ASIA/LIBANO - Il Presidente di Caritas Libano dopo l'attentato di Beirut: il nostro Paese è a rischio

venerdì, 13 novembre 2015 terrorismo  

RaiNews

Beirut (Agenzia Fides) - L'attentato di ieri nel quartiere di Beirut controllato dagli sciiti di Hezbollah “conferma in maniera tragica la minaccia di destabilizzazione che pesa sul Libano. Se continua la guerra in Siria, è inevitabile che il nostro Paese rischi di essere risucchiato nel vortice”. Cosi il sacerdote maronita Paul Karam, Presidente di Caritas Libano, commenta la strage al centro commerciale di Beirut rivendicata dai jihadisti dello Stato Islamico (Daesh). “Le conseguenze della guerra in Siria - riferisce all'Agenzia Fides il sacerdote libanese - cadono inevitabilmente su di noi. L'altissimo numero di profughi siriani giunti in Libano, e che noi della Caritas cerchiamo di aiutare in ogni modo, crea fatalmente problemi per la sicurezza di tutti. In una simile moltitudine di disperati, non è difficile immaginare che ci possa essere anche qualcuno di quelli che hanno subito il lavaggio del cervello, e sono pronti a farsi esplodere in attentati suicidi, provocando vittime innocenti. E in questa situazione così tragica - aggiunge p. Karam - la paralisi istituzionale attraversata dal Libano rende il paese ancora più fragile. La comunità internazionale e le potenze regionali che l'hanno fomentato, devono essere loro a fermare il conflitto in Siria, se davvero vogliono impedire che tutti i Paesi dell'area vengano contagiati e destabilizzati da questa folle guerra”.
L'attentato suicida, realizzato da due kamikaze che si sono fatti esplodere a pochi minuti l'uno dall'alteo, in una zona molto affollata, è il più grave fatto di sangue avvenuto in Libano negli ultimi otto anni, e ha provocato almeno 43 morti e 239 feriti. Oggi in Libano è stato proclamato il lutto nazionale, le scuole e le università sono rimaste chiuse. La stampa libanese sottolinea la risposta di unità nazionale scattata davanti alla strage, ma c'è chi riconosce che anche il Libano rischia di trasformarsi in una “terra di jihad”. (GV) (Agenzia Fides 13/11/2015).


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