AFRICA/CENTRAFRICA - Unanime condanna per l’uccisione del parroco di Séko

lunedì, 26 marzo 2018

Bangui (Agenzia Fides) - “Condanniamo con forza questi atti. Gli uomini di Dio hanno il compito di annunciare la via della pace e della riconciliazione” ha affermato Sua Eminenza il Cardinale Dieudonné Nzapalainga, nel condannare, insieme all’imam Omar Kobine Layama, l’uccisione di don Joseph Désiré Angbabata, il parroco di Séko, una località a 60 km da Bambari, morto in seguito alle ferite riportate nell’assalto alla parrocchia (vedi Fides 23 e 24/3/2018).
La popolazione sta soffrendo le conseguenze degli scontri scoppiati il 20 marzo in diversi villaggi della zona, tra l’UPC (Unité pour la paix en Centrafrique), formazione guidata da d'Ali Darass, nata da una scissione della coalizione ribelle Seleka, e i miliziani anti balaka.
Tra i morti ci sono il direttore della scuola di Goubali, Passi Kouzounéyé, e sua moglie, che ha determinato la chiusura delle scuole in tutti i villaggi interessati dai combattimenti, la cui popolazione peraltro è stata costretta alla fuga, visto che negli assalti diverse abitazioni sono state saccheggiate e incendiate. Diverse decine di persone sono rimaste uccise e i loro corpi sono stati sepolti in fosse comuni. Un portavoce dell’UPC ha smentito che il suo gruppo abbia perpetrato gli assalti, affermando che sono stati commessi da “banditi”.
Ma fonti della Chiesa locale, che per motivi di sicurezza hanno chiesto l’anonimato, ribadiscono che sono stati i membri dell’UPC a commettere le violenze: “Le testimonianze che sono giunte alla nostra attenzione e i sopravvissuti che sono arrivati all'ospedale di Bambari affermano con convinzione che sono stati gli elementi dell'UPC che hanno iniziato a commettere violenze dal villaggio di Goubali, fino alla parrocchia di Séko. Hanno ucciso freddamente p. Joseph Désiré Angbabata, parroco della chiesa, e una dozzina di cristiani”. La fonte ha poi chiesto alle autorità nazionali di assumersi la responsabilità di proteggere la popolazione, ed ha sottolineato che “non tutti i cristiani sono antibalaka e tutti gli anti-balaka non sono cristiani”. I ribelli Seleka sono descritti come “musulmani” mentre i loro avversari, le milizie anti balaka, sono descritte come “cristiane”. In realtà come più volte sottolineato dal Cardinale Nzapalainga, dall’imam Kobine Layama e dagli altri membri della Piattaforma delle Confessioni Religiose Centrafricane per la pace, il conflitto in Centrafrica è politico, non religioso. (L.M.) (Agenzia Fides 26/3/2018)


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