AFRICA/GIBUTI - Stare accanto ai poveri di qualsiasi religione: la missione della Caritas

lunedì, 18 marzo 2019

Gibuti (Agenzia Fides) - "La nostra missione è stare vicino ai poveri. Qualsiasi fede professino e a qualsiasi etnia appartengano. Siano essi immigrati o cittadini locali". Francesco Martialis, Direttore di Caritas Gibuti, descrive così a Fides lo spirito con il quale opera l'organizzazione che fa capo alla Chiesa cattolica..
Gibuti è un Paese musulmano in cui non è concesso alla Chiesa cattolica fare evangelizzazione aperta, ma le è permesso operare nel sociale. "La Caritas opera a Gibuti dal 1952" spiega Martialis. "Tutti, dalle autorità ai singoli cittadini, sanno che siamo un’emanazione della Chiesa cattolica. Ma possiamo lavorare liberamente con la gente e per la gente. Un’opera che è apprezzata ed è riconosciuta".
Gibuti è un piccolo stato incuneato tra Eritrea, Etiopia e Somalia. Ex colonia francese, è indipendente dal 1977. In questi 42 anni ha conosciuto forti tensioni tra le etnie issa (il 60% della popolazione) e quella afar (35%). Tuttora non si è arrivati a una completa pacificazione e per superare questo conflitto latente il governo cerca di giocare la carta unificante dell’Islam. "La fede islamica è una carta politica che il governo utilizza per unificare la nazione" continua Martialis. "Ciò che preoccupa però non è questo aspetto, ma la costante diffusione del fondamentalismo, che arriva da alcune nazioni della Penisola araba. Questo islam è intollerante e totalmente estraneo alla tradizione religiosa tollerante dei gibutini. Per secoli cristiani e musulmani sono vissuti fianco a fianco, senza problemi. Queste infiltrazioni saudite danneggiano sia noi cristiani che i musulmani locali".
I cristiani sono, in realtà, circa cinquemila: la maggioranza cattolici, cui si aggiungono riformati (luterani e pentecostali) e ortodossi (Chiesa ortodossa etiope). La maggior parte dei cattolici sono soldati delle basi francese e italiana e membri della missione delle Nazioni Unite a Gibuti. La diocesi locale, guidata dal Vescovo italiano mons. Giorgio Bertin, conta su tre sacerdoti e una trentina di suore. "Noi - spiega Martialis - pur essendo una organizzazione di ispirazione religiosa. operiamo in modo laico. Ovviamente se ci chiedono da dove traiamo la nostra forza, noi diciamo apertamente che siamo cristiani. Ma questo non ci impedisce, anzi ci aiuta, a lavorare con tutti, soprattutto con i più poveri dei poveri".
I progetti sono vari. Il principale si occupa dei ragazzi di strada, potenziali vittime del traffico di esseri umani. A essi, un migliaio, vengono assicurate cure mediche, vestiti, cibo, ma anche formazione (francese, inglese, matematica, arte) e l’avvio scolastico. "La maggior parte sono migranti (oromo etiopi)" osserva Martialis. "Vivono in condizioni terribili. Molti si drogano. Sono violenti. Le ragazze si prostituiscono. Noi cerchiamo di dare loro l’affetto di cui hanno bisogno e cerchiamo di reinserirli nei loro nuclei familiari". La Caritas aiuta i più poveri, migranti e gibutini, offrendo anche cure mediche gratuite nella clinica cattolica e negli ospedali pubblici. Da anni ha lanciato anche un progetto per sostenere le comunità dell’entroterra particolarmente colpite dalla siccità e con loro sta avviando un progetto per salvaguardare l’ambiente.
Due anni fa, Caritas Gibuti ha cercato di creare una presenza per aiutare le popolazioni duramente segnate dalla guerra, ma ha incontrato serie difficoltà. Ora sta valutando una nuova missione nel Paese, ma intanto cerca di aiutare gli yemeniti a Gibuti con un progetto che prevede formazione professionali, microcrediti e aiuti di base. "Questo – conclude Martialis - è il nostro modo per stare vicino ai gibutini e ai migranti. Un aiuto concreto rivolto a chi ha bisogno. Lavoriamo con spirito evangelico in una terra islamica". (EC) (Agenzia Fides 18/3/2019)


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