AFRICA/ZAMBIA - “Rapporti buoni con il governo, ma maggiore attenzione ai più deboli” scrivono i Vescovi

lunedì, 30 gennaio 2012

Lusaka (Agenzia Fides) - I Vescovi dello Zambia si dicono contrari al rimpatrio forzato dei rifugiati rwandesi che vivono nel Paese e condannano i casi di abusi contro i bambini. È quanto emerge da un’articolata Lettera pastorale, giunta all’Agenzia Fides, nella quale la Conferenza Episcopale dello Zambia fa il punto della situazione del Paese e dei rapporti tra Stato e Chiesa.
I Vescovi notano che “finora, le nostre relazioni con il nuovo governo sono cordiali. Vorremmo ribadire ciò che abbiamo sempre detto ai governi precedenti. La nostra voce profetica sulle questioni nazionali è motivata dal nostro obbligo divino e dal desiderio di vedere il governo operare per il bene del Paese e avere successo”.
I Vescovi esprimono apprezzamento per quanto fatto dal governo per combattere la corruzione, ma chiedono però uno sforzo maggiore, anche per evitare il fenomeno del nepotismo nella nomina dei dirigenti pubblici.
Sulla questione dei rifugiati rwandesi, i Vescovi affermano: “Dall’indipendenza, lo Zambia è sempre stato un'oasi di pace in mezzo ad una regione in conflitto. Di conseguenza lo Zambia è diventato un rifugio per i profughi. Siamo quindi fortemente turbati dalle lamentele dei rifugiati, specialmente quelli dal Rwanda, secondo cui il Ministero degli Interni, d'intesa con il Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ed eventualmente con il governo rwandese, starebbe cercando di rimpatriare forzatamente i rifugiati rwandesi”.
Tra i problemi sociali del Paese, i Vescovi segnalano l’aumento delle violenze sulle donne e gli abusi sui bambini, definiti “atti indecenti e disumani”. Particolarmente grave rimane la diffusione dell’AIDS e del virus HIV, che “devasta le famiglie e costituisce una delle maggiori minacce alla nostra sopravvivenza, sia come nazione che come continente”.
Sul piano economico, i Vescovi chiedono una migliore distribuzione della ricchezza derivante dallo sfruttamento delle risorse minerarie del Paese, dove non sono infrequenti proteste sociali. “Siamo consapevoli che gli scioperi frequenti e i disordini industriali del paese sono sintomi di insoddisfazione e ingiustizia nei rapporti di lavoro” afferma la Conferenza Episcopale. “Si deve bloccare la tendenza, iniziata nei primi anni ‘90 con la liberalizzazione dei sindacati, che ha portato conseguenze non volute come quella di indebolire le organizzazioni dei lavoratori”. (L.M.) (Agenzia Fides 30/1/2012)


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