AFRICA/SUDAN - Attesa per la storica firma della pace nel sud Sudan. Rimane però aperto il dramma del Darfur

sabato, 8 gennaio 2005

Roma (Agenzia Fides)- È tutto pronto nello stadio di Nairobi, la capitale del Kenya, per la storica firma del trattato di pace tra il governo sudanese e gli ex ribelli dell’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA), che mette fine a oltre 20 anni di guerra civile nel sud Sudan.
L’accordo prevede una ripartizione dei potere attraverso l’attribuzione delle cariche politiche e la realizzazione di autonomie delle regioni del paese. Questa ripartizione significa una nuova struttura del potere centrale nei suoi rapporti con le autonomie locali. Per la prima volta dalla fondazione del Sudan, vengono riconosciute le due principali religioni, musulmana e animista.
Una delle cause scatenanti del conflitto infatti era l’estensione dell’applicazione della Sharia a tutto il paese, comprese le zone meridionali abitate in prevalenza da popolazioni cristiane e animiste. Secondo le intese la Sharia sarà applicata nel nord ma non nel sud. Per quanto riguarda la capitale, Khartoum, dove vivono numerosi cristiani e animisti provenienti dal sud, è stato raggiunto un compromesso: durante il periodo di transizione, la Sharia verrà applicata nella capitale, ma ai non musulmani saranno garantite misure di protezione e di esenzione dalla legge coranica per le pene più inumane (amputazioni e lapidazioni).
Gli accordi prevedono che il presidente sia espressione del governo di Khartoum, mentre il primo vicepresidente sarà espressione dell’SPLA. Il primo vicepresidente sarà però privo dei pieni poteri in caso di assenza del presidente. Un secondo vicepresidente sarà in rappresentanza del nord. Le cariche a livello nazionale (governo, parlamento) verranno così distribuite: 70 per cento al Nord, 30 per cento agli indipendentisti. Per le regioni speciali il ruolo fondamentale di governatore andrà ai leader legati allo SPLA, ma il 60 per cento delle altre cariche politiche a uomini di Khartoum.
John Garang, leader della SPLA, diventa vice presidente del Paese. Verrà inoltre creata un' unica forza militare nata dalla fusione dell’esercito di Khartoum con le i reparti del SPLA con la conseguente creazione di una terza forza.
Uno dei punti più importanti dell’accordo prevede che i proventi delle risorse petrolifere, che sono concentrate per lo più nel sud, saranno divisi a metà, tra il governo centrale e l’amministrazione delle regioni meridionali.
L’accordo prevede un periodo di transizione con un governo di unità nazionale che durerà 6 anni e mezzo. A metà del percorso, dopo 3 anni dall’inizio del periodo di transizione, sono previste libere elezioni. Dopo questi sei anni e mezzo le popolazioni del sud potranno decidere, mediante referendum, se rimanere all’interno di uno stato federale o per la piena indipendenza.
L’accordo mette firmata ieri fine alla sanguinosa guerra del sud Sudan che è costato dal 1983 a oggi almeno 2 milioni di morti e un numero ancora maggiore di profughi. Rimane escluso delle intese il Darfur, regione dell’ovest confinante con il Ciad. Qui dal febbraio 2003 è in corso una feroce guerra tra esercito e milizie filo-governative da una parte, e alcuni movimenti di guerriglia che rivendicano una maggiore attenzione da parte del governo centrale allo sviluppo della regione. Ieri, 7 gennaio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha tracciato un quadro cupo della situazione nel Darfur in un rapporto al Consiglio di Sicurezza. “Potremmo avviarci verso un periodo di violenza intensa se non saranno adottati rapidamente provvedimenti” ha affermato Kofi Annan. (L.M.) (Agenzia Fides 8/1/2005 righe 44 parole 567)


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