AFRICA/CONGO RD - “Si nega al popolo la verità per meglio manipolarlo” afferma il dottor Mukwege dopo la censura al film a lui dedicato

sabato, 5 settembre 2015

Kinshasa (Agenzia Fides) - “Questa censura mette in risalto la volontà del governo di rifiutare al popolo congolese il suo diritto ad avere accesso all’informazione. La sua storia e il suo diritto alla memoria collettiva e alla verità gli sono negati allo scopo di manipolarlo e controllarlo più agevolmente” afferma, in un comunicato inviato all’Agenzia Fides, il dottor Denis Mukwege, premio Sakharov 2014 (vedi Fides 22/10/2014), che da anni cura le donne vittime degli stupri di guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo (vedi Fides 17/6/2014). Mukwege esprime la sua indignazione per il divieto del governo di Kinshasa di proiettare nel Paese un film dedicato alle sue attività. Secondo il governo, il film intitolato “L’uomo che ripara le donne” (come è soprannominato il medico) “lede l’onorabilità dell’esercito”.
Il dottor Mukwege ricorda le precedenti censure nei confronti delle sue attività, con l’evidente intento di nascondere la piaga degli stupri di guerra commessi anche da soldati dell’esercito regolare. “Nel 2008 le Nazioni Unite assegnavano al popolo congolese, attraverso il nostro intervento, il Premio dei Diritti dell’Uomo riconoscendo la lotta contro le violazioni dei suoi diritti, ma il popolo non è mai stato informato di questo riconoscimento. Le radio e le televisioni congolesi non sono mai state autorizzate a presentare né il premio, né il suo vincitore” sottolinea il comunicato.
Lo stesso è avvenuto quando “700 deputati del Parlamento europeo, rappresentanti i 28 Paesi dell’Unione Europea, hanno, con voto unanime, assegnato il Premio Sakharov, grazie al nostro interessamento, alle donne congolesi vittime delle violenze sessuali. Questo premio ha avuto un’importante risonanza mediatica nel mondo intero, ad eccezione della RDC, dove solo qualche persona saggia ne era stata informata”.
Il dottor Mukwege ricorda infine “la repressione sanguinosa” e le violazioni della libertà di stampa e di espressione seguenti alle manifestazioni del gennaio di quest’anno contro la revisione costituzionale (vedi Fides 23/2/2015).
“Ci sembra incomprensibile che le testimonianze delle donne e degli attori della società civile mostrati nel documentario sulla dura realtà vissuta da decine di migliaia di donne negli ultimi vent’anni, ma anche sulla loro capacità di ritrovare la forza di vivere con dignità, possano preoccupare le autorità che hanno preso la decisione di proibire il film” conclude il dottor Mukwege. (L.M.) (Agenzia Fides 5/9/2015)


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