ASIA/INDIA - Dieci anni dopo i massacri anticristiani in Orissa: resta l’impunità ma anche “una profonda testimonianza di fede”

sabato, 10 novembre 2018 violenza   riconciliazione   persecuzioni   cristianesimo   induismo   fede  

Indore (Agenzia Fides) - “I cristiani del distretto di Kandhamal, nello stato indiano di Orissa, hanno offerto la più bella testimonianza di Cristo in duemila anni di cristianesimo in India”: lo ha dichiarato l'Arcivescovo Leo Cornelius, alla guida della diocesi di Bhopal, in un recente incontro in cui si è ricordato il decimo anniversario della violenza contro i cristiani in Orissa.
Come appreso da Fides, l'Arcivescovo ha detto: “In seguito all'uccisione del leader indù Swami Laxmamananda Saraswati, nel 2008 il movimento estremista Sangh Parivar dichiarò che il cristianesimo era bandito a Kandhamal e ai cristiani fu detto di abbracciare l'induismo. Coloro che rifiutarono furono bruciati vivi, sepolti vivi, tagliati a pezzi. Quasi 100 martiri furono uccisi mentre 300 chiese e 6.000 case furono saccheggiate e date alle fiamme, lasciando 56.000 senzatetto. Migliaia di fedeli non hanno potuto rimettere piede nei loro villaggi per anni poiché non volevano subire un processo di ‘ghar wapsi’ (riconversione all’induismo). Dieci anni dopo, quasi nessun cristiano ha abbandonato la sua fede. Al contrario, l'atteggiamento di perdono dei cristiani ha sciolto i cuori di centinaia di persone tra coloro che hanno aggredito i fedeli”.
Come rileva all’Agenzia Fides il giornalista indiano Anto Akkara, che ha compiuto una inchiesta approfondita sui massacri di Kandhamal, “a 10 anni da quell’orrore, ingiustizie e pregiudizi su quella tragica vicenda fanno sì che resti piena impunità”. “E' stato uno dei peggiori casi di violenza mirata e prolungata contro cristiani e dalit. E tutt’oggi non vi è alcun pentimento da parte dei colpevoli" ha aggiunto Biprocharan Nayak, leader cattolico e presidente dell'Associazione dei sopravvissuti di Kandhamal.
Come rileva Nayak, negli ultimi 10 anni i cristiani hanno combattuto la battaglia per la giustizia. Quasi tutti gli organi statali, compresa la polizia e l'amministrazione civile, “hanno fatto di tutto per negare il crimine e ostacolare la loro battaglia per la giustizia. Negli ultimi 10 anni solo i cristiani hanno ricordato questa atrocità. La maggioranza della comunità locale non sembra sentire il bisogno di condividere la sofferenza, il dolore, l'umiliazione e il senso di ingiustizia dei propri cittadini cristiani. Ci stiamo trasformando in una nazione con scarso senso della giustizia”, ha aggiunto Nayak.
In un nuovo libro titolato “Kandhamal: Introspection of Initiative for Justice, 2007-2015”, l'avvocato Vrinda Grover e la ricercatrice Saumya Uma affermano che circa 2.000 fedeli sono stati costretti a rinunciare al cristianesimo. Il germe di quella violenza risiede nella polarizzazione sociale e religiosa nello stato: “Per comprendere i fatti di Kandhamal, dobbiamo guardare indietro a momenti come l’approvazione della Legge anti-conversione in Orissa o al divieto di macellazione della mucca” osserva il sacerdote cattolico Ajay Singh, attivista per i diritti umani in Orissa. La violenza esplosa a Kandhamal, rileva SIngh “è stata il prodotto di una lenta ma costante erosione di un tessuto sociale inclusivo”, che ha sfruttato anche l’elemento castale e ha fatto trionfare “il settarismo violento”. (PN-PA) (Agenzia Fides 10/11/2018)


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