito, Battiston: “I pro-governativi hanno buone ragioni nel sostenere che anche l’attuale architettura istituzionale, la Repubblica d’Afghanistan, sia un compromesso giusto tra le istituzioni della democrazia liberale e il rispetto dei valori islamici. Ma i Talebani vogliono portare a casa una vittoria, anche simbolica, su questo punto, e da tempo ripetono che la Costituzione va riformata. Se ciò avverrà, dipende tutto dal come verrà fatto: perché si può effettuare tale riforma seguendo meccanismi previsti dalla Costituzione stessa e, più in generale, dal diritto afghano, oppure lo si può fare con atti più ‘politici’ che vengano incontro alle richieste dei Talebani. La verità è che neanche questi ultimi sanno bene cosa vogliono, quale architettura istituzionale costruire. Ma sanno anche loro che l’Emirato islamico d’Afghanistan, il loro governo-regime negli anni Novanta, è ormai improponibile, perché diversa è la società, diverse le aspettative”.
Alla vigilia del negoziato, il sacerdote Barnabita, responsabile della Missio sui iuris in Afghanistan, padre Giovanni Scalese, aveva affidato le trattative al Sacro Cuore di Gesù: “Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo sia il Signore e il Re dell’universo, Lui vuole regnare su tutte le nazioni. E il suo regno è ‘un regno di verità e vita, un regno di santità e grazia, un regno di giustizia, amore e pace’. Preghiamo il Divino Cuore che possa operare per la nostra salvezza”. (LF) (Agenzia Fides, 12/07/2019)
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